Per la previdenza complementare occorre migliorare il livello di inclusione previdenziale e favorire il rafforzamento strutturale dei fondi pensione

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Il ritratto della previdenza complementare che la Covip fornisce nella propria Relazione annuale è quello di un sistema che ha ben retto agli effetti della crisi pandemica e che deve proseguire il proprio percorso di rafforzamento strutturale.

Nel corso del 2020 e nei primi mesi del 2021, la  Autorità di Vigilanza, a esito delle procedure di pubblica  consultazione poste in essere, ha adottato, in successione, le Direttive alle forme pensionistiche  complementari, volte a dettare ai soggetti vigilati istruzioni per il recepimento delle nuove disposizioni nei relativi ordinamenti interni; le Istruzioni in materia di fondi pensione aperti, a valle di un proficuo confronto con le Autorità di vigilanza sui soggetti promotori (Banca d’Italia, CONSOB, IVASS); le Istruzioni in materia di trasparenza per i fondi pensione, con le quali sono stati raccolti in un unico atto normativo tutti gli adempimenti con finalità di informativa in fase di adesione e di partecipazione ai fondi pensione, valorizzando anche, in tale ambito, l’utilizzo di strumenti informatici e procedure  online; i nuovi Schemi di Statuto dei fondi pensione negoziali e di Regolamento dei fondi pensione aperti e dei PIP, con i quali sono stati messi a disposizione degli operatori strumenti aggiornati per un pieno adeguamento degli assetti ordinamentali dei fondi a tutte le novità normative intervenute negli ultimi anni; il Regolamento per le procedure di autorizzazione e approvazione di competenza della COVIP e il Regolamento in materia di procedure sanzionatorie, anch’essi adeguati alle sopravvenute disposizioni normative.

Per il sistema italiano della previdenza complementare, le ripercussioni della pandemia sono state nel complesso abbastanza contenute. Dal punto di vista organizzativo il settore ha reagito con tempestività ricorrendo al lavoro a distanza e rafforzando i canali telematici di scambio di informazioni con le imprese, con i gestori finanziari e i fornitori di servizi, con gli stessi iscritti. La raccolta dei contributi è continuata con regolarità, mantenendo la tendenza alla crescita; sul versante delle uscite non si sono registrate tensioni nelle richieste di anticipazioni e riscatti; a fine anno, grazie ai recuperi registrati dai mercati, i risultati della gestione finanziaria sono stati positivi. Il sistema, dunque, nel suo complesso ha fornito una risposta positiva alla situazione determinatasi per effetto della pandemia, che pure andrà nel prossimo futuro monitorata alla luce del progressivo affievolimento delle misure di contenimento delle ricadute occupazionali della pandemia.

Quali sono i principali numeri di riferimento ?   Alla fine del 2020 l’offerta di strumenti di previdenza complementare si compone di 372 forme pensionistiche: 33 fondi negoziali, 42 fondi aperti, 71 piani individuali pensionistici (PIP) “nuovi” e 226 fondi preesistenti; nel totale non è più incluso FONDINPS, a seguito del provvedimento di soppressione e del successivo conferimento delle posizioni individuali dei lavoratori già iscritti e dei flussi futuri di TFR a un fondo negoziale.  Il numero delle forme operanti nel sistema si è ridotto di ulteriori otto unità nel 2020, confermando una tendenza ormai pluriennale: oltre venti anni prima, nel 1999, le forme erano 739, quasi il doppio.

Il consolidamento del sistema, tuttora in atto, ha interessato tutte le tipologie di forme pensionistiche, con motivazioni diverse.  In generale, la concentrazione del settore è da considerare con favore sottolinea la Covip; le economie di scala generate si traducono in guadagni di efficienza a beneficio degli iscritti, innalzando la qualità della gestione e dei servizi offerti. A rafforzare questa tendenza inducono ora i più elevati standard in termini di organizzazione interna introdotti di recente dalla Direttiva (UE) 2016/2341 (cosiddetta IORP II), uniti alla costante azione di stimolo della stessa Autorità di vigilanza.  Il totale degli iscritti alla previdenza complementare a fine 2020 è di 8,4 milioni, il 2,2 per cento in più rispetto all’anno precedente. In percentuale delle forze di lavoro, il tasso di copertura si attesta al 33 per cento.

I fondi negoziali contano 3,2 milioni di iscritti, quasi 1,6 milioni sono gli iscritti ai fondi aperti e 3,3 milioni ai PIP “nuovi”; poco più di 600.000 sono gli iscritti ai fondi preesistenti.  Rispetto agli anni precedenti, nel 2020 si registra un rallentamento, seppur contenuto, della crescita degli iscritti per tutte le tipologie di forme pensionistiche. Nei fondi pensione negoziali l’incremento si è attestato al 2,9 per cento; nelle forme di mercato, è stato del 4,9 per cento per i fondi aperti e del 2,6 per cento nei PIP “nuovi”.  Quanto al genere, gli uomini sono il 61,7 per cento degli iscritti, essendo più rappresentati nei fondi negoziali (73 per cento) rispetto alle forme di mercato, nelle quali vi è un maggiore equilibrio tra i generi (rispettivamente, 58,6 per cento nei fondi aperti e 53,5 nei PIP). Rispetto alle forze di lavoro, il tasso di partecipazione delle donne è pari al 29,7 per cento contro il 35,5 per cento degli uomini. La distribuzione per età vede la predominanza delle classi intermedie e più prossime al pensionamento: il 51,6 per cento degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31 per cento ha almeno 55 anni. Rispetto alle forze di lavoro, la partecipazione alla previdenza complementare dei soggetti under 35 è pari al 22,7 per cento, inferiore di quasi un terzo a quella delle fasce di età centrali (35-54 anni); anche la contribuzione è inferiore di quasi la metà.  Secondo l’area geografica di residenza, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57 per cento). Anche rispetto alle forze di lavoro, in queste aree si registrano tassi di partecipazione più elevati: in media tra il 35 e il 40 per cento delle forze di lavoro, con percentuali anche superiori laddove l’offerta previdenziale è integrata da iniziative di tipo territoriale. In queste aree, le più ricche del Paese, i versamenti contributivi, che superano i 2.500 euro all’anno in media con punte che arrivano fino a 3.400 euro, sono in taluni casi anche doppi se paragonati a gran parte delle regioni del Mezzogiorno. Il totale delle risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari è di 197,9 miliardi di euro, il 6,7 per cento in più rispetto all’anno precedente; esse si ragguagliano al 12 per cento del PIL e al 4,1 per cento delle attività finanziarie delle famiglie italiane Gli investimenti dei fondi pensione (escluse le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e le risorse dei fondi preesistenti interni a enti e società) sono allocati in obbligazioni governative e altri titoli di debito per il 56,1 per cento del patrimonio; di questi, il 17,5 per cento sono titoli del debito pubblico italiano e il 19,7 per cento titoli di altri Stati.  Nel confronto con l’anno precedente, i titoli di debito scendono di 1,8 punti percentuali; in particolare, la componente costituita dai titoli di Stato diminuisce complessivamente dal 40,2 al 37,2 per cento. In aumento dal 17,7 al 18,9 per cento la componente formata dagli altri titoli di debito.   I titoli di capitale salgono dal 18,9 al 19,6 per cento così come gli investimenti in quote di OICR, passati dal 14,8 al 15,5 per cento. I depositi si attestano al 6,6 per cento.  Gli impieghi in titoli di imprese domestiche rimangono marginali, riflettendo anche la peculiare struttura del tessuto industriale italiano e il livello complessivamente limitato della capitalizzazione del mercato azionario nazionale. Il totale di 4,6 miliardi di euro è pari al 2,9 per cento del patrimonio; in obbligazioni sono investiti 3,2 miliardi, in azioni 1,4 miliardi; gli investimenti domestici detenuti attraverso quote di OICVM si attestano a 2,1 miliardi. Gli investimenti immobiliari in Italia risultano pari a complessivi 3 miliardi.    Per quel che riguarda i rendimenti al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali e i fondi aperti hanno guadagnato in media, rispettivamente, il 3,1 e il 2,9 per cento; per i PIP “nuovi” di ramo III, il risultato è stato lievemente negativo, pari a -0,2 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,4 per cento. Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato, al netto delle tasse, dell’1,2 per cento.  Quali sono i suggerimenti per il futuro ?   Diviene sempre più necessario incrementare il livello di inclusione previdenziale utilizzando in maniera strutturale la positiva esperienza delle adesioni on line che si è rafforzata nel periodo del lock down.  Occorre poi un rafforzamento strutturale del sistema anche per favorire il ruolo di investitori istituzionali che i fondi pensione possono interpretare a sostegno dello sviluppo economico