L’Italia tra i principali innovatori in Europa nel riciclo della plastica e nelle bioplastiche come mostrano i dati sui brevetti

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L’Europa e gli Stati Uniti stanno guidando l’innovazione nel riciclo della plastica e nelle plastiche alternative, due grandi aree di progresso tecnologico nella riduzione dei rifiuti di plastica, come mostra un nuovo studio pubblicato oggi dall’Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO). Tra il 2010 e il 2019, l’Europa e gli Stati Uniti hanno rappresentato ciascuno circa il 30% (o il 60% insieme) dell’attività brevettuale in tutto il mondo in questi settori. Le aziende e gli istituti di ricerca italiani sono tra i principali portatori di innovazione in entrambe queste tecnologie chiave. Il rapporto (intitolato “Brevetti per la plastica di domani: tendenze nell’innovazione globale nel riciclo, nel design circolare e nelle fonti alternative”) mostra che tra il 2010 e il 2019 l’Italia ha contribuito con il 9% di tutte le famiglie di brevetti internazionali (IPFs) depositate da aziende e inventori con sede nella UE in entrambe le tecnologie di riciclo della plastica (quarta posizione in Europa) e bioplastiche (terza posizione in Europa). Gli IPFs rappresentano invenzioni di alto valore per le quali sono state depositate domande di brevetto presso due o più uffici brevetti in tutto il mondo.

L’Italia mostra inoltre un elevato grado di specializzazione sia nel riciclo della plastica che nelle bioplastiche. Lo dimostra il fatto che, rispetto al numero complessivo di domande di brevetto italiane, le aziende e gli enti di ricerca italiani hanno depositato più brevetti in questi due settori rispetto alle controparti di molti altri Paesi. Più precisamente, proprio nell’ambito del riciclo della plastica, l’Italia può vantare il secondo più alto grado di specializzazione rispetto gli altri Paesi della UE nel recupero dei rifiuti e nel riciclo meccanico.

I principali richiedenti brevetti con sede in Italia sul riciclo della plastica sono Eni, Lyondell-Basell, Fater SpA, Previero, Università di Bologna e Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Leader nelle bioplastiche sono invece Pirelli, Novamont, Eni e Fidia Farmaceutici.

“Se da un lato la plastica è essenziale per l’economia, l’inquinamento da plastica sta minacciando gli ecosistemi di tutto il pianeta” ha affermato il presidente dell’EPO António Campinos. “La buona notizia è che l’innovazione può aiutarci ad affrontare questa sfida consentendo il passaggio ad un modello completamente circolare. Questo studio offre informazioni chiave su una gamma di nuove e promettenti tecnologie che promuovono il riutilizzo, il riciclo e la biodegradabilità dei prodotti in plastica. Detto studio mette in evidenza il contributo dell’Europa all’innovazione in questo settore, e mostra che c’è margine di miglioramento per trasformare la pionieristica ricerca europea in invenzioni e portarle sul mercato.”

Le industrie della sanità, dei cosmetici e dei detersivi guidano l’innovazione delle bioplastiche.

Nell’area delle invenzioni riguardanti le bioplastiche, lo studio rileva che è del settore sanitario l’attività di gran lunga più brevettata sul totale (più di 19.000 IPFs nel periodo 2010-2019) nonostante rappresenti meno del 3% della domanda totale di plastica in Europa.  Tuttavia, il settore dei cosmetici e dei detergenti è quello che ha la quota maggiore della sua attività brevettuale nelle bioplastiche, con un rapporto tra IPFs di bioplastiche e IPFs di plastica convenzionale di 1 a 3, rispetto al rapporto di 1 a 5 del settore sanitario. Anche i settori dell’imballaggio, dell’elettronica e dei tessuti contribuiscono in modo significativo all’innovazione nelle bioplastiche.

I metodi chimici e biologici guidano l’innovazione nel riciclaggio.

Lo studio mostra inoltre che, di tutte le tecnologie di riciclo, i metodi di riciclo chimico e biologico hanno generato il più alto livello di attività brevettuale nel periodo preso in esame. Questi metodi hanno rappresentato 9000 IPFs nel periodo 2010-2019, il doppio delle domande di brevetto relative al riciclo meccanico, che è attualmente la soluzione più comunemente utilizzata per trasformare i rifiuti di plastica in nuovi prodotti.

Commercializzare la ricerca universitaria? Il potenziale (ancora) non sfruttato

Il rapporto rileva inoltre che, nei campi del riciclo chimico e biologico, la ricerca fondamentale svolge un ruolo molto più significativo rispetto ad altre tecnologie di riciclo della plastica, con quasi il 20% delle invenzioni provenienti da Università e organizzazioni pubbliche di ricerca (si veda  Ricerca fondamentale nelle tecnologie di riciclaggio, 2010-19). In termini di posizione geografica delle Università e degli organismi pubblici di ricerca, l’Europa e gli Stati Uniti hanno un chiaro vantaggio, ciascuno con il 29% di tali IPFs provenienti da istituti di ricerca. Nel frattempo, le start-up e le scale-up statunitensi hanno generato quattro volte più IPFs nel riciclaggio chimico e biologico rispetto alle loro controparti europee (338 v. 84). Ciò suggerisce che l’Europa, pur essendo particolarmente attiva nella ricerca fondamentale, non sta sfruttando appieno il suo potenziale quando si tratta di trasferire queste tecnologie all’industria.

Rapido aumento dell’innovazione nelle materie plastiche più facili da riciclare                                         

Guardando al futuro, lo studio mostra che l’area delle plastiche alternative, che consentono un riciclo più facile, è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, con un tasso di crescita medio annuo del 10% a partire dal 2010. Queste tecnologie hanno potenziali applicazioni nel settore aerospaziale, delle costruzioni, dei trasporti, delle turbine eoliche e della microelettronica. La rapida crescita dei brevetti in questi campi è quasi interamente guidata dall’innovazione in una plastica alternativa chiamata legame covalente dinamico – un metodo che consente nuovi progetti di materiali plastici durevoli in grado di auto-ripararsi. Anche se il Giappone ha un forte vantaggio in questo campo, la maggior parte delle invenzioni provenienti da Università e organizzazioni di ricerca pubbliche nel settore provengono da istituti di ricerca europei e statunitensi.