Tempo di una svolta

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Nonostante l’incognita dettata dalla guerra in Ucraina, la crescita dell’economia dell’Eurozona si è dimostrata resistente nei primi tre trimestri dell’anno. Nel terzo trimestre, il PIL dell’Eurozona è aumentato dello 0,3% trimestre su trimestre, in calo rispetto all’aumento dello 0,8% del T2 2022, favorito dall’aumento della spesa pubblica e dal miglioramento dell’avanzo commerciale corretto per l’inflazione. Tuttavia, è probabile che la situazione cambi nel quarto trimestre del 2022 e nel primo trimestre del 2023.

La recessione dell’Eurozona rimarrà un rischio fino al primo trimestre 2023

L’Europa si appresta ad affrontare un inverno rigido e, con i tassi di risparmio che continuano a scendere dopo il calo dell’1,7% registrato nel secondo trimestre, la spesa dei consumatori sarà probabilmente sotto pressione. Il calo dell’1,8% su base mensile delle vendite al dettaglio nell’area euro a ottobre è coerente con l’idea che la compressione del reddito reale stia ora raggiungendo i consumatori. La spesa per i servizi è aumentata solo dell’1,5% nel terzo trimestre, rispetto al balzo del 3,1% del secondo trimestre del 2022. Il mercato del lavoro è rimasto abbastanza resistente: la disoccupazione nell’Eurozona ha toccato un nuovo minimo del 6,5% in ottobre, grazie al calo della disoccupazione nell’Europa meridionale, nei Paesi Bassi, in Finlandia e in Austria. È probabile che essa aumenti a causa del rallentamento economico e dell’inasprimento delle condizioni finanziarie che incidono sulle assunzioni. Detto questo, la politica fiscale potrebbe venire in soccorso, dato che i principali governi dell’Eurozona hanno immesso 573 miliardi di euro nell’economia per proteggere il settore privato dalle imminenti ricadute sull’attività economica.  L’inflazione nell’Eurozona è diminuita più del previsto, passando dal 10,6% di ottobre al 10% di novembre. Tuttavia, è difficile affermare con certezza che il tasso d’inflazione abbia superato il suo picco, poiché ciò dipende in larga misura dalle fluttuazioni dei prezzi dell’energia. L’inflazione di base è rimasta al 5% a novembre e probabilmente rimarrà vicina al 5% fino al primo trimestre 2023. Le aziende continuano a trasferire i maggiori costi dei fattori produttivi ai consumatori e, nonostante l’avvicinarsi della recessione, prevediamo che questo processo di spinta all’inflazione dei costi si protrarrà fino al 2023, prolungando la pressione sui prezzi.

La Banca centrale europea divisa tra colombe e falchi

Isabel Schnab (membro del comitato esecutivo della BCE) ha avvertito a novembre che una politica fiscale poco rigorosa rischia di aumentare le pressioni inflazionistiche sottostanti, stimolando i consumi e riducendo gli incentivi al risparmio energetico per i consumatori e le imprese. A nostro avviso, i pacchetti di sgravi, pur essendo consistenti, non sono sufficienti a fornire un sollievo effettivo a consumatori e alle imprese. Schnabel ha inoltre osservato che “il margine per rallentare il ritmo degli aggiustamenti dei tassi di interesse rimane limitato, anche se ci stiamo avvicinando alle stime del ‘tasso neutro’”. Questo approccio “falco” è stato ripreso dal capo della banca centrale olandese Klaas Knot, il quale ha dichiarato che si va verso un’azione troppo limitata della BCE per contrastare l’aumento dell’inflazione, osservando che è necessario un rallentamento dell’economia, o forse addirittura una recessione, per riportare l’inflazione sotto controllo. La Presidente Lagarde ha sottolineato che sarebbe sorpresa se l’inflazione avesse già raggiunto il suo picco, in quanto vi è troppa incertezza sul passaggio degli alti costi energetici all’ingrosso a quelli al dettaglio. Ha aggiunto che la BCE potrebbe essere costretta a entrare in territorio restrittivo con i tassi di riferimento. D’altro canto, il capo della banca centrale francese, Villeroy, che ha spesso anticipato le decisioni effettive della BCE nelle sue dichiarazioni, si è espresso a favore di 50 punti base. Anche i falchi, come il presidente della Bundesbank Nagel e l’estone Mueller, sembrano poter accettare un rialzo di soli 50 punti base.

Ulteriori chiarimenti sul Quantitative Tightening (QT)

È probabile che questa settimana la BCE soddisfi le aspettative del consenso, riducendo il ritmo dei rialzi dei tassi a 50 punti base domani, dopo i due rialzi di 75 punti base di settembre e ottobre. Questa decisione porterà i tassi di deposito e di rifinanziamento rispettivamente al 2% e al 2,5%. Né il picco dell’inflazione né una recessione daranno modo alla BCE di trattenersi dall’aumentare i tassi nel primo trimestre del 2023, ma entrambi suggeriscono che i rischi sono inclinati verso un ritmo più lento di inasprimento. Le prospettive del bilancio, e più specificamente il QT, saranno un altro tema chiave della riunione di domani. Sarà interessante vedere se la BCE sarà spinta a vendere i titoli a titolo definitivo o se si atterrà al roll-off. Ci aspettiamo che la banca centrale inizi con un roll-off dell’Asset Purchase Program (APP) equivalente a una riduzione mensile del bilancio di 25 miliardi di euro in media. Attualmente la BCE sta ancora utilizzando i reinvestimenti del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP) per comprimere gli spread e il Transmission Protection Instrument (TPI) rimane a sua disposizione se le condizioni dovessero deteriorarsi ulteriormente. Entrambi questi strumenti limitano la portata del QT della BCE.