Le previsioni sul futuro demografico del Paese

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L’ Istat ha pubblicato le nuove previsioni sul futuro demografico del Paese, aggiornate al 2023,  che evidenziano tendenze la cui direzione parrebbe irreversibile, pur se in un contesto nel quale non mancano elementi di incertezza.  Va ricordato come l’andamento della piramide demografica produce una serie di significativi effetti sul sistema di welfare.

Quali sono le principali evidenze ?  La popolazione residente è in decrescita: da circa 59 milioni al 1° gennaio 2023 a 58,6 mln nel 2030, a 54,8 mln nel 2050 fino a 46,1 mln nel 2080.  diminuendo di ulteriori 8,8 milioni rispetto al 2050 (-5,8‰ in media annua)

La struttura è oggetto da anni di uno squilibrio tra nuove e vecchie generazioni, dovuto alla combinazione, tipicamente italiana, dell’aumento della longevità e di una fecondità costantemente bassa.

Oggi il Paese presenta la seguente articolazione per età: il 12,4% degli individui ha fino a 14 anni di età; il 63,6% tra 15 e 64 anni; il 24,0% dai 65 anni di età in su.

L’età media, nel frattempo, si è portata a 46,4 anni e ciò colloca l’Italia, subito dopo il Giappone, tra i leader mondiali sul versante della transizione demografica, insieme ad altri Paesi dell’area mediterranea (Portogallo, Grecia, Spagna) e alla Germania.

Le prospettive future comportano un’amplificazione di tale processo, governato più dall’attuale articolazione per età della popolazione che dai cambiamenti ipotizzati circa l’evoluzione della fecondità, della mortalità e delle dinamiche migratorie, in base a un rapporto di importanza, all’incirca, di due terzi e un terzo rispettivamente.

Nel 2050 le persone di 65 anni e più potrebbero rappresentare il 34,5% del totale.  Una significativa crescita è attesa anche per la popolazione di 85 anni e più, quella all’interno della quale si concentrerà una più importante quota di individui fragili, dal 3,8% nel 2023 al 7,2% nel 2050 con margini di confidenza tra il 6,4 e l’8%.

Comunque vadano le cose, quindi, l’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà importante, dovendo porsi l’obiettivo di fronteggiare fabbisogni per una quota crescente di anziani.

Sul versante previdenziale, ad esempio, le ipotesi sulle prospettive della speranza di vita a 65 anni presagiscono una crescita importante, a legislazione vigente, dell’età al pensionamento.

Rispetto agli attuali 67 anni, si passerebbe a 68 anni e 2 mesi a decorrere dal 2035, a 69 anni precisi dal 2045 e a 69 anni e 10 mesi dal 2055.

I giovani fino a 14 anni di età, sebbene nello scenario mediano si preveda una fecondità in parziale recupero, potrebbero rappresentare entro il 2050 l’11,2% del totale. Infatti, sul piano dei rapporti intergenerazionali si presenterà un rapporto squilibrato tra ultrasessantacinquenni e ragazzi, in misura di oltre tre a uno.

A contribuire alla crescita assoluta e relativa della popolazione anziana concorrerà soprattutto il transito delle folte generazioni degli anni del baby boom (nati negli anni ’60 e prima metà dei ’70) tra le età adulte e senili, con concorrente riduzione della popolazione in età lavorativa.

Nei prossimi trent’anni, infatti, la popolazione di 15-64 anni scenderebbe al 54,3% in base allo scenario mediano, con una forchetta potenziale compresa tra il 53,3% e il 55,5%, evidenziando anche qui un quadro evolutivo certo, con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sui fabbisogni da garantire al sistema di welfare.

Nei prossimi 20 anni si prevede un aumento di circa 930mila famiglie: da 26 milioni nel 2023 si arriverà a 26,9 milioni nel 2043 (+3,5%). Si tratta di famiglie sempre più piccole, caratterizzate da una maggiore frammentazione, il cui numero medio di componenti scenderà da 2,25 persone nel 2023 a 2,08 nel 2043. Anche le famiglie con almeno un nucleo (ossia contraddistinte dalla presenza di una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio) varieranno la loro dimensione media da 2,94 a 2,79 componenti. L’aumento del numero di famiglie deriverà prevalentemente da una crescita delle famiglie senza nuclei (+16%) che salgono da 10 milioni a 11,5, arrivando a rappresentare nel 2043 il 42,9% delle famiglie totali (nel 2023 erano il 38,3%). Al contrario, le famiglie con almeno un nucleo diminuiranno di oltre il 4%: tali famiglie, nel 2023 pari a 16,1 milioni (il 61,7% del totale), nel 2043 scenderanno a 15,4 milioni, costituendo così solo il 57,1% delle famiglie

Le famiglie monocomponente, per via della loro composizione per età, hanno un importante impatto sociale, considerando che è soprattutto nelle età più avanzate che le persone sole aumentano in modo significativo. Già nel 2023, tra i 9,3 milioni di persone sole quelle con 65 anni è più ammontano a 4,4 milioni, costituendo il 47,5% del totale. Negli anni a venire l’incidenza di ultrasessantacinquenni sul complesso delle famiglie unipersonali cresce in misura consistente. Nel 2043, grazie a una crescita di ben il 40%, gli ultrasessantacinquenni soli raggiungeranno i 6,2 milioni, arrivando a costituire il 57,7% dei 10,7 milioni di persone che si prevede vivranno sole.

Per effetto della prolungata bassa fecondità, senza significativa soluzione di continuità negli ultimi decenni si prevede una prosecuzione della diminuzione delle coppie con figli. Tale tipologia familiare, che oggi rappresenta quasi tre famiglie su 10 (29,8%), nel 2043 potrebbe scendere a meno di un quarto del totale (23,0%). Tra il 2023 e il 2043 la consistenza delle coppie con figli evolve al ribasso da 7,8 a 6,2 milioni di famiglie (-20%).

La diminuzione più consistente si registrerà tra le coppie con almeno un figlio di età compresa tra 0 e 19 anni (-23%): di tale tipologia, che oggi raccoglie cinque milioni di famiglie, se ne prevede una discesa a 3,9 milioni nel 2043, con una quota rappresentativa del totale prevista in calo dal 19,2% al 14,3%. Al contrario, si prevede per le coppie senza figli un aumento da 5,3 milioni nel 2023 a 5,9 milioni dopo 20 anni (+11%). La loro quota di rappresentanza sul totale delle famiglie cresce così dal 20,3 al 21,8%.

Gli effetti dei cambiamenti demografici si ripercuotono anche sui ruoli giocati dalle persone all’interno delle famiglie. La bassa fecondità, per esempio, esercita un effetto sia sulla presenza di genitori sia su quella dei figli, così come l’aumento della popolazione anziana si traduce in crescita di famiglie monocomponente.

Per effetto della bassa fecondità, i figli saranno sensibilmente di meno: tra i 15 e i 19 anni, dove oggi si riscontra un picco di ragazzi di 2,8 milioni di individui, nel 2043 si scenderà a poco più di due milioni. Le persone in coppia con figli si ridurranno in particolare tra i 50 e i 54 anni (da 2,6 milioni a 1,7) mentre tra i 70 e i 74 anni aumenteranno particolarmente le persone in coppia senza figli (da 1,6 milioni a 2,1). Infine, le persone sole oggi presentano un picco di 1,1 milioni tra gli ultraottantacinquenni ma tra 20 anni si vedrà crescere tale contingente a 1,6 milioni. Ciò che invece non sembra interessato da un profondo cambiamento è la sequenza dei passaggi nel ciclo di vita, soprattutto tra i giovani. Superata la fase della adolescenza e della giovane età, dove oggi l’89% dei 20-24enni è nella posizione di figlio (88% nel 2043), nella fascia 25-29 anni e ancora in quella 30-34 anni l’essere figlio rappresenta e continuerà a rappresentare la condizione esistenziale prevalente (rispettivamente 64% e 31% nel 2023 contro 63% e 30% nel 2043). Cosicché solo dai 35-39 anni prevale la condizione di individuo in coppia con figli (47% nel 2023), in parte prevista in diminuzione negli anni a venire (43% nel 2043)