Per trasformare Evergrande in una nuova Lehman Brothers la situazione dovrebbe essere molto più critica

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Sui mercati – come nella vita – è talvolta necessario fare ordine, occasioni in cui si scatenano le liti in famiglia. Alcune portano alla separazione, altre sono gestite meglio. L’esempio dei sottomarini francesi per l’Australia è la perfetta illustrazione di una cattiva gestione di una di queste sceneggiate. I contendenti litigano a lungo, le alleanze si frantumano e nessuno riordina la casa.

L’esempio della Cina, con il sovraindebitamento dei suoi operatori, illustra l’esatto contrario: gli affari di famiglia, in questo caso, vantano un’ottima gestione. Le autorità sono di fronte a un sovraindebitamento strutturale, con la percentuale del debito totale del Paese rispetto al PIL che è passata dal 160% circa nel 2008 a più del 320% oggi. Per azzerarlo, o perlomeno al fine di rallentarne la crescita, le autorità hanno inasprito le condizioni monetarie all’inizio degli anni 2010. Questa rimessa in ordine dei conti ha portato ad anni difficili per il settore immobiliare cinese, in particolare nel 2011 e nel 2014.

Forte di questa sua esperienza, la Cina ha perfezionato i suoi strumenti monetari in modo da mantenere lo spartiacque tra incentivi per l’economia da un lato, necessari per la stabilità del regime, e controllo del surriscaldamento attraverso il credito dall’altro. La pandemia di Covid è stata un’opportunità per sfruttare appieno questa competenza. Poco dopo l’accelerazione dell’inizio del 2020, momento in cui il paese è caduto in un’improvvisa paralisi, Pechino ha ridotto le misure di stimolo per finire con l’adottare una linea leggermente restrittiva nel primo semestre del 2021. Ne sono conseguiti un ritmo di crescita più lento nella seconda metà del 2021 e una pressione esercitata sugli operatori troppo indebitati.

La situazione critica in cui versa la società immobiliare Evergrande è emblematica. Player di qualità non eccelsa con una struttura finanziaria tesa, ma numero due del settore in Cina, la società minaccia di fallire con ripercussioni sistemiche sullo sfondo di condizioni meno favorevoli. Ma anche in questo caso Pechino si sta muovendo con tatto. Invece di lanciarsi in un salvataggio massiccio di Evergrande, sta iniettando più liquidità a breve termine nel sistema, evitando gli incendi a livello bancario e organizzando la ristrutturazione delle passività attraverso una simbiosi nazionale tra settore pubblico e privato. Pechino non farà probabilmente caso ad alcuni attori meno sistemici, così come le banche straniere che, nonostante le debolezze palesi della società, avrebbero incautamente comprato il debito di Evergrande. Sarà fatto ordine, ed alcuni pezzi saranno gettati tra gli scarti. Ma bisogna evitare lo scontro più importante, quello tra la classe media e le autorità. Le famiglie cinesi devono avere un alloggio. Come potrebbe, altrimenti, il regime mantenere la promessa della “prosperità condivisa”? Gli edifici devono quindi essere consegnati “a qualunque costo”. Possiamo quindi stare tranquilli sul fatto che, a prescindere da alcuni disordini, l’onda d’urto della ristrutturazione sarà assorbita. Per trasformare Evergrande in una nuova Lehman Brothers la situazione dovrebbe essere molto più critica. Anche gli Stati Uniti, oggi, andrebbero in aiuto di Lehman Brothers.

Negli Stati Uniti, per l’appunto, la Fed non ha ancora iniziato a mettere i conti in ordine. Sta ancora comprando 120 miliardi di dollari di obbligazioni ogni mese anche se ci sta pensando. Il discorso del Presidente della Fed del 22 settembre ha fugato ogni dubbio sul fatto che, salvo un deterioramento inatteso del clima economico, gli acquisti dovrebbero iniziare a diminuire entro la fine dell’anno. I mercati entreranno allora in un nuovo periodo, quello di una stretta progressiva. I tassi di interesse dovrebbero aumentare. Come in Cina, come ovunque a dir il vero, i player maggiormente indebitati saranno allora sotto pressione. Ci saranno dei default. Ci si chiederà se alcuni di essi possano essere sistemici, soprattutto dopo una tale impennata nel settore immobiliare, dove alcuni hanno commesso degli eccessi. Ma ha imparato anche la Fed che una lite con le famiglie non è ipotizzabile per il sistema. Verrà nuovamente iniettata liquidità, se necessario, senza limiti.

In verità, non c’è scelta. Visto il livello di indebitamento nel mondo, l’unica soluzione al debito, a parte un’inflazione moderata, è la formazione di nuovo debito. Per non parlare del fatto che nuove spese, non del tutto stimate ad oggi, dovranno essere sostenute a brevissimo. La COP 26 di novembre sul clima ci ricorderà che – a tendere – sarebbe molto più costoso non indebitarsi oggi per combattere il riscaldamento globale invece di sostenere spese dettate dall’emergenza poi. La rimessa in ordine definitiva dei conti dovrà attendere. Le famiglie, invece, non possono farlo.