Fino a 150 miliardi di euro dalla partecipazione femminile al mondo del lavoro, ma l’Italia non è (ancora) un Paese per donne

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La partecipazione delle donne al mondo del lavoro ha un potenziale per il Paese compreso tra 50 e 150 mld di euro[1]. In Italia le opportunità di carriera e stipendio per le donne sono ancora inferiori rispetto a quelle degli uomini: all’interno disocietà quotate, solamente 1 CEO su 10 è donna. In politica la situazione non è molto differente: le donne Ministro e le parlamentari sono solo 3 su 10. Il pay gap medio in Italia nel settore privato è del 21%, tra i valori più alti d’Europa; questo numero cresce ulteriormente all’avanzare del percorso di carriera.

Insomma: il mercato del lavoro italiano è fortemente sbilanciato a sfavore delle donne e l’equità rappresenta un traguardo ancora lontano. Ecco cosa emerge dall’indagine sulla diversity nei luoghi di lavoro “L’Italia non è (ancora) un paese per donne”, realizzata da Bain & Company Italia intervistando[2] le prime linee di oltre 40 aziende, che impiegano in totale più di 350.000 dipendenti solo in Italia.

Il rapporto di Bain & Company sottolinea inoltre come in Italia ci siano sempre più donne qualificate che non partecipano alla forza lavoro, con una forbice che cresce all’aumentare dell’età. Il fenomeno, tuttavia, non piò essere giustificabile “causa figli”, dal momento che la natalità italiana è la più bassa d’Europa. Inoltre, la pandemia ha ulteriormente peggiorato la condizione sociale ed economica della donna, inasprendo il divario già esistente tra uomini e donne nella partecipazione al mondo del lavoro e incrementando il numero di violenze domestiche e femminicidi. Un altro fenomeno a cui guardare con attenzione è quello di fuga dei cervelli femminili: le donne tendono ad espatriare più frequentemente (20% in più rispetto agli uomini), e a non fare ritorno (30% in meno rispetto agli uomini).

La ricerca è stata presentata durante “THE FUTURE WOMEN (AND MEN?) WANT”, il primo open event digitale sulla diversità di generein Italia organizzato da Women At Bain – Bain & Company.

“Come Managing Director di una società di consulenza strategica che deve aiutare i propri clienti ad essere più competitivi, non posso che farmi promotore di una call to action su temi di diversity e gender equity. La diversità è una risorsa che arricchisce le aziende, rendendole più innovative, più performanti e quindi più profittevoli. La parità dev’essere quindi anche un obiettivo di business per chiunque sia alla guida di un’azienda”, commenta Roberto Prioreschi, Managing Director di Bain & Company Italia e Turchia.

“Incentivare la diversità non vuol dire esclusivamente assumere il 50% di donne a tutti i livelli”, aggiunge Claudia D’Arpizio, Global Head del Vertical Moda & Lusso e Board Member del DEI (Diversity, Equity & Inclusion) Council di Bain & Company. “Vuol dire soprattutto creare le condizioni perché tutti i talenti abbiano le stesse possibilità di accesso alle opportunità e perché l’inclusività si mantenga nel tempo, permettendo a tutti di esprimere il proprio potenziale. Gli avvenimenti degli ultimi anni stanno portando le aziende ad avere un ruolo molto più attivista e a prendere una posizione più forte su questi temi. È arrivato il momento anche per gli uomini di spendersi a favore delle donne: il 70% della ricchezza globale è nelle loro mani, dandogli il potere di cambiare le cose. Ma lo vogliono davvero?”.

Diversi sono gli ospiti appartenenti al mondo istituzionale, delle imprese e dei media che sono intervenuti durante l’evento, contribuendo al dibattito – moderato da Mariangela Pira, giornalista di SkyTg24 – con proposte concrete per ciascun settore.

In particolare, Fabiana Dadone, Ministro per le Politiche Giovanili,ha sottolineato: “Le Istituzioni hanno un ruolo fondamentale sotto il profilo della parità di genere: oltre a supportare attivamente – come previsto dal PNRR – entrambi i genitori nella gestione delle incombenze familiari per poter meglio conciliare la vita professionale, il Governo può e deve dare l’esempio. In questi anni la politica ha iniziato a farlo, prevedendo le quote di genere e una percentuale di rappresentanza femminile. Tuttavia, finché ci sarà necessità di imporre delle quote, vorrà dire che effettivamente non avremo superato questo ostacolo culturale che ci penalizza molto. E finché non ci sarà parità stipendiale e culturale, l’ostacolo rimarrà”.

Daniela Riccardi, CEO Moleskine, ha continuato: “Nella mia esperienza professionale, alla guida di diverse aziende, in vari Paesi del mondo, mi sono accorta che c’era una costante: le organizzazioni caratterizzate da un buon bilanciamento di donne e uomini raggiungono risultati migliori. Noi amministratori delegati possiamo fare molto perché la situazione si inverta: la tutela della diversità e l’inclusione devono essere una strategia di business e non una politica aziendale”.

Simonetta Iarlori, Chief People, Organization and Transformation Officer Leonardo, ha aggiunto: “Solo nel 2020, nonostante la situazione complessa dovuta al Covid-19 – abbiamo assunto 3.000 risorse, di cui il 23% di donne e il nostro obiettivo è arrivare almeno al 32% nel 2022. Questo riflette un’inversione di tendenza di un settore, come il nostro, tradizionalmente maschile a cui stiamo finalmente assistendo e che vogliamo fortemente incoraggiare, innanzitutto prendendoci cura delle nostre persone. Come? Le parole chiave sono formazione, engagement, elasticità degli orari di lavoro. Solo così possiamo uscire da una cultura del Novecento, basata sulla specializzazione estrema e diffondere un modo di lavorare fondato su uno spirito di inclusione e collaborazione”.

Anna Roscio, Executive Director Sales & Marketing Imprese, Banca dei Territori Intesa Sanpaolo ha proseguito: “La strada dell’inclusione non è solo un percorso etico, ma ha anche un significativo impatto economico e sociale. Il nostro Gruppo ha inserito questa responsabilità tra i propri obiettivi irrinunciabili: possiamo mettere a disposizione risorse e misure dedicate alle donne che devono conciliare vita familiare e lavorativa, ma possiamo anche favorire e supportare la diversificazione e la crescita dell’imprenditoria femminile, significativamente impattata dal Covid. Infine, possiamo indirizzare le PMI ad adottare politiche veramente inclusive offrendo loro programmi premianti in termini economici al raggiungimento di obiettivi identificati e condivisi per mettere a terra una trasformazione concreta anche in questo campo”.

Licia Mattioli, AD Mattioli SPA, già VP Confindustria, ha ribadito: “Le quote rosa non sono la soluzione, ma hanno senz’altro favorito un’accelerazione nella trasformazione dei modelli. Solo il combinato disposto dei due approcci – quello maschile e quello femminile – può portare ad una crescita delle aziende. Le aree d’intervento su cui ancora possiamo muoverci sono chiare: nelle associazioni di categoria, ad esempio, sono poche le donne che emergono. E molto spesso il motivo della loro assenza è semplice: la mancanza di tempo. Facilitare la conciliazione della vita familiare e quella professionale, per permettere alle donne di fare le proprie scelte, non è quindi sono una sfida per le aziende, ma lo deve essere per il Sistema Paese prima di tutto”.

Andrea Scotti Calderini, Co-founder e CEO Freeda & Superfluid, ha concluso: “In Europa si stanno facendo dei passi in avanti significativi per dare voce alle donne, ma – come dimostrano i dati emersi dalla ricerca di Bain – ancora non stiamo andando alla velocità giusta. Il mondo dei media è stato protagonista anche di recente di episodi di stereotipizzazione delle donne e delle minoranze. Ecco: questi fatti non sono più accettabili. La femminilità contemporanea passa anche per i media e le Istituzioni devono intervenire perché la rappresentazione delle donne sia aderente alla realtà”.

A seguire, Bain & Company ha voluto valorizzare la diversity non solo in termini di genere, ma anche di esperienze, dando spazio al racconto di tre storie di successo molto diverse fra loro: Tia Taylor (Youtuber, influencer e scrittrice), Alice Etro (Creative Director Westwing Italia) e Antonia Klugmann (Chef stellata) hanno infatti raccontato, attraverso tre contributi video, le sfide e le opportunità che le hanno viste protagoniste.

Infine, Bain & Company ha lanciato la prima edizione del premio “Women For Women”, iniziativa che ha visto competere online nelle scorse settimane quattro associazioni benefiche a guida femminile e attive a supporto delle donne (Made in Carcere, Viva Vittoria Opera Relazionale Condivisa, La Forza e Il Sorriso, Dress For Success) e che conferma l’impegno concreto dell’azienda – attraverso Bain Social Impact – su diverse attività a impatto sociale. L’associazione vincitrice del premio, Viva Vittoria, sarà supportata da Bain nei prossimi mesi attraverso un progetto pro bono di consulenza strategica.