FED: l’aumento dei prezzi fa più paura dei rialzi nei tassi

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La conferenza della Fed ha evidenziato la debolezza della forward guidance degli ultimi mesi e forse parzialmente indebolito la sua stessa credibilità. Sebbene a maggio Powell avesse fondamentalmente escluso un aumento dei tassi da 75 bps, gli ultimi dati sull’inflazione (8.6% annuale a maggio), più alti delle attese, e le aspettative dei mercati hanno forzato una retromarcia, con appunto un aumento di tre rialzi ad oggi, pur accompagnata da commenti sull’eccezionalità della misura.

Sembra che i leggendari Bond Vigilantes siano ufficialmente tornati, pronti a vendere bond aggressivamente e forzare le Banche Centrali ad agire con decisione per combattere l’inflazione. In tale contesto, l’aumento dei prezzi inizia a far più paura rispetto ad ulteriori rialzi nei tassi, con l’azionario che ha reagito inizialmente negativamente alla decisione, ma si è mantenuto in positivo (alle 20.00 del 15 giugno).

Infatti, sebbene la decisione certamente indebolisca ancor di più le condizioni finanziarie, e di conseguenza peggiori le attese di crescita, l’ulteriore rialzo dei tassi e l’ancoraggio delle aspettative di inflazione suggeriscono che potremmo essere vicini alla fine della dolorosa transizione della politica monetaria a cui abbiamo assistito da inizio anno. In questo senso gli investitori potranno quantomeno aspettarsi un regime di mercato più normale, nel quale la correlazione tra ritorni di azionario e obbligazionario dovrebbe iniziare a diminuire e il focus si dovrebbe, seppur lentamente, spostare di nuovo su crescita, profittabilità aziendali e valutazioni.