COP26, qualche perplessità dopo la prima settimana

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Accordo sul metano:

Si tratta di un accordo significativo, ma è un peccato che né la Cina né la Russia ne facciano parte, poiché quest’ultima, una dei maggiori produttori di gas naturale, è anche una dei principali responsabili di emissioni di metano. Senza la Russia o la Cina è più difficile pensare che questo accordo possa portare a una riduzione globale significativa delle emissioni di metano. Un elemento positivo è che l’obiettivo del 30% ci riporterebbe al livello registrato negli anni ’90. Il metano è il secondo gas serra dopo la CO2, decade nel tempo e non rimane nell’atmosfera per sempre, quindi se verranno tagliate le emissioni, dopo pochi anni ci sarà una riduzione significativa del gas metano nell’atmosfera.

Dichiarazioni della coalizione globale “Glasgow Financial Alliance for Net Zero” (GFANZ):

La cifra dichiarata dalla coalizione della finanza mondiale, anche se benvenuta, è troppo elevata per essere credibile. Una banca d’investimento può firmare questo impegno mentre continua ad avere un certo numero di investimenti che finanziano petrolio, gas e carbone, le principali fonti di emissioni di CO2. Questo impegno non impone alcun ritmo in termini di riduzione dei finanziamenti. Ciò significa che una banca d’investimento può impegnarsi per raggiungere lo zero netto e contemporaneamente prestare miliardi ad attività che contribuiscono alle emissioni di CO2.

In generale, dobbiamo essere cauti sull’idea che la finanza possa risolvere il problema del cambiamento climatico. L’impressione è che la finanza fornisca denaro all’economia e di conseguenza ricopra uno dei ruoli principali nell’azione climatica. Questo però non è necessariamente vero poiché gran parte di quel denaro è investito passivamente: ciò significa che il denaro è investito nelle più grandi aziende del mondo e questo ha un impatto limitato sul cambiamento climatico.

Impegni presi sul carbone termico:

Recentemente sono stati presi degli impegni per eliminare gradualmente il carbone e questo è sicuramente un passo avanti. Purtroppo, non sono stati specificati i dettagli sul modo in cui farlo e inoltre mancano all’appello alcuni dei maggiori consumatori di carbone a livello globale – Cina, India e Australia. La Cina consuma il 50% del carbone mondiale e, anche se ha già annunciato un piano per ridurre le emissioni di gas serra, non sono presenti impegni vincolanti riguardo la chiusura delle centrali a carbone. Finché questo non accadrà, qualsiasi altro impegno preso da Pechino risulterà secondario.  Bisogna fornire ai Paesi emergenti, come il Sudafrica, una via alternativa al carbone. Una delle ragioni per cui il carbone è così popolare in molti Paesi in via di sviluppo è che è una fonte di energia economica, controllabile e domestica. Tuttavia, se questi Paesi non possono usare il carbone e non hanno accesso al gas naturale, non potranno svilupparsi perché privi di una fonte energetica. Per queste ragioni dobbiamo finanziare lo sviluppo delle energie rinnovabili nei Paesi emergenti e fornire loro la tecnologia per farlo.