Attenzione puntata sugli utili vista la prosecuzione del mercato Orso

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Come nelle fasi ribassiste del 2008/2009 e del 2001/2002, in cui si è registrato quantomeno un rally degno di nota prima della discesa ai minimi, anche in questo caso a nostro parere le azioni potrebbero scendere ai livelli di metà giugno o persino più in basso prima di accennare a un’inversione di tendenza. Se da un lato la riduzione della liquidità ha comportato una contrazione dei multipli di valutazione in occasione del sell-off iniziale, dall’altro in futuro a determinare la flessione sarà il calo degli utili societari che, secondo le stime, dovrebbero scendere in territorio negativo nei prossimi sei mesi.

Preferiamo tuttora le aree più difensive come farmaceutici e assicurazioni e, quanto al settore tecnologico, riteniamo che i danni derivanti dalla fase ribassista siano già ampiamente scontati nelle valutazioni.

In ottica bottom-up ci concentriamo tuttora su azioni di società che possono far leva su un posizionamento dominante sul mercato, iniziative di “self-help” o programmi validi per la restituzione del capitale in grado di sostenere la crescita degli utili e i corsi azionari.

Il recente rally azionario lascia spazio alla prossima fase di ribasso.

L’evoluzione del mercato orso sembra in linea con quanto prospettato in maggio. Dopo il brusco sell-off iniziale dell’indice S&P 500 (-23% dal 29 marzo al 16 giugno) dovuto all’avvio del ciclo di inasprimento della Federal Reserve, le azioni hanno messo a segno un rimbalzo degno di nota in estate (+18% dal 16 giugno al 16 agosto) sull’onda delle speranze di un soft landing dell’economia e di una ripresa dei tagli dei tassi di interesse nel 2023. Tuttavia, a metà agosto il sentiment è peggiorato e le azioni hanno evidenziato una nuova flessione dopo l’annuncio della Federal Reserve (Fed) di tassi ancora alti viste le persistenti pressioni inflazionistiche anche se, come detto dal presidente della Fed Jerome Powell a Jackson Hole, tale decisione causerà “alcuni danni a famiglie e aziende”. Si tratta di un’evoluzione analoga a quella delle ultime due fasi ribassiste degne di nota sui mercati (nel periodo 2008-09 e 2001-02); in entrambi i casi infatti si è registrato almeno un rally significativo prima della discesa ai minimi definitivi.

Secondo noi è più verosimile un ritorno ai livelli di metà giugno – o potenzialmente più in basso – prima che si possa pensare a un’inversione di tendenza. Se da un lato la riduzione della liquidità (aumento dei tassi di interesse, rincaro delle commodity, vigore del dollaro e ampliamento degli spread creditizi) ha comportato una contrazione dei multipli di valutazione in occasione del sell-off iniziale, dall’altro in futuro a determinare la flessione sarà probabilmente il calo degli utili societari. Da un punto di vista macroeconomico, l’indice dei responsabili degli acquisti (PMI) si conferma il parametro migliore per prevedere i trend degli utili societari e, sfortunatamente, i PMI continuano a scendere; è probabile che anche gli utili delle società dell’S&P evidenzino una traiettoria ribassista ed entrino in territorio negativo nei prossimi sei mesi. Ironia della sorte, il motivo per cui gli utili hanno tenuto bene sino ad ora è proprio l’aumento dei prezzi di beni e servizi che ha protetto i margini e gli utili delle società impegnate ad alzare i prezzi per compensare le pressioni derivanti dai maggiori costi. Preferiamo tuttora le aree più difensive come farmaceutici e assicurazioni. In ottica bottom-up ci concentriamo ancora su azioni di società che possono far leva su un posizionamento dominante sul mercato o iniziative di “self-help” (come il taglio delle spese generali) in grado di sostenere la crescita degli utili malgrado un contesto economico più critico.

Per di più, le società dotate di programmi validi per la restituzione del capitale (mediante dividendi o riacquisti di azioni consistenti) dovrebbero mostrare un andamento migliore. I titoli tecnologici e altre azioni growth con duration lunga sono stati colpiti per primi e hanno avuto la peggio nel quadro del sell-off; in ogni caso molte di queste società hanno già assorbito buona parte del danno causato dalla compressione dei multipli. La flessibilità dei prezzi, le strutture di margini vantaggiose e i robusti driver di crescita a lungo termine dovrebbero garantire una resilienza della crescita degli utili maggiore di quella dei peer più ciclici.

Dai dati finanziari possibili indicazioni circa la gravità del rallentamento

A nostro parere il settore bancario è un valido barometro per valutare la profondità di una decelerazione economica e le probabilità di recessione negli USA. Il contesto attuale è positivo per le banche per via dei rialzi dei tassi, della domanda stabile di prestiti e di condizioni creditizie favorevoli; tuttavia la performance futura degli investimenti dipenderà dalla percezione degli investitori dell’ampiezza e della profondità dell’imminente nuovo ciclo del credito, nonché dell’entità delle perdite per il settore. Un’area che probabilmente sarà ancora soggetta a pressioni è quella dei beni voluttuari. Diversi rivenditori al dettaglio e società di grandi dimensioni sostenitori dell’e-commerce hanno emesso profit warning degni di nota che hanno innescato il derating delle azioni. In molti casi le società hanno risentito del fatto che i consumatori diano la priorità ai beni di prima necessità (come alimenti e carburante) e di conseguenza si registri un aumento spropositato delle scorte di prodotti con margini elevati come i dispositivi elettronici. Al contempo, le pressioni sui costi non accennano a diminuire e a quanto pare siamo giunti al punto in cui i rincari graduali causano la distruzione della domanda. Le statistiche sull’ampiezza del mercato e i differenziali di rendimento delle obbligazioni societarie sono due indicatori fondamentali che monitoriamo con attenzione. Il recente rally è stato trainato dai settori difensivi. È vero, tecnologia e beni voluttuari hanno sovraperformato nel corso del rally tra giugno e agosto, ma lo stesso vale per utility e real estate. Perché si verifichi un’inversione di rotta duratura i prezzi delle azioni devono scendere a un livello tale da indurre gli investitori a incrementare il rischio e la duration nei portafogli e l’ampiezza del mercato deve aumentare sino a includere società small e mid cap. Gli spread obbligazionari sono alti e puntano a una recessione ma, a nostro avviso, non ci siamo ancora. Occorre tenere a mente che il mercato è influenzato dalle previsioni e toccherà il punto di minimo prima che lo facciano utili ed economia. Le azioni reagiscono tuttora in maniera decisa alle delusioni sul fronte degli utili o alle revisioni in negativo della guidance, a riprova che il mercato fatica a scontare un livello adeguato di utili futuri.

Tenuto conto di tale instabilità, invece di provare a prevedere i trend degli utili a breve riteniamo sia meglio concentrarsi su un orizzonte di due o tre anni e prendere decisioni di investimento basate sui tassi di crescita sostenibile a lungo termine delle aziende.