Biodiversità & Salute: un nesso vitale

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Una molecola in grado di rallentare o ritardare il morbo di Alzheimer in una spugna marina, molecole antitumorali negli alberi, antibiotici in un fungo: la natura ospita una favolosa diversità molecolare, fonte di immense speranze terapeutiche … oggi minacciate. Per la prima volta in assoluto nella storia dell’umanità, un milione di specie animali e vegetali, utili in particolare ai settori dell’alimentazione, dell’energia o della medicina, sono minacciate di estinzione. Questo dato dell’IPBES ci ricorda quanto la nostra vita dipenda dalle piante e dagli animali selvatici. Il 70% dei farmaci antitumorali naturali o sintetici, ad esempio, trova ispirazione nella natura.

I principali principi attivi scoperti dall’Uomo provengono tutti dalla natura. Esistono però delle soluzioni per lottare contro la deforestazione, il riscaldamento degli oceani e i cambiamenti climatici che stanno alterando il tessuto vitale del nostro pianeta e distruggono la nostra farmacia futura. Siamo ancora in tempo per intervenire come fanno, ad esempio, i gruppi che dipendono moltissimo dalla biodiversità o le aziende all’avanguardia.

Le aziende, anelli di congiunzione essenziali nella catena della biodiversità

Alcune aziende stanno sviluppando delle iniziative a tutela della biodiversità e per il suo ripristino, destinate quindi a innescare cambiamenti che portino delle trasformazioni. Possiamo citare il gigante britannico della chimica di specialità Croda, che produce coperture per sementi che favoriscono la loro crescita con meno acqua e nutrienti, riducendo la pressione sui terreni, oppure Novozymes, azienda biotech danese, leader mondiale della produzione di enzimi i cui principi attivi derivati dalla natura stanno diventando essenziali per la conservazione degli alimenti o la purificazione dell’acqua.

Altri attori del settore sanitario stanno cercando di combattere o di ridurre le pressioni sulla biodiversità, che aumentano il rischio di comparsa delle zoonosi, quelle malattie che possono essere trasmesse dagli animali agli esseri umani, come il Covid-19. La deforestazione, l’allevamento intensivo e l’urbanizzazione stanno riducendo l’habitat degli animali, favorendo la loro migrazione e quindi il contatto con l’uomo. Di fronte al Covid, la tecnologia dell’RNA messaggero ha permesso di trattare le forme gravi della malattia molto più velocemente di un vaccino tradizionale. Alcune aziende ne stanno sviluppando i principi attivi critici, come Croda, che si posiziona nel segmento dei lipidi farmaceutici, essenziali per la composizione dei vaccini a RNA messaggero, oppure il gruppo svizzero Lonza, che ha lavorato per conto delle principali aziende farmaceutiche.

Ma i baluardi più efficaci, i cambiamenti d’uso più trasformativi, consistono nel fermare la deforestazione e l’artificializzazione dei terreni. Alcune aziende lo hanno capito. Altamente dipendente dalla natura per via dei suoi principi attivi, Astrazeneca sta mettendo in atto iniziative ambiziose a favore del clima e della biodiversità. Il suo piano AZ Forests mira a piantare e ripristinare 50 milioni di alberi in tutto il mondo entro il 2025. È anche il caso di Nestlé, che ha lanciato uno dei piani più ambiziosi per finanziare le pratiche agro-forestali all’interno della sua filiera logistica. Questo programma dovrebbe portare alla piantumazione di 200 milioni di alberi sui terreni dei suoi partner agricoli entro il 2030.

La perdita di biodiversità non è un problema esclusivamente ambientale, ma anche sociale, direttamente collegato alla nostra salute. Lo stesso vale per la salute finanziaria delle aziende, che sarà gravemente destabilizzata dalla perdita di biodiversità o rafforzata per coloro che metteranno in campo soluzioni per la sua conservazione.