BCE: Quantitative Tightening al centro dell’attenzione
I consistenti rialzi sono ormai diventati la nuova normalità, dato che l’inarrestabile aumento dell’inflazione preoccupa i responsabili politici più dei rischi di una recessione incombente. L’inflazione nell’area dell’euro si è confermata a livelli record, con il 9,9% a settembre e quella core al 4,8%, mantenendo la pressione sulla BCE affinché anticipi l’inasprimento delle politiche.
L’altro elemento che probabilmente sosterrà la domanda aggregata, e di conseguenza l’inflazione, è il sostegno fiscale che i governi europei stanno progressivamente mettendo in campo. In effetti, in un’economia già surriscaldata, gli interventi di politica fiscale richiederanno una compensazione monetaria per bilanciare le conseguenze sulla domanda. Per questo motivo non dovrebbe sorprendere che anche i membri del Consiglio direttivo abbiano espresso preoccupazione per l’impatto che la politica fiscale potrebbe avere, suggerendo che il sostegno alla crisi del costo della vita è meglio se mirato e temporaneo.
Riteniamo probabile che la BCE opterà per un altro rialzo di 75 pb nella riunione di questa settimana. Il dibattito sul percorso futuro si è spostato dalla normalizzazione dei tassi, dopo oltre un decennio di politica storicamente accomodante, alla discussione su quale possa essere il tasso obiettivo, cioè quello dove la Bce intende fermarsi. La bilancia dei rischi propende per il ripetersi di un’operazione di entità simile a dicembre, anche se è improbabile che la banca centrale si impegni in anticipo, rimanendo dipendente dai dati.
Anche il Quantitative Tightening è sempre più al centro dell’attenzione, con pochi policymaker che suggeriscono un’inversione del bilancio della BCE a partire dal 2023. È quindi possibile che l’argomento venga discusso questo mese. In ogni caso, ci aspettiamo che il processo inizi gradualmente, interessando l’Asset Purchase Programme (APP) piuttosto che il pandemic emergency purchase programme (PEPP), e sotto forma di run-off passivo (parziale o di tutti i titoli in scadenza), piuttosto che di vendite di attività. Un rischio per gli investitori è che questo processo possa alimentare il rischio di frammentazione, soprattutto in presenza di condizioni di mercato più rigide e di una recessione imminente. Questi fattori potrebbero anche ritardare la riduzione del bilancio.