Finanza e biodiversità possono andare d’accordo?

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Ne siamo convinti. La finanza svolge un ruolo cruciale nella tutela della biodiversità orientando i capitali verso le aziende che sviluppano soluzioni e affiancandone altre, nel tempo, per gestire al meglio la loro dipendenza o il loro impatto. Affrontare questa sfida non è facile anche se sta emergendo la consapevolezza del rischio finanziario generato dalla perdita di biodiversità. Allo scopo, La Financière de l’Echiquier (LFDE) si circonda di esperti, forma i suoi collaboratori e si impegna, nell’ambito del Finance for Biodiversity Pledge, a inserire i criteri relativi alla biodiversità nelle sue analisi, e a pubblicare l’impatto dei suoi investimenti entro il 2024. Poiché la salvaguardia della biodiversità è un baluardo contro il cambiamento climatico, stiamo dando maggiore spazio alla biodiversità all’interno di Echiquier Climate Impact Europe, fondo dedicato alla transizione climatica.

La posta in gioco è alta. Molte industrie, dall’agricoltura ai trasporti, dipendono dai servizi ecosistemici. Secondo il World Economic Forum (dal Report sui rischi globali, 2021), il 50% del PIL mondiale dipende dalla biodiversità. Abbiamo iniziato, nel 2021, a pubblicare l’impronta di biodiversità dei nostri principali fondi. È un primo passo per consentire ai gestori di capire meglio questo rischio ancora poco conosciuto, legato al cambiamento climatico e il cui impatto finanziario è significativo a medio e lungo termine.

Equilibrio e pragmatismo

All’interno della nostra strategia a impatto sul clima, il nostro stock-picking poggia, oltre che su criteri ESG e finanziari, su una metodologia proprietaria che stima la Maturité Climat e la biodiversità delle aziende. Al termine del lavoro svolto con i nostri stakeholder provenienti dal mondo accademico, scientifico e finanziario, abbiamo rafforzato i criteri relativi alla biodiversità e aggiunto due Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) legati alla biodiversità: l’SDG 14 Vita sott’acqua e l’SDG 15 Vita sulla Terra oltre a quelli già inseriti per il Clima, l’SDG 7 Energia pulita e accessibile e l’SDG 11 Città e comunità sostenibili.

Con l’aiuto della nostra matrice proprietaria cerchiamo di capire se l’azienda dipende e/o ha un impatto sulla biodiversità. In caso affermativo, ne valutiamo la roadmap e analizziamo le quattro pressioni che si esercitano sulla biodiversità: le specie invasive, l’inquinamento del suolo, del mare e dell’aria, la distruzione degli habitat naturali e l’eccessivo sfruttamento delle risorse come la deforestazione. Il riscaldamento globale, la quinta pressione, è già oggetto di analisi nella sezione dedicata al clima.

Poiché non entreremo da un giorno all’altro in un mondo a neutralità carbonica, che protegge la biodiversità, è importante sostenere soluzioni in linea con le esigenze dell’economia reale. Investiamo quindi in aziende che forniscono soluzioni concrete come Aker Carbon Capture, il leader norvegese nella cattura della CO2, aziende che contribuiscono ad arginare l’inquinamento da plastica – con tecnologie alternative come l’acido polilattico, una plastica biodegradabile prodotta dallo zucchero (Corbion) – o che danno il loro apporto alla gestione dei rifiuti, all’agricoltura verticale o al trattamento delle acque delle navi o delle acque di zavorra (Alfa Laval).

Investiamo anche in aziende pionieristiche, le cui azioni coinvolgono i loro ecosistemi. È il caso di Croda che produce gli eccipienti utilizzati in campo agricolo e sanitario e sta portando avanti una politica di punta in ambito climatico con un impegno SBT 1,5° dal 2030. Croda ha definito degli obiettivi per valutare e ridurre il suo impatto sulla biodiversità terrestre aumentando la quota di ingredienti naturali, analizzando la sua catena di approvvigionamento per eliminare qualsiasi rischio di deforestazione e aumentando gli investimenti nella R&S per i suoi prodotti a tutela delle sementi. Il nostro approccio, infine, include aziende in fase di transizione che devono rafforzare le loro pratiche, come Nestlé, che si sta orientando verso l’agricoltura rigenerativa.

Affiancare le aziende e non escluderle a priori

Investire in un’ottica di lungo termine permette ai gestori di approfittare del fattore tempo nell’implementazione della loro strategia. Ed è il motivo per cui riteniamo opportuno non escludere, a priori, le aziende che utilizzano materie prime controverse come l’olio di palma, se sono certificate in modo indipendente (RSPO). Anzi, ne sosteniamo la sostituzione. Preferiamo invece escludere i produttori di olio di palma, poiché condannati a interrompere le loro attività se aderiscono a un approccio di transizione. Non escludiamo nemmeno la silvicoltura, tanto più che, secondo la ONG Global Forest Watch, ogni minuto nel mondo scompare l’equivalente di 27 campi da calcio di foresta. Siamo quindi investiti e impegnati con Svenska Cellulosa, il principale proprietario di aree boschive in Europa, le cui foreste sono certificate in base ai due standard globali PEFC e FSC. L’azienda ripianta almeno due alberi per ogni albero abbattuto e riduce le aree di taglio che fanno da habitat per specie a rischio.