I fondamentali robusti dovrebbero prevalere sull’incertezza legata al COVID-19

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Negli ultimi mesi Richard Branson e Jeff Bezos non sono stati gli unici a volare a quote più che stratosferiche. I massicci interventi di stimolo e la progressiva riapertura dell’economia hanno messo le ali al PIL statunitense, che nel secondo trimestre ha registrato una crescita reale del 12% su base annuale (a/a). A fronte di un’inflazione di circa il 4,5%, il tasso di espansione raggiunge il livello stellare del 17% su base nominale Nello stesso periodo l’eurozona ha segnato a sua volta una crescita del PIL del 13,2% a/a in termini reali, al netto di un’inflazione di circa il 2%. Stando agli ultimi dati, l’espansione economica dovrebbe rimanere in orbita ancora per qualche mese; tuttavia, nei prossimi mesi si discuterà parecchio di come affrontare il ritorno della crescita e dell’inflazione dall’orbita. Numerosi osservatori agitano lo spettro della stagflazione, ma questo timore ci sembra eccessivo e non ci aspettiamo che la pandemia, eventuali errori di politica monetaria o un calo dei consumi finiscano per innescare un brusco rallentamento della crescita.

  1. La Fed starà attenta a non spaventare i mercati e l’inflazione non dovrebbe raggiungere livelli tali da costringerla a effettuare una stretta prematura. Il verbale della riunione di luglio del FOMC ha preoccupato gli investitori poiché segnala che la Federal Reserve potrebbe cominciare a ridurre gli acquisti di titoli entro la fine di quest’anno, anziché a gennaio come si pensava. Tuttavia, dall’incontro della banca centrale americana del 27-28 luglio ad oggi sono cambiate molte cose. La media mobile a sette giorni dei nuovi casi di COVID-19 è più che raddoppiata negli Stati Uniti e il Presidente della Fed Jerome Powell ha sottolineato che la pandemia è «ancora con noi» e continua a frenare l’attività economica. Sul fronte dei prezzi, gli ultimi dati indicano che i principali prodotti alla base dell’aumento dell’inflazione, tra cui auto usate e biglietti aerei, hanno cominciato a normalizzarsi a luglio.
  2. La variante Delta del coronavirus potrebbe far rallentare la ripresa, senza però arrestarla. La continua diffusione della variante Delta ha indotto diversi Paesi a reintrodurre misure restrittive. A livello globale i contagi sono in aumento da nove settimane consecutive, secondo i dati della Johns Hopkins University. Tuttavia, emergono anche segnali incoraggianti di una nuova accelerazione dei programmi vaccinali in tutto il mondo. Negli Stati Uniti le vaccinazioni procedono al ritmo più alto da fine maggio trainate da diversi stati del Sud, che registrano i peggiori focolai della variante Delta. Le campagne vaccinali hanno registrato un’accelerazione ancora più marcata in Asia, dove le dosi giornaliere somministrate da maggio sono salite di 13 volte in Giappone, 22 volte in Malaysia e 24 volte nelle Filippine. Inoltre, i Paesi asiatici dove le vaccinazioni procedono a un ritmo rapido hanno cominciato ad allentare le misure restrittive. Tra questi c’è la Malaysia, dove oltre il 57% della popolazione ha ricevuto almeno una dose. Fa eccezione la Cina, che pur avendo un tasso di vaccinazione del 60% ha introdotto restrizioni ai viaggi sul territorio nazionale e ha chiuso vari siti turistici nonché un terminal del porto di Zhoushan, il terzo più grande del mondo per traffico. Tuttavia, la pronta reazione cinese alla ripresa dei contagi dovrebbe favorire una riapertura in tempi brevi, senza causare danni di lunga durata alle filiere produttive che farebbero salire l’inflazione globale.
  3. I fondamentali dell’economia e degli utili aziendali sembrano destinati a rimanere robusti, malgrado il potenziale rallentamento della crescita. I dati delle due economie più grandi del mondo sono stati inferiori alle previsioni negli ultimi tempi: il calo dell’1,1% delle vendite al dettaglio statunitensi di giugno indica che l’impatto positivo degli assegni di stimolo si sta esaurendo, mentre in Cina sia la produzione industriale che le vendite al dettaglio hanno deluso le attese. Ma anche se l’accelerazione economica potrebbe aver segnato il picco nel secondo trimestre, i fondamentali della crescita del PIL e degli utili si confermano robusti. I risparmi accumulati durante la pandemia e l’aumento dei redditi delle famiglie nel quadro della ripresa del mercato del lavoro sosterranno la spesa al consumo, mentre migliorano i dati sui contagi. Sul fronte degli utili, il 90% delle aziende statunitensi in termini di capitalizzazione di mercato ha battuto le stime di utile del 2T21 con uno scarto medio di quasi il 20% sulle previsioni. In Cina, l’economia ha registrato un raffreddamento, ma le autorità hanno reagito tempestivamente. Dopo la riduzione di 50 punti base (pb) del coefficiente di riserva obbligatoria applicato il mese scorso a tutte le banche, ci aspettiamo ulteriori interventi mirati nonché un’accelerazione delle emissioni di obbligazioni degli enti locali.

Pertanto, anziché un atterraggio duro, ci aspettiamo un calo graduale dell’inflazione nel 2022 a fronte di una crescita ancora robusta. In questo contesto, la nostra attuale attesa è di un incremento dei profitti delle aziende dell’S&P 500 del 45% nel 2021 e ci sembra probabile che le previsioni di consenso per il 2022 vengano riviste al rialzo di quasi il 10%. In questo scenario, crediamo che l’S&P 500 possa raggiungere quota 5000 entro la fine del 2022. Manteniamo un orientamento di propensione al rischio e puntiamo sulle azioni in grado di beneficiare della robusta crescita economica. Preferiamo Giappone, finanza ed energia.