Nonostante gli ultimi rally non è la fine del mercato orso

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Dai recenti movimenti sembrerebbe che il mercato abbia declassato l’inflazione da lupo cattivo a Cappuccetto Rosso. È stato sufficiente un commento del presidente della Fed Jerome Powell e tutti i mercati hanno registrato un rally e hanno iniziato a prezzare un rallentamento della crescita e dell’inflazione, seguito da un taglio dei tassi di interesse nel breve.

Prima di entusiasmarci troppo, alcune osservazioni. È probabile che in questo momento si stia assistendo a una copertura delle posizioni corte, che nei mesi estivi, caratterizzati da scarsa liquidità, stanno guidando la direzione del mercato molto più di quanto accadrebbe normalmente. Dovremmo sempre aspettarci dei rally durante un mercato ribassista, ed è probabile che questo sia solo uno di quei periodi. È troppo presto per pensare che la fase ribassista sia finita. I numeri del secondo trimestre sono stati solidi in termini di fatturato delle società, ma stiamo certamente assistendo a una pressione sui margini. Il sentiment dei consumatori ha subito un colpo e non abbiamo ancora visto le ripercussioni sull’attività economica o sui risultati delle aziende.

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Allora, cosa ha fatto eccitare i mercati? La conferenza stampa di Powell a nostro avviso ha espresso posizioni abbastanza da falco, ma c’è stata una frase che ha scatenato il dibattito su un cambio di rotta della Fed. “…Con l’ulteriore inasprimento della politica monetaria, probabilmente diventerà appropriato rallentare il ritmo degli aumenti dei tassi mentre valutiamo come i nostri aggiustamenti stiano influenzando l’economia e l’inflazione”. Per alcuni ciò ha voluto dire che la Fed cambierà rotta. Il mercato ha ritenuto che tale svolta sarà in atto già a gennaio/febbraio del prossimo anno, il che sembra altamente improbabile. L’inflazione sarà più bassa, ma non certo tale da consentire un taglio dei tassi. Ciò significherebbe anche una grave flessione nei prossimi 4-5 mesi, che sembra anch’essa improbabile alla luce dei dati che abbiamo al momento.

Secondo trimestre

Avevamo previsto un secondo trimestre in calo, dato l’accumulo di scorte e la compressione dei margini. In realtà, i risultati delle società c sono stati complessivamente buoni (a parte Meta). Amazon e Apple hanno sfidato i catastrofisti con risultati che dimostrano come i consumatori continuino a spendere. Il 75% (in base alla capitalizzazione di mercato) dell’S&P ha registrato un aumento del 9% rispetto all’anno precedente, secondo i dati di Goldman Sachs. I ricavi sono aumentati del 3,8% in termini reali. Non si tratta ancora di un contesto recessivo. Detto questo, le previsioni sono in calo secondo Bloomberg Intelligence, ma non ancora abbastanza velocemente da giustificare timori di recessione.

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Treasuries

I Treasury statunitensi e i Bund sono stati incredibilmente volatili. Finché la volatilità non si sarà ridotta, è improbabile che gli investitori tornino a guardarvi con interesse. I Treasury USA a 10 anni al 2,65% sono poco interessanti. Dobbiamo aspettarci un livello di inflazione più elevato per un periodo più lungo, ma sarà il percorso del calo a costituire un indicatore importante per la direzione del mercato. Forse potrebbe assestarsi a un livello più alto dell’obiettivo del 2%. Anche il 3% andrebbe bene. Quello che ci dice è che gli investitori che acquistano a questi livelli non sono solo preoccupati per la crescita, ma scommettono anche che l’inflazione scenderà drasticamente. Entrambi questi elementi oggi sono difficili da valutare.

L’Europa

Da un po’ di tempo siamo cauti sull’Europa. Il programma TPI o anti-frammentazione dovrebbe contribuire ad alleviare le preoccupazioni sul finanziamento del debito di alcuni paesi periferici altamente indebitati come l’Italia e la Grecia, ma finché non lo vedremo in azione non sapremo quale sarà l’effetto. Anche l’indebolimento dell’euro è una preoccupazione, e riteniamo che bisogni prestare attenzione al rialzo di 50 punti base. L’euro si è apprezzato brevemente, ma poi ha ripiegato. Più interessante sarà la pressione sul dollaro, dato che gli operatori iniziano a prezzare (a torto o a ragione) meno rialzi dei tassi. La stagflazione non è fuori discussione per l’Europa.

Attività

Il secondo trimestre non sarà probabilmente un trimestre negativo come pensavamo – l’attività economica è ancora abbastanza robusta – e quindi guardiamo al terzo o al quarto trimestre. Riteniamo che se il rally continuerà, i mercati del rischio saranno vulnerabili a un ritracciamento, dato che non c’è una vera ragione per cui i mercati si trovino a questi livelli, a meno che non si creda veramente che non ci sarà una recessione o che sarà di brevissima durata e che seguirà un taglio dei tassi entro i prossimi 6-9 mesi.

Outlook

Il quadro è diventato un po’ più incerto. Né la Federal Reserve né la BCE forniscono una forward guidance. Siamo tornati a essere guidati dai dati, il che significa che continueremo a vedere un’accentuata volatilità nei numeri chiave dell’inflazione e dell’economia. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i dati, l’occupazione ecc. sono ancora piuttosto solidi e, con i mercati in rally dopo l’ultima riunione, la Fed vorrà smorzare questo entusiasmo. Inoltre, in questo contesto, la Fed può aumentare di molto i tassi; quindi, sembra abbastanza improbabile che tolga il piede dal freno così rapidamente. Detto questo, non dimentichiamo che l’inflazione è un indicatore retrospettivo e che dovremo essere pazienti e vedere come si evolverà la situazione nei prossimi mesi.