Per la prima volta l’inflazione negli emergenti è più bassa che in Occidente
Sebbene i mercati emergenti abbiano sottoperformato l’andamento dei Paesi sviluppati nel 2022, la performance dell’universo degli emergenti depurata dal dato cinese è in linea con quella del mondo sviluppato. Mentre la Cina affronta le sue sfide così particolari, i mercati emergenti in generale hanno mostrato capacità di recupero nonostante l’aumento dell’inflazione. Il 2022 è forse la prima volta nella storia recente in cui l’inflazione nei mercati emergenti è inferiore a quella del mondo sviluppato. A causa di anni di politiche monetarie accomodanti, deficit fiscali crescenti, contrazione della forza lavoro e squilibri strutturali dovuti alle politiche di welfare, i mercati sviluppati hanno sempre mostrato una certa vulnerabilità.
La crisi degli ultimi anni ha messo a nudo la vulnerabilità di un’inflazione più elevata del solito come elemento di fondo rispetto ai problemi strutturali. A differenza dei paesi sviluppati, la sfera politica negli emergenti è abituata a gestire contesti inflazionistici e un certo grado di volatilità dei mercati e, anche per questo, hanno perseguito politiche macro all’insegna della prudenza. Con l’azione delle banche centrali globali che comprimono la domanda, il mondo uscirà dallo shock inflazionistico iniziale e i mercati si riprenderanno nel 2023. Tuttavia, le sfide della decarbonizzazione, della deglobalizzazione e del deterioramento del tema demografico del mondo sviluppato continueranno a guidare l’inflazione e i cambiamenti nelle economie sviluppate. In particolare, la vulnerabilità dell’offerta nei paesi sviluppati porterà probabilmente a un aumento dell’inflazione a medio termine e a una crescita inferiore ai livelli storici.
Prevediamo che l’inflazione sarà un problema minore per i mercati emergenti, grazie ai dati demografici favorevoli, alla capacità produttiva, alla disponibilità di risorse critiche e all’attenzione per le riforme che si occupano del fronte dell’offerta e delle infrastrutture. Con un’ottica di medio-lungo periodo, prevediamo un cambiamento nel contesto degli investimenti, che probabilmente sarà decisamente diverso da quello degli ultimi dieci anni. È probabile si verifichi un cambiamento di regime, in quanto gli investitori prendono in considerazione l’impatto di un’inflazione e di un costo del capitale superiori alla norma, con vincoli appiccicosi sul lato dell’offerta (energia, materie prime e forza lavoro).
Il cambiamento creerà porterà con sé una divaricazione tra vincitori e vinti a livello globale, regionale e settoriale. I mercati emergenti hanno un’opportunità d’oro per migliorare la propria competitività, dato che l’inflazione livella il campo di gioco a livello globale. I mercati emergenti possono trarre vantaggio dalla loro leadership in termini di crescita, disponibilità di forza lavoro, abilità manifatturiera e disponibilità di risorse. Prevediamo che diversi mercati emergenti beneficeranno in modo sostanziale della delocalizzazione delle catene di fornitura, che è già iniziata. Al contrario, il mondo sviluppato sta imparando ad adattarsi all’inflazione elevata ed è distratto dalle sfide strutturali che gli investitori stanno considerando.