Vietare le stablecoin? No, regolamentarle

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Il 21 dicembre scorso, la US Committee on Banking, Housing, and Urban Affairs si è riunita in una sessione pubblica per trattare il tema delle stablecoin. I partecipanti hanno discusso con i rappresentanti di questa commissione su come questi asset operano, su come vengono utilizzati e su quali sono i rischi associati. Tra le personalità più importanti che hanno preso parte al meeting, si annoverano:

  • Alexis Goldstein, Direttore del Financial Policy, Open Markets Institute
  • Dante Disparte, Chief Strategy Officer e Head of Global Policy di Circle
  • Jai Massari, Partner di Davis Polk & Wardwell, LLP
  • Hilary J. Allen, professoressa della facoltà di legge dell’American University di Washington.

Durante questa udienza si sono sentite anche opinioni forti e anche suggerimenti per vietare del tutto questo prodotto. Goldstein e Allen, per esempio, hanno fatto notare come queste vogliano veicolare un messaggio di inclusione finanziaria, quando in realtà sono usate quasi esclusivamente per fare speculazione sulle criptovalute, mentre Disparte ha sostenuto la sua posizione affermando che la USD Coin, valuta digitale nata tre anni fa e con una capitalizzazione di 40 miliardi di dollari, supporta oltre 1,4 trilioni di transazioni su sistema blockchain e asserendo che tutto questo è un impegno concreto per l’inclusione finanziaria, per l’innovazione responsabile e per l’integrità. Inoltre, il CSO di Circle ha parlato dell’iniziativa “Circle Impact”, che ha depositato riserve di USDC presso varie MDI e banche comunitarie diffuse su tutto il territorio nazionale, nella speranza che queste matureranno rendimenti per miliardi di dollari negli anni, rafforzando il bilancio di queste banche e, quindi, le loro comunità.

Hilary Allen, dell’American University di Washington, ha ingaggiato una vera e propria guerra contro le stablecoin, arrivando a suggerire una messa al bando totale o una licenza che coloro che le emettono fuori dall’ecosistema della finanza decentralizzata (DeFi) devono possedere. Massari, tuttavia, ha affermato che non è necessario richiedere che gli emittenti di stablecoin siano istituti di deposito assicurati, in quanto i modelli di business di questi ultimi e delle banche presentano molte differenze: le banche sono soggette a leva finanziaria e coefficienti patrimoniali più rischiosi, dovuti ad asset meno liquidi e più soggetti al rischio della liquidità stessa. Piuttosto, Massari ha raccomandato al Congresso di considerare una carta federale per questi emittenti che preverrebbe la necessità di licenze stato per stato in cambio della supervisione dei regolatori federali.

Durante l’assemblea, il senatore repubblicano Pat Toomey ha fatto intendere che le stablecoin hanno dato prova di essere un prodotto finanziario che gode di una domanda concreta e di cui, in una certa misura, vi è necessità; quindi, se gli Stati Uniti non lo riconosceranno, altri lo faranno comunque.

Noi di 21SHARES sosteniamo che un quadro normativo più articolato farebbe chiarezza su molti dubbi connessi alle stablecoin, ma riteniamo anche che un divieto assoluto non darà benefici ai consumatori finali, soprattutto dove questi asset giocano un ruolo importante nell’inclusione finanziaria. Pensiamo per esempio al Venezuela, dove Circle ha stretto una partnership con Airtm per dare soccorso agli abitanti del paese utilizzando la USDC, che ha aiutato a retribuire gli operatori finanziari in un periodo di risorse bloccate e condizioni disastrose dovute alla pandemia. Questa è la prova che le stablecoin possono migliorare le condizioni di molti lavoratori in tutto il mondo, incrementando al tempo stesso la domanda di dollari americani, che sono particolarmente adatti come riserva di valore e per le transazioni di tutti i giorni.