Piazza Affari, il valore nascosto delle mid e small cap italiane

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Analizzando i principali indici di Piazza Affari, emergono due tendenze contrastanti. Da una parte, il Ftse Mib è cresciuto a doppia cifra da inizio anno, toccando quota +15,7% (dati al 25 ottobre 2023). Dall’altra, la performance è stata negativa per tutti gli altri indici di Borsa che sono, tuttavia, maggiormente rappresentativi del tessuto produttivo e industriale del Paese: -4,02% il Mid Cap, – 13,43% lo Small Cap, -14,53% lo STAR; e -16,87% l’Euronext Growth Milan (ex Aim). Il divario da inizio anno tra il segmento STAR e il Ftse Mib è di oltre il 30% e rappresenta un unicum da quando esistono questi due indici. Cosa si cela dietro questa divergenza?

 

A trainare il Ftse Mib è stata soprattutto la performance del settore bancario, che per anni è stato sottopesato nei portafogli dei grandi investitori globali. Nell’ultimo anno le banche hanno beneficiato del rialzo dei tassi, che hanno contribuito a migliorare il margine di interesse, rendendo il comparto più attraente per gli investitori internazionali. Tuttavia, anche quando i tassi si abbasseranno per effetto di una politica monetaria più accomodante, resterà la sfida della marginalità. In un certo senso, si può dire che il Ftse Mib si sia mosso sostanzialmente come il mercato americano, con una manciata di titoli, una decina al massimo, che hanno messo a segno il rendimento di tutto il mercato.

I due fattori che hanno spinto al ribasso le mid/small cap

Il Ftse Mib espone l’investitore a pochi settori, soprattutto il finanziario, l’energetico, le utilities e le infrastrutture. Se cerchiamo diversificazione, occorre fare un po’ di selezione anche tra gli altri indici di Borsa Italiana. Le principali opportunità a Piazza Affari si possono trovare oggi nelle mid e small cap, che però hanno sottoperformato nell’ultimo anno per gli effetti negativi di due fattori tecnici.

Il primo dipende dalla tendenza dei gestori internazionali a disinvestire dalle mid/small cap durante le fasi di risalita dei tassi, per via del forte indebitamento di queste imprese. A livello globale, le PMI fanno spesso ricorso alla leva finanziaria per crescere. La tendenza a indebitarsi è più tenue in Italia. Basta considerare il rapporto tra debito netto ed Ebidta delle imprese comprese negli indici STAR, Small e Mid Cap di Piazza Affari, decisamente più basso rispetto a quello delle large cap incluse nel Ftse Mib. L’andamento del rapporto tra indebitamento e capacità di generare cassa si spiega anche con la spiccata prudenza gestionale degli imprenditori italiani, i quali da sempre preferiscono mantenere un elevato livello di liquidità delle imprese, anche nei periodi di tassi piatti o negativi.

I deflussi dai PIR

La sottoperformance delle PMI italiane dipende anche da un secondo fattore tecnico: i deflussi dai PIR. I flussi in uscita assieme alla riduzione dei volumi di scambio ha portato a vendite forzate, creando però occasione di acquisto interessanti. I PIR sono stati lanciati nel gennaio 2016 per attrarre capitali verso le piccole e medie imprese, che costituiscono da sempre lo scheletro del tessuto industriale italiano. Il beneficio fiscale previsto, a fronte del mantenimento dell’investimento per almeno cinque anni, ha spinto però gli investitori ad adottare un approccio tattico verso questi strumenti. I deflussi registrati da questi veicoli negli ultimi due anni sono aumentati: 1,6 miliardi nei primi nove mesi del 2023, che dovrebbero salire a fine novembre a 1,8 miliardi, stando a proiezioni ancora non ufficiali; oltre mezzo miliardo in tutto il 2022.

Tre titoli da monitorare nelle mid/small cap

Tendenzialmente le mid/small cap tendono ad anticipare le recessioni e, al contrario, a sovraperformare quando ormai la recessione è accertata. Il mercato ora le sta penalizzando molto più di quanto non meritino. Nonostante la recente sottoperformance, per cogliere le opportunità bisogna concentrarsi su quelle aziende che hanno superato le crisi e hanno la capacità di far fronte alle difficoltà guardando al futuro. Bisogna considerare i fondamentali, che al momento non riflettono le valutazioni in Borsa, partendo dalla cassa e dall’indebitamento.

Reply, società inclusa nell’indice STAR, che si occupa di fornitura di servizi e consulenza, era arrivata a trattare anche sopra i 150-160 euro. Oggi ha una valutazione sotto i 90 euro, ma presenta una forte capacità di generare cassa. Sta cavalcando, inoltre, il tema dell’intelligenza artificiale, che ha portato gli investitori a puntare sui competitor americani ed europei. La sua sottoperformance è legata, soprattutto, a motivi tecnici. In questo caso, ai deflussi dai PIR. Era una delle società maggiormente presenti nei fondi e, per una questione di peso, è stata una delle più vendute nell’ultimo anno.

Nel comparto industriale, un altro esempio è Biesse, sempre dell’indice STAR. Si occupa di macchine industriali per il taglio del legno e del vetro. È un titolo legato all’andamento del Capex e dei ciclici, ma con una particolarità: su una capitalizzazione di circa 270 milioni di euro, ha 90 milioni di cassa ed è molto attenta a preservare la marginalità. Nel caso di Biesse, c’è una discrepanza netta tra il prezzo di Borsa e il valore dell’azienda: se guardiamo le valutazioni, sono a livelli di stress; eppure, l’azienda è sana. Reply e Biesse sono due esempi di aziende che hanno tutte le caratteristiche di sovraperformare.

Un altro esempio, nell’Euronext Growth Milan, è Azienda Bresciana Petroli Nocivelli, attiva nel facility management e costruzioni di grandi opere, quindi legata molto al Pnrr. Capitalizza circa 100 milioni di euro, ha circa 40 milioni di cassa e opera in un settore in fermento.