Reddito fisso: il (fragile) equilibrio di Nash

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In un mondo post-COVID, le autorità fiscali e quelle monetarie sono entrate in un regime di collaborazione. Questo vale sia nelle economie sviluppate sia nei paesi emergenti. In questo contesto, le strategie monetarie potrebbero ottenere risultati ottimali e più sostenibili se seguissero un comportamento in stile “equilibrio di Nash(nella teoria dei giochi, quando nessun giocatore ha interesse ad essere l’unico a cambiare o “gioco a somma zero”, n.d.r.).

La teoria dei giochi è al centro del funzionamento dei mercati finanziari e si applica perfettamente alla gestione degli investimenti. Su orizzonti di lungo periodo la gestione speculativa degli investimenti assomiglia a un gioco a somma zero. Una corretta gestione degli investimenti può essere paragonata ad un gioco asimmetrico in senso positivo in cui i gestori competono per un aumento della quota di portafoglio convincendo gli investitori istituzionali e retail che un processo di investimento coerente porta a risultati superiori alla media, al netto dei costi.

L’equilibrio di Nash definisce la soluzione di un gioco non cooperativo che coinvolge due o più giocatori. In un equilibrio di Nash, si suppone che ogni giocatore conosca le strategie di equilibrio degli altri giocatori e che nessun giocatore abbia qualcosa da guadagnare cambiando solo la propria strategia. In effetti, la maggior parte delle banche centrali dei mercati sviluppati (DM) ha comunicato nel dettaglio la propria strategia. Nelle ultime settimane, tanto si è scritto sulle valutazioni dell’impatto del tapering negli acquisti di asset. L’episodio precedente, dal 2015 al 2018, ha dimostrato che un tapering aggressivo da parte della FED ha rapidamente prodotto un inasprimento delle condizioni finanziarie, portando all’instabilità del mercato. Con livelli più alti di leva finanziaria e di debit margin attualmente visibili nel sistema finanziario, oggi il punto di instabilità potrebbe arrivare ancora più velocemente rispetto al 2018. Il fatto è che l’instabilità dei mercati finanziari si riversa rapidamente in un impatto economico reale negativo che mediamente richiede l’intervento della banca centrale o ulteriori sostegni fiscali. E l’intero ciclo può ricominciare ancora una volta, portando a un controllo sempre maggiore della banca centrale sulla meccanica di formazione dei prezzi ( tassi) nei mercati. Guardiamo alla presa di coscienza tra i banchieri centrali che siamo in presenza dell’equilibrio di Nash. Si tratta di un equilibrio fragile, ma che mantiene il costo del finanziamento per i governi indebitati dei paesi sviluppati ben al di sotto dei livelli che si avrebbero in un mondo senza QE e senza una forward guidance forzata.

Il 21 aprile, la Banca del Canada (BoC) ha annunciato che avrebbe ridotto il suo programma di acquisto di asset a 3 miliardi di dollari canadesi alla settimana (da 4 miliardi CAD) e anticipato i tempi di un possibile aumento dei tassi di interesse. Il mercato canadese dei tassi non si è realmente mosso, la curva dei rendimenti abbraccia lo status quo. Pollici in su per la BoC. Il 19 marzo, la Banca del Giappone (BoJ) ha deciso di mantenere il suo quadro di allentamento qualitativo e quantitativo con il controllo della curva dei rendimenti, ma di allargare la banda a 25 pb da 20 pb intorno al livello target dello 0,00% per il tasso JGB decennale. Si è anche adoperata in acquisto di Etf. Nell’ultima settimana, la Banca d’Inghilterra ha informato il pubblico che modificherà il QE verso 3,5 miliardi di sterline a settimana da 4,5 miliardi.

Inoltre, la BCE rivedrà gli acquisti di asset a giugno. La liquidazione del programma di acquisto per l’emergenza pandemica, il PEPP (che sarà completamente esaurito e durerà fino a marzo 2022), potrebbe anche fare spazio a un aumento del vecchio APP. Possiamo aspettarci che, all’interno della FED, tali annunci siano programmati per la fine di agosto.

In tutto il rumore prodotto dalle banche centrali, notiamo la presenza di una soluzione/risultato ben orchestrata, ufficialmente non cooperativa, che piace a tutte le banche centrali: ovvero movimenti ordinati sui mercati dei titoli di stato.  La tempistica per un aumento repentino va dal 4° trimestre 2022 al 1° trimestre 2023 per gli anticipatori come la BoC, la Reserve Bank of Australia o la Banca centrale della Nuova Zelanda. Tradizionalmente, queste banche centrali testano le acque. La FED potrebbe entrare in azione nel corso del secondo semestre 2023. Nella migliore delle ipotesi, ci aspettiamo che la BCE cominci ad armeggiare con i tassi di interesse entro il 4° trimestre 2024. La Banca del Giappone ha sperimentato più di tutti l’uso di strumenti non convenzionali. Come tale ci vorrà molto tempo per invertire la rotta, portando a un aumento dei tassi di interesse che sono rimasti a -0,10% dal 2016, prima di un lungo periodo a +0,10% tra la fine del 2008 e la fine del 2015. Nel migliore dei casi, aspettatevi uno spostamento verso il +0,10% tra il 2025 e il 2030. Prima della pandemia, uno stato di equilibrio Nash tra le banche centrali era meno evidente. Vengono in mente gli errori della politica dei tassi della BCE del 2008 e del 2011. La tendenza prevalente nel prossimo decennio potrebbe diventare un ritiro più orchestrato tra le banche centrali delle politiche accomodanti. Ormai i giocatori conoscono le regole del gioco. Quindi, invece di concentrarci sulla domanda su quale sia il tasso finale per la FED, dovremmo rispondere alla domanda:  quale sarà il tasso finale ottimale per una FED che non intenda disturbare l’equilibrio di Nash permettendo a una politica fiscale costante, redistributiva e a favore della protezione climatica di dispiegarsi attraverso i paesi sviluppati e i mercati emergenti? Forse, nel momento in cui l’acceso dibattito sull’economia statunitense perderà un po’ di tensione, il mercato potrebbe spostarsi verso uno stato finale più basso per i tassi di interesse della FED … 1,50% eventualmente?

In uno stato di equilibrio di Nash e se si tiene conto dell’interconnessione dei flussi internazionali del reddito fisso, sono più convinto che i tassi a lungo termine tra i paesi dell’OCSE siano entrati in un’era di convergenza. Le regioni in surplus come l’UE e il Giappone continueranno a manifestare un solido interesse verso i prodotti obbligazionari statunitensi. Una spinta positiva potrebbe anche giungere ad alcune economie di paesi mergenti se attratte dal campo gravitazionale dei tassi lunghi dei paesi sviluppati e dalle opportunità offerte da livelli di finanziamento più bassi.