Crisi di impresa: quali sono gli indici dell’allerta?

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Lo scenario della pandemia e l’attuale complessa situazione geopolitica stanno chiamando le imprese a mettere in campo le più tempestive soluzioni in termini di adeguati assetti amministrativi e contabili tenendo in considerazione che gli effetti, derivanti da erronee scelte strategiche, assumono, oggi, un peso ben diverso da quello che avrebbero avuto in qualsiasi altra situazione ordinaria.

“In questo contesto, uno strumento che può aiutare le imprese a contenere e superare gli effetti negativi di una possibile emergenza economica e finanziaria, è sicuramente quello della composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, introdotto con la Legge 21.10.2021 n. 147; questo strumento è finalizzato a cogliere le situazioni di probabile insolvenza in cui possono venirsi a trovare le aziende con l’obiettivo di sostenerle nei periodi di crisi ai fini del risanamento aziendale.

Nella primavera 2022 entrerà, infatti, in vigore il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, la nuova disciplina organica delle procedure da adottarsi in caso di impossibilità a far fronte regolarmente ai propri adempimenti; vengono, invece, rinviate al 31 dicembre 2023 le procedure d’allerta e di composizione assistita della crisi” dichiara Vincenzo Carolla, Managing Partner di IMC Group.

Il Codice prevede l’attivazione di una serie di meccanismi di allerta e gestione delle situazioni di squilibrio economico-finanziario con l’obiettivo di individuare anticipatamente eventuali esposizioni al rischio; le aziende sono tenute a istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

Ma quali sono gli indicatori dell’allerta per monitorare, e quindi prevenire, una eventuale crisi di impresa?

Gli indici, elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Revisori Contabili, sono in totale sette e rappresentano una guida utile per monitorare l’andamento, la solvibilità e la continuità aziendale:

  • Patrimonio netto negativo: il patrimonio netto è costituito da tutte quelle fonti di finanziamento interne derivate dai soggetti che costituiscono l’azienda. Quando tale valore è negativo costituisce un pregiudizio alla continuità aziendale, in quanto rappresenta una causa di scioglimento della società di capitali;
  • DSCR previsionale a 6 mesi – Debit Service Coverage Ratio – è un indicatore che misura la sostenibilità finanziaria del debito aziendale e permette di capire se i flussi di cassa consentono a un’impresa di onorare i propri debiti finanziari con scadenza a 6 mesi successivi all’analisi;
  • oneri finanziari su ricavi: l’indicatore di onerosità che mostra l’assorbimento dei ricavi prodotti dagli oneri finanziari;
  • patrimonio netto su mezzi di terzi: quanto maggiore è la percentuale del patrimonio netto rispetto ai mezzi di terzi, tanto maggiore è l’indipendenza dell’impresa dall’esterno e, quindi, la sua solidità patrimoniale;
  • adeguatezza patrimoniale: il rapporto fra patrimonio netto e il totale dei debiti, indipendentemente dalla loro natura e dalla presenza di ratei o risconti passivi;
  • cashflow su attivo: il rapporto tra l’attivo a breve termine e il passivo a breve termine;
  • debiti previdenziali e tributari su attivo: si tratta del rapporto tra il totale dell’indebitamento previdenziale e tributario e il totale dell’attivo netto.

Tali indicatori sono di fondamentale importanza per le aziende al fine di comprendere lo scenario corrente e gli eventuali interventi di azione ‘tempestivi’ da mettere in atto per garantire la continuità aziendale. É importante, però, che le imprese sviluppino – nel medio e lungo termine – anche una cultura di prevenzione efficace e predittiva dei rischi e si dotino di strumenti di controllo interno in grado di integrare i diversi livelli di operatività.

“Tali strumenti possono essere, ad esempio, l’implementazione del sistema di monitoraggio dei rischi, anche attraverso l’applicazione dell’intelligenza artificiale e del machine learning per identificare relativi indicatori predittivi della rischiosità; la definizione del framework e la progettazione di sistemi per la gestione integrata e digitalizzata dei processi di gestione dei rischi, dei controlli e delle relative azioni correttive; la definizione di modelli e l’implementazione delle soluzioni tecnologiche per la gestione degli adempimenti. La tecnologia e l’implementazione di un piano di gestione integrata dei rischi risultano, quindi, elementi fondamentali nel supportare le aziende ad essere più resilienti, soprattutto in presenza di particolari complessità come quelle che stiamo vivendo” conclude Vincenzo Carolla.