Tassi e spred, prospettive e implicazioni per l’asset allocation

-

La Federal Reserve System, banca centrale degli Stati Uniti d’America (“FED”) nella riunione di ieri ha lasciato invariati i tassi e annunciato l’avvio del tapering a partire dal mese di novembre. Gli acquisti di titoli saranno ridotti ad un ritmo di $15 miliardi al mese, ma la FED potrà comunque accelerare o ridurre il passo in base all’evoluzione del mercato del lavoro la cui normalizzazione è l’unico ostacolo ad un primo aumento dei tassi.

Il Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea del 28 ottobre scorso ha altresì lasciato invariati i tassi di interesse, ma ha confermato che il programma di acquisto titoli, avviato alla luce della pandemia (Pandemic Emergency Purchase Programme – “Pepp”), terminerà a marzo 2022, annunciando un ribilanciamento del Quantitative Easing nella prossima riunione di dicembre. Le posizioni della BCE e della FED sono fondate sulla perdurante convinzione che i fattori alla base del rialzo dell’inflazione – salita in Europa al 4,1% ad ottobre su base annuale e al 5.4% negli USA – siano di natura transitoria, anche se di durata maggiore rispetto a quanto inizialmente presupposto.

Dopo una fine di ottobre contrassegnata dalla volatilità sui tassi di interesse e sugli spreads dei titoli governativi all’interno dell’area Euro e in America, la calma sembra essere ritornata sul mercato. Questo al momento non sembra ritenere che la FED e BCE siano “dietro la curva” e il rischio che queste debbano accelerare sulle misure restrittive è a nostro avviso visto come remoto o comunque meno rilevante rispetto alla seconda metà di ottobre.  Questo è riflesso nella dinamica dei tassi: il decennale tedesco ha ritracciato a -18 bps dopo aver toccato -8 bps alla fine di ottobre. Il BTP non è rimasto isolato da questa volatilità con lo spread che dopo aver toccato i 132 bps alla fine di ottobre è rientrato ai 120 bps attuali.

Il ritracciamento dei tassi nominali è stato accompagnato da un movimento al ribasso anche delle aspettative di inflazione di maggiore ampiezza sia in Europa che in America. Il tasso d’inflazione atteso nel medio periodo implicito nelle quotazioni di mercato è passato dal 2,10% di fine ottobre all’1,88% attuale (tasso 5y 5y inflation forward; fonte Bloomberg). In America lo stesso è passato dal 2,4% al 2,2%. I timori di un’inflazione fuori controllo si sono ridotti, i tassi reali come conseguenza sono calati e il mercato azionario ha accelerato il suo trend al rialzo.

La recente compressione dei rendimenti potrebbe però a nostro avviso essere un movimento di breve periodo all’interno di un trend di lungo termine di aumento degli stessi. La riduzione del QE, come detto avviata in America, potrebbe a nostro avviso iniziare anche in Europa con la BCE che a dicembre ribilancerà il suo programma di acquisti in vista della scadenza del PEPP a marzo. Questo potrebbe essere una fonte di volatilità per gli spread specie nei governativi dei paesi periferici esposti sia al movimento dei tassi che a quello degli spreads.

In particolare, i BTP hanno visto i tassi più che raddoppiare in meno di 3 mesi, (da 0,50 a 0,95). Il prezzo di mercato per il titolo benchmark a 10 anni è diminuito di quasi 5 punti (da 104 a 99) dai massimi di agosto ad oggi.

 

Fonte: Bloomberg

 

Cosa succederà? Da qui alla prossima riunione della BCE di dicembre, in Plenisfer ci aspettiamo possa proseguire un ordinato ampliamento dello spread e un aumento controllato dei tassi dei bond governativi, per due motivi:

  1. La BCE dovrebbe intervenire in anticipo in caso di eccessiva volatilità dei tassi, considerato un fattore negativo che ostacola la catena di trasmissione della politica monetaria;
  2. La permanenza di un’elevata liquidità da investire con un excess liquidity del sistema finanziario presso la BCE pari a 4,4 trilioni di euro, prossima ai massimi storici;

Poiché riteniamo che la ripresa economica proseguirà, l’aumento dello spread potrebbe creare nuove occasioni di acquisto, con “entry point” interessanti, su alcune parti del credito con scadenze a medio-breve termine, e prevalentemente high yield, in settori non ciclici e in quello bancario, meno esposto alle dinamiche di inflazione.

Crediamo che evitare titoli a lunga duration sia la strategia giusta nonostante il rimbalzo delle ultime sessioni data l’inflazione ai massimi negli ultimi 15 anni ed i tassi di riferimento ai minimi storici.

Sarà tuttavia da monitorare la recente tendenza di ampliamento degli spread dei titoli governativi periferici (Italia, Spagna, Portogallo) che potrebbe avere ricadute negative sui bond corporate, in primis high grade poiché molti investitori, specie i fondi di credito high grade, potranno trovare nei titoli governativi un’alternativa valida ed immediata ai loro asset abituali.