Economia USA: I dati sembrano riprendersi dopo il rallentamento estivo

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Era stato anticipato dai sondaggi sulla fiducia delle imprese (PMI, ISM) e delle famiglie (Università del Michigan, Conference Board), confermato poi dai dati sull’occupazione di inizio settembre e sancito infine da quelli sull’inflazione pubblicati la scorsa settimana: anche se l’Europa ha vissuto questo episodio in modo sereno, la recrudescenza pandemica legata alla variante Delta ha provocato un netto rallentamento dell’attività economica negli Stati Uniti.

A soffrire maggiormente, come è logico che sia, sono i settori legati alla “riapertura”, come si usa ormai dire. Benché confrontato con una forte domanda e una carenza di manodopera, il settore del tempo libero e del turismo, ad esempio, non ha creato alcun posto di lavoro in agosto.

Inoltre, i prezzi nel settore alberghiero, che erano aumentati del 27% da febbraio, si sono contratti del 3% circa in agosto, segnando la flessione mensile più significativa dalla primavera del 2020.

Allo stesso modo, le tariffe aeree sono scese del 9% in agosto mentre erano rimbalzate di oltre il 20% nel secondo trimestre. Potremmo anche citare le tariffe degli autonoleggi già calate in luglio, la cui normalizzazione è accelerata in agosto.

Vuoto d’aria o inversione di tendenza dopo la crescita del primo semestre?

È dunque lecito domandarsi se si tratti di un semplice vuoto d’aria che potrebbe essere dimenticato velocemente una volta che inizieranno a diminuire i casi di Covid negli Stati Uniti, o se possa configurarsi come l’elemento scatenante di un’inversione di tendenza al termine di un primo semestre di ripresa dinamica? Anche i dati sulle vendite al dettaglio, così come altre componenti dell’inflazione, puntano alla prima ipotesi. Mentre erano attese al ribasso, le vendite al dettaglio sono infatti aumentate dello 0,7% nel corso del mese, a dimostrazione che l’appetito dei consumatori americani non si è saziato. Escludendo l’automotive e l’energia, le vendite sono addirittura salite del 2,0% in agosto. L’unico effetto del Covid, degno di nota, è stato il picco delle vendite online che erano state molto meno dinamiche della media nella prima metà dell’anno.

Quanto all’inflazione, mentre i settori più sensibili alla pandemia segnavano il passo, così come i segmenti molto transitori quali i veicoli di seconda mano che avevano fortemente contribuito all’aumento dei prezzi in primavera, altri segmenti, meno volatili, hanno visto i loro prezzi continuare a crescere a un ritmo sostenuto. È quanto è successo con i veicoli nuovi, le parti meccaniche, che hanno registrato l’aumento mensile più forte di sempre, e i mobili (l’incremento maggiore dal 1985). Cosa accomuna questi settori? Soffrono tutti dell’effetto forbice tra una domanda ancora molto forte (che si materializza tra l’altro attraverso le vendite al dettaglio) e un’offerta che fatica ad adattarsi per via delle difficoltà di reclutamento e dei colli di bottiglia nelle catene globali di produzione e fornitura.

Sembrerebbe, su queste basi, che il rallentamento di agosto sia stato una battuta d’arresto temporanea, che ha colpito in particolare i settori maggiormente sensibili alla pandemia senza mettere però in discussione il vigore della ripresa statunitense.

E se la fine dei sussidi eccezionali all’occupazione all’inizio di settembre può far temere un livello inferiore di consumi da parte delle famiglie, il risparmio addizionale accumulato durante la crisi continua a rappresentare una riserva significativa. È quindi probabile che, sostenuta da una domanda ancora robusta, la crescita statunitense riparta nel quarto trimestre. A sua volta, è probabile che l’inflazione rimanga attestata su livelli alti man mano che i segmenti strutturali andranno a prendere il sopravvento su quelli più transitori.