Aumento dei tassi negli USA e approccio flessibile della BCE: quali prospettive per il settore obbligazionario Europeo?

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La FED, Banca Centrale statunitense, ha aperto, il 16 marzo scorso, l’attesa fase di rialzo dei tassi negli USA, cresciuti di 25 bps. A sorprendere i mercati non è stato tuttavia questo rialzo ampiamente atteso, ma la revisione per il 2022 sia delle stime di crescita economica – che oggi la FED si attende al 2,8% rispetto al precedente 4% – sia di inflazione, attesa al 4,4% anziché al 3,9% (PCE deflator).

Il mercato ha reagito eguagliando i rendimenti dei treasury americani a 10 anni con quelli a 5 anni. A nostro avviso ciò riflette il timore degli operatori da un lato dell’aumento della probabilità di una recessione – determinata dalla combinazione di inflazione crescente e rallentamento dell’economia- dall’altro dell’ulteriore rialzo dei tassi in un breve periodo, ovvero di 7 rialzi nel 2022 e 4 o 5 nel 2023. In sintesi, riteniamo che il mercato avrebbe prezzato la probabilità di “policy mistake” della FED: dando priorità agli obiettivi di inflazione, la Banca Centrale statunitense potrebbe aumentare troppo in fretta i tassi raffreddando la crescita economica che, in un contesto inflattivo, si tradurrebbe in recessione.

Quanto all’Europa, il 10 marzo, la Banca Centrale europea, BCE, ha annunciato che resterà flessibile e che potrà rivedere i tassi “qualche tempo dopo” la conclusione del programma straordinario di acquisto di titoli di Stato (Quantitative Easing, “QE”) confermata per giugno.

Questa flessibilità darà alla BCE la possibilità di modulare gli interventi in funzione degli obiettivi di inflazione e dell’andamento dell’economia.

Il faro della BCE resta, quindi, principalmente sull’inflazione – che in Europa a febbraio è stata pari al 5,8% su base annuale, mentre negli USA ha toccato il record storico del 7,9%, livello che non si vedeva da 40 anni – e, solo in parte, sulle conseguenze economiche che la guerra in Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia avranno sull’economia europea. La BCE prevede, in dettaglio, un rallentamento della crescita economica in Europa che stima nel 2022 a +3,7% rispetto al precedente 4,2%.

Quali conseguenze per il mercato obbligazionario europeo?

Gli annunci della BCE durante l’ultimo meeting di marzo hanno immediatamente portato ad un ampliamento dello spread tra obbligazioni italiane e tedesche che, dopo essere salito di 15 bps in un giorno (da 146 bps a 161 bps), si è assestato in area 155 bps.

In Plenisfer ci aspettiamo che lo spread possa tornare a salire poiché riteniamo ancora troppo ottimistiche le previsioni al ribasso della crescita economica formulate dalla BCE. I rischi legati al conflitto e il rialzo dell’inflazione, sostenuta dai rincari energetici, avranno un duplice effetto: comprimeranno margini e profitti aziendali e ridurranno il reddito disponibile dei consumatori con conseguenti minori consumi.

La drammatica crisi Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia hanno, come è noto, generato una considerevole incertezza e conseguente impatto sui mercati globali. Appare particolarmente colpito il credito europeo che ha subito una flessione a livello aggregato a partire dai massimi pre-invasione ad oggi pari al 2% circa, mentre da inizio anno la flessione è stata pari al 5% circa (fonte: Indice Iboxx Euro Corporate).

Tra i settori del credito più colpiti c’è quello bancario e in particolare il debito subordinato che ha ceduto l’8,39% da inizio anno (Fonte: Iboxx Eur CoCo Index) alla luce dell’esposizione dei principali istituti europei sulla Russia sia in termini di credito alle imprese locali, sia di presenza diretta sul territorio. Le soli esposizioni dirette valgono complessivamente circa 90 miliardi di dollari (fonte: comunicazione degli istituti di credito), mentre appare molto più complessa la stima di esposizione indiretta, per esempio tramite interbank lending o derivati. In Plenisfer, alla luce dei numeri ad oggi resi noti, stimiamo che l’esposizione complessiva alla Russia degli istituti bancari europei non sia inferiore a 200 miliardi di dollari.

Guardando ai rischi a medio-lungo termine del settore bancario, andrà inoltre monitorato l’impatto che l’eventuale perdurare delle sanzioni genererà: infatti la chiusura di un mercato significativo in termini di export come la Russia e l’impatto dei rincari energetici, alimentati dal restringimento potenziale dell’offerta di gas e petrolio, avranno ripercussioni significative sulla ripresa economica europea e sui profitti aziendali e potranno pertanto incrementare le sofferenze bancarie, penalizzando i bilanci degli istituti europei più esposti.

Cosa dicono i flussi? Da inizio anno, i fondi con focus su obbligazioni Investment Grade hanno subito un calo nelle masse gestite di circa 8,7 miliardi di euro su un totale di asset under management di 360 miliardi di euro del settore (fonte: J.P Morgan).

Tale outflow ha subito un’accelerazione con l’avvio della crisi in Ucraina, ma si inquadra in un percorso avviato da tempo e riconducibile all’andamento dell’inflazione e alle attese di politica monetaria e di rendimenti compressi a fine 2021.

Inflazione e tassi in aumento sono l’esatto contrario di ciò che aveva supportato il credito come asset class negli ultimi dieci anni. È la fine dell’era del QE e del monetary easing in generale che ha visto, nella BCE, il più grande acquirente di Investment Grade bonds negli ultimi 5 anni e che ha permesso agli investitori in tale credito di registrare in media un rendimento annuo di quasi il 4% dal 2012 ad oggi (Fonte: Bloomberg).

Anche i fondi focalizzati su obbligazioni High Yield hanno subito nello stesso periodo un calo delle masse gestite pari a circa il 5% del totale (fonte J.P Morgan), flessione particolarmente vistosa se si considera che si tratta di asset generalmente illiquidi.

3+3 fattori da valutare nell’esposizione all’obbligazionario

L’inflazione a livello attuale, il tasso crescita del Gross domestic product (“GDP”) che rallenta e la BCE che anticipa la fine degli acquisti netti di corporate bonds, sono i tre fattori che tengono lontani gli investitori dal reddito fisso ai rendimenti attuali.

Ma ci sono anche tre fattori positivi da considerare nel valutare l’esposizione al settore obbligazionario:

  • Le principali stime di mercato segnalano che nel 2022 il tasso di fallimento dei bond con rating high yield in Europa è atteso al 2%, dato ai minimi storici e in linea con il 2021 (fonte: J.P Morgan).
  • l’implementazione di piani fiscali finalizzati a ridurre l’impatto sulle imprese dei rincari energetici, ipotesi formulata dalla Commissione europea nei giorni scorsi.
  • gli spread di credito in alcuni settori iniziano ed essere interessanti in un’ottica di lungo periodo come nel caso dei subordinati bancari tornati ai livelli di inizio 2019.

In conclusione, in Plenisfer riteniamo che, nel breve termine, eventuali sviluppi positivi sui negoziati potrebbero mettere un floor alle valutazioni attuali del settore obbligazionario. Tuttavia, in un’ottica di medio termine le problematiche di crescita e di valutazione (specie per il settore High grade) rimarranno intatte alla luce di un contesto di mercato profondamente diverso da quello degli ultimi anni e caratterizzato da tassi in aumento e rallentamento della crescita economica.