Regolamentazione, “l’elefante nella stanza” del settore tech

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La regolamentazione può avere un grande impatto sui business, oltre che effetti molto pesati. Per esempio, quando fu introdotta nel 2018 la GDPR il titolo di Facebook perse il 40% dai minimi ai massimi, ma bisogna guardare al risultato nel lungo termine. Infatti, non sempre la regolamentazione è qualcosa di dannoso se si ha una prospettiva a lungo termine perché si possono aprire opportunità d’acquisto interessanti.

La regolamentazione può dare luogo a importanti distorsioni, e si differenzia da Paese a Paese; per esempio, Usa, Europa e Regno Unito hanno un approccio bottom-up, mentre la Cina è un Paese centralizzato con un approccio top-down. Nei mercati occidentali la regolamentazione è bene definita e chiara; tornando a Facebook, introduzione di nuove normative ha poi creato un vantaggio competitivo per cui le nuove regolamentazioni non sono sempre dannose per un business. In Cina, invece, il processo decisionale è differente e più semplice, se un’azienda è allineata al governo è investibile, se non è allineata allora no – come successo con la formazione privata, che ha riscontrato forti limiti dopo che il governo ha deciso di intervenire sul settore. L’istruzione in Cina si basa su un rigido processo di meritocrazia, e la formazione privata ha cambiato questo contesto perché le persone più facoltose possono intraprendere azioni per accedere a corsi di formazione privata, che sono molto costosi e trarne un vantaggio sociale.

In ambito di regolamentazione ci scontriamo con un trilemma normativo, gli enti di disciplina infatti hanno tre priorità: il contenuto, la privacy dei dati e la concorrenza. Negli USA, per esempio, si concentrano soprattutto sulla concorrenza, in EU si sono concentrati prima su contenuto e privacy mentre ora la priorità è la concorrenza. In Cina, la situazione è completamente diversa: la priorità è l’armonia sociale, ovvero la “prosperità comune”, per cui il focus è sulla normativa dei contenuti e meno sulla privacy dei dati.

Se guardiamo alla regolamentazione della privacy dei dati, come la GDPR, osserviamo che per le società Usa è stato molto costoso applicare la nuova normativa europea sulla privacy dei dati ma hanno anche tratto vantaggi poiché si è ridotta la concorrenza e sono rimaste in posizione primaria solo le Big Tech. In Cina, la situazione è diversa perché le normative sulla privacy dei dati hanno invece avuto un impatto più negativo e molto variegato a seconda del tipo di società. Per esempio, Alibaba e JD.com, che sono dei colossi, non usano i dati per profilare e differenziare i prezzi sui diversi prodotti mentre Meituan ha un approccio misto. Invece, per Tencent, con WeChat l’impatto è stato abbastanza neutro, perché la normativa vietava a terze parti di raccogliere dati da utilizzare, ma Tencent ha una base utenti di 1 miliardo e quindi riesce a monetizzare anche la protezione dei dati. Tra le società che hanno subito un impatto negativo in Cina troviamo Didi Chuxing, la società per prenotare i taxi che non ha ottenuto il consenso governativo allo sfruttamento dei dati immagazzinati perché considerati di sicurezza nazionale; inoltre non ha la possibilità di acquisirne di nuovi, e ha quindi chiesto il delisting.

Sul fronte della concorrenza, l’antitrust ha la funzione di evitare che ci sia un eccesso di concentrazione di potere sul mercato, e integrazioni verticali che blocchino la concorrenza. Anche in questo ambito troviamo società che ne hanno beneficiato come Amazon, che ha due principali asset – AWS e la parte e-commerce – che sono separati per cui un investitore può trarre valore da entrambe le società investendo nel titolo. Al contrario, per Facebook – Meta ci sono basse probabilità che le autorità di regolamentazione riscontrino prassi illecite circa questa materia, ma in tal caso avrebbe forti ricadute sul business. In Cina l’antitrust ha avuto un effetto relativamente negativo, e anche in questo caso è stato diverso da società a società. Per esempio, Alibaba abusava della propria posizione di mercato per forzare i merchant a vendere solo sulla propria piattaforma (ovviamente ora la società ha dovuto cambiare condotta). Mentre per Tencent l’impatto non è stato così negativo perché ha un buon ecosistema molto vasto.

In conclusione, il rischio normativo fa parte del processo d’investimento e per questo bisogna essere vigili e avere un approccio ESG su misura, studiando non solo le società ma anche i Paesi e le loro regolamentazioni – grazie a una presenza in loco; senza dimenticare che la regolamentazione può creare anche dei vantaggi competitivi per alcune società.