Lavoratore padre e divieto di licenziamento

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Intervista ad Alessandro Acerbi – Studio Associato Acerbi – Consulente d’impresa per l’amministrazione del personale

Il Decreto legislativo del 30 giugno 2022, n. 105 è in attuazione della direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio.

Vista la complessità della materia, chiediamo ad Alessandro Acerbi qualche approfondimento.

Intervista ad Alessandro Acerbi

Questo decreto costituisce in realtà un passo avanti per i lavoratori, o in sostanza i cambiamenti sono minimi?

“Tra le positive novità contenute nel D.L.vo n. 105/2022 spicca quella che amplia le tutele del genitore padre in un’ottica di valorizzazione del diritto alla genitorialità e del diritto ad una responsabilità condivisa nella cura della famiglia.

Per ben comprendere il significato della nuova norma occorre leggere, con attenzione ciò che afferma l’art. 27-bis del D.L.vo n. 151/2001, introdotto, nel “corpus” di quest’ultimo, dall’art. 2, comma 1, lettera c) del D.L.vo n. 105/2022: esso parte con una affermazione di diritto (che, per essere esercitato, va richiesto).

Il padre lavoratore, dai due mesi antecedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via continuativa. Il congedo è fruibile, nello stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio: tale periodo, come precisato dall’INPS con la circolare n. 42/2021, decorre dalla ventottesima settimana di gestazione fino ai primi dieci giorni successivi alla nascita”.

Lavoratore padre

Allora è il singolo lavoratore che si deve attivare per ottenere quanto gli spetta?

“Per fruire del congedo di paternità si deve comunicare per iscritto al proprio datore, con un anticipo non inferiore ai cinque giorni, in relazione all’evento nascita e sulla base della data presunta del parto, il giorno o i giorni nei quali intende usufruire del congedo: la contrattazione collettiva può stabilire condizioni di miglior favore anche in relazione al tempo della richiesta. La richiesta scritta può essere sostituita dalla utilizzazione, ove presente in azienda, del sistema informativo aziendale per la richiesta e la gestione delle assenze”.

Altri aspetti?

“Il congedo di paternità ha effetti anche sulla normativa relativa al divieto di licenziamento previsto dall’art. 54 che, infatti al comma 7 si è “arricchito” con il congedo obbligatorio per paternità. Esso si applica per la durata dello stesso (ossia a partire dal primo giorno di fruizione) e fino al compimento di un anno di età del bambino: tale appare l’interpretazione letterale della norma.

Il licenziamento è nullo, con tutte le conseguenze del caso, sia alla luce dell’art. 18 della legge n. 300/1970 che dell’art. 2 del D.L.vo n. 23/2015”.

Qual’è la sostanziale differenza rispetto al congedo obbligatorio per il padre lavoratore normato dalla legge Fornero 92/2012 e reso strutturale è stabilizzato dalla Legge di Bilancio 2022?

“In realtà la Legge Fornero è stata la prima ad introdurre i congedi parentali per il padre lavoratore, applicando in concreto l’art 3.della Costituzione ed estendendo al padre i benefici che fino a quel momento erano prerogativa delle lavoratrici madri: di fatto prendendo atto, anche a livello normativo, delle tante situazioni in cui padre e la madre si alternano nella gestione del neonato. E’ uno dei pochi casi in cui la parità di genere in ambito lavorativo e familiare è a tutela dell’uomo e non della donna. 

Oggi, sempre di più, il legislatore sta prendendo atto e sta riconoscendo la parità di genere estendendo, indipendentemente dal sesso, le tutele classiche che erano state previste per un solo gender, così abbiamo il divieto di licenziamento anche per il padre ed i congedi, che prima si chiamavano di maternità, oggi sono parentali e fruibili da ambo i genitori.” 

Se ho ben capito, la differenza è importante proprio dal punto di vista concettuale

“Oggi quello che era un semplice esperimento, una facoltà, è diventato un obbligo permanente di legge, si potrà fare domanda al proprio datore di lavoro o al proprio committente regolarizzando successivamente la domanda telematica all’Inps una volta che sarà aggiornata la procedura. Per il padre il congedo obbligatorio (retribuito al 100%) potrà essere chiesto anche nei due mesi precedenti il parto oltre che nei cinque mesi successivi. Può essere spezzato in giorni (ma non in ore) e in caso di parto plurimo il periodo di astensione obbligatoria di 10 giorni diventa di 20 giorni lavorativi. Proprio in ottica di apertura e parificazione di ogni tipo di genitorialità (se così possiamo dire) queste tutele spettano anche al padre adottivo o affidatario”.