Investimenti nel settore della difesa: un impulso ai titoli made in Italy?

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Nella situazione attuale dove la guerra scoppiata nel 2022 tra Ucraina e Russia continua, il conflitto in corso tra Israele e Palestina infuria e altri scontri congelati, come quello tra Serbia e Kosovo rischiano di aggravarsi, non dovrebbe sorprendere che la spesa militare mondiale abbia raggiunto i massimi storici con 2.240 miliardi di dollari lo scorso anno, come riferisce l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma.

In questo nuovo contesto, anche l’Italia si è impegnata a investire di più nel settore. Il Ministro Guido Crosetto, infatti, si è recentemente detto pronto ad aumentare l’obiettivo di spesa per la difesa del Paese portandola al 2%, rispetto all’1,51% attuale, allineando il target agli obiettivi della NATO. GlobalData, società di consulenza e analisi data londinese, si aspetta ora che l’Italia torni ad avere un bilancio della difesa in crescita, prevedendo un aumento della spesa in valore assoluto da 31,6 a 38,5 miliardi di dollari tra il 2024 e il 2028.

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La sicurezza nazionale, inoltre, non riguarda più solo i confini fisici e la forza militare, ma anche il cyberspazio che è ormai diventato un nuovo campo di battaglia. Di conseguenza, i Governi di tutto il mondo devono ora considerare la sua salvaguardia. Il forte interesse bellico nel cyberspazio è dimostrato dalle ripetute segnalazioni di attacchi informatici propugnati dalla Russia contro l’Ucraina e i suoi alleati. Dall’invasione nel 2022, infatti, sono stati presi di mira 128 organizzazioni governative in 42 Paesi che sostengono l’Ucraina. Nello stesso anno, l’Agenzia Nazionale italiana per la Sicurezza Informatica ha rilevato che il Paese si trova ad affrontare una potenziale ondata di attacchi informatici sostenuti dalla Russia e legati alla guerra. A ragion veduta, il nostro Paese si è impegnato a spendere ogni anno l’1,2% dell’investimento nazionale lordo per rafforzare la propria sicurezza informatica.

Qui di seguito il commento di Hector McNeil, Co-CEO e Co-Founder di HANetf, società che lo scorso luglio ha quotato su Borsa Italiana l’ETF Future of Defence (Ticker: NATO), un prodotto pensato per investire nelle società globali che generano ricavi dalla spesa per la difesa e la sicurezza informatica degli alleati NATO e NATO Plus. Il reparto ricerca e analisi di HANetf monitora costantemente tutti i settori e le industrie coinvolte nei sottostanti dei suoi prodotti di investimento tematici e a seguito dello scoppio di un nuovo conflitto, il team si è mobilitato per cercare di comprendere quali potrebbero essere le ripercussioni per il comparto della difesa, già fortemente sollecitato nel corso dell’ultimo anno e mezzo dalla guerra in Ucraina.

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“Il rinnovato impegno dell’Italia nella spesa militare può potenzialmente favorire i titoli italiani della difesa come Leonardo che, però, non beneficia solo di un aumento della spesa interna. Essendo un attore globale; l’azienda sta lavorando anche per potenziare le capacità di difesa di altri membri della NATO. Ad esempio, nel settembre 2023, è stato annunciato un accordo di partnership tra il Ministero della Difesa britannico. Leonardo ha anche un’esposizione alla crescente domanda delle imprese tedesche del settore della difesa, in quanto detiene una partecipazione del 25% in Hensoldt – una multinazionale con sede in Germania che si concentra sulle tecnologie dei sensori per missioni di protezione e sorveglianza nei settori della difesa, della sicurezza e aerospaziale – posizionandosi in modo da beneficiare anche dell’aumento della spesa interna tedesca destinata alla difesa.

In generale, l’attuale aumento delle tensioni geopolitiche deve essere visto come una tendenza strutturale, non ciclica o guidata da un singolo conflitto. La decisione della Russia di invadere l’Ucraina è stata un campanello d’allarme per l’Europa che ha dovuto fare i conti con la propria compiacenza post-Guerra Fredda in materia di difesa. Per anni, i Paesi della NATO hanno sottovalutato gli investimenti militari e quelli della difesa immaginando che un conflitto su larga scala fosse improbabile. La guerra in Ucraina ha fatto ricredere tutti. I membri europei della NATO stanno prendendo decisioni maggiormente orientate a finanziare tale voce di spesa, proprio come sta facendo l’Italia. Inoltre, le ingenti quantità di scorte fornite all’Ucraina dal Regno Unito e da altri membri della NATO stanno esaurendo e dovranno essere rifornite. Acquisendo un’esposizione ai titoli della difesa, gli investitori possono potenzialmente proteggersi dai rischi posti ad altri asset da un mondo che, purtroppo, potrebbe vedere una retorica più bellicosa o lo scoppio di nuovi conflitti.”