La BCE si trova di fronte a un duro compromesso politico

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Nella riunione di oggi, la Banca centrale europea (BCE), in linea con le aspettative, non ha intrapreso alcuna azione politica e ha confermato un’uscita più rapida dal quantitative easing.

La BCE sta affrontando un difficile trade-off che è molto più complesso di quello affrontato da altre Banche Centrali di Paesi sviluppati. Da un lato, è chiaro che l’attuale posizione politica in Europa, con i tassi d’interesse ancora negativi e il bilancio in crescita, è troppo debole per l’alto livello d’inflazione, che sta diventando sempre più ampio e radicato.

D’altra parte, tuttavia, l’area euro sta affrontando un enorme shock alla crescita, guidato contemporaneamente sia dalla guerra in Ucraina, sia dall’attività cinese colpita dalla politica zero-COVID. I dati relativi al trading ad alta frequenza segnalano già un forte colpo all’attività dell’area euro nel periodo marzo-aprile, con indicatori relativi ai consumi preoccupantemente deboli.

La recessione in Europa era già il nostro “caso base”, ma la sua entità e la sua durata dipendono in modo cruciale dalla natura di ulteriori sanzioni alla Russia. Poiché un embargo completo sull’energia sta diventando sempre più probabile, lo è anche lo scenario di recessione peggiore. Riteniamo che man mano che lo shock della crescita diventerà più evidente nei dati nelle prossime settimane, l’attenzione della BCE si sposterà probabilmente dall’elevata inflazione verso il tentativo di limitare le difficoltà economiche e di mercato, mentre le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina si espandono all’interno del sistema. Non ci aspettiamo che la BCE aumenti i tassi fino al quarto trimestre di quest’anno o all’inizio del 2023.