Speranze e timori

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Un sondaggio condotto da Bank of America fra i gestori di fondi di tutto il mondo rivela che c’è ancora grande scetticismo circa le prospettive economiche per il 2023. Oltre i tre quarti dei partecipanti prevede una recessione nei prossimi 12 mesi. E il termine “stagflazione”, che designa una situazione di economia stagnante in presenza di un’inflazione elevata, si conferma il più gettonato. Al contempo diminuisce il numero di coloro che prevedono un’inflazione più alta rispetto ai livelli odierni. La maggior parte degli operatori del mercato stima che i tassi di inflazione torneranno a scendere poiché il picco delle pressioni sui prezzi legati alla guerra è stato ormai superato. Tuttavia, nel contesto attuale l’inflazione elevata rappresenta tuttora il principale rischio per il prossimo anno, seguita dal conflitto in Ucraina e da altri rischi geopolitici. Nella classifica dei rischi vi sono quindi possibili errori di politica monetaria, una recessione grave e un aumento dei casi di insolvenza/bancarotta. Tale quadro induce i gestori intervistati a mantenere un posizionamento ancora prudente. Un livello di liquidità così elevato non si vedeva dal 2008, l’anno in cui il crollo della banca di investimenti Lehman Brothers innescò la crisi finanziaria globale. Il Sentix, che misura il sentiment degli investitori, si attesta su livelli altrettanto bassi (cfr. grafico della settimana). Notiamo tuttavia che gli investitori hanno dei dubbi anche su beni rifugio come il dollaro USA. Ben il 72% degli intervistati ritiene che la valuta statunitense sia sopravvalutata: si tratta di una percentuale record, la più alta dalla bolla delle dot-com del 2000.

Ma allora che fare? La situazione si fa ancora più interessante se si considera solo la cerchia dei gestori di fondi europei. Il quadro dipinto risulta sorprendentemente un po’ più positivo.

Le previsioni di un generale deterioramento del contesto economico europeo nel 2023, che in ottobre si attestavano al 92%, in novembre sono scese al 73%. Ora anche gli Europei prospettano una flessione dell’inflazione il prossimo anno in ragione del calo dei prezzi dell’energia e inoltre si attendono una variazione dei fattori determinanti per l’inflazione: non più i colli bottiglia sul fronte dell’offerta, bensì una domanda più debole a causa dell’aumento dei costi dell’energia. Un impressionante 59% dei professionisti dell’investimento europei vede opportunità nell’azionario europeo il prossimo anno, anche se l’entità del rialzo previsto è a una sola cifra. Le attese un po’ più negative circa gli utili societari passano in secondo piano rispetto alle valutazioni interessanti. L’attuale rally dei mercati non è ritenuto per il momento sostenibile. Tuttavia la performance positiva delle ultime settimane ha mitigato il forte pessimismo degli Europei.

Nel complesso, i gestori di fondi intervistati restano combattuti. Nel breve termine, prendere decisioni in presenza di forti oscillazioni del mercato è tutt’altro che facile. Ogni rimbalzo scatena il timore di perdersi qualche occasione (“fear of missing out”). Molti investitori che dispongono di ingenti posizioni in liquidità stanno cercando di anticipare il mercato ed entrare prima del solito, spinti dalla consapevolezza che il momento migliore per acquistare azioni sia durante la fase recessiva, così da garantirsi rendimenti elevati quando terminerà. Tale comportamento è incoraggiato dal forte consensus mondiale circa una contrazione economica nei prossimi 12 mesi, confermata anche dall’Economic Outlook dell’OCSE uscito nei giorni scorsi. Tuttavia, anticipare un’inversione di tendenza del sentiment bearish sull’azionario appare ancora molto sfidante. Nel breve periodo utili e margini aziendali resteranno sotto pressione. Non resta che affrontare il nuovo anno un passo alla volta, tenendo conto di eventuali battute d’arresto fino alla diagnosi finale di recessione.

La settimana prossima

La prossima settimana avremo nuovi dati sull’andamento dell’inflazione in Germania e nell’Eurozona. Martedì verrà pubblicato il tasso di inflazione tedesco, insieme alle statistiche di alcuni stati federali. Mercoledì conosceremo il livello dei prezzi nell’area euro. Si attendono livelli appena inferiori a quelli del mese scorso. Seguiranno a ruota i dati sulla disoccupazione e i PMI del settore manifatturiero dei principali Paesi europei e dell’Eurozona nel complesso. Negli Stati Uniti la settimana inizierà con l’indice sulla fiducia dei consumatori e le richieste di mutuo. E finirà con i dati sui consumi, sul reddito disponibile e sull’importantissimo deflatore, che dovrebbe fornire ulteriori chiarimenti sull’inflazione.

Prosegue dunque la gara a chi formula le ipotesi migliori sulla futura evoluzione dell’inflazione. Al momento il calo dei prezzi del petrolio lascia sperare in una distensione della situazione, seppure lieve.