Prospettive cautamente ottimiste per Cina e Asia ex Japan con Trump
Sono passate tre settimane dalle elezioni americane e i mercati si affannano a prevedere quale sarà il potenziale impatto della presidenza di Donald Trump sull’economia globale, in particolare su Cina e il resto dell’Asia, Giappone escluso.
La realtà è che non abbiamo ancora abbastanza dettagli su quali saranno le politiche future per farci una vera e propria opinione. Sappiamo che alcuni dei primi ad essere stati nominati membri del gabinetto di Trump hanno assunto, storicamente, un atteggiamento aggressivo nei confronti della Cina. D’altra parte, ci sono altri componenti del governo che hanno attività commerciali di rilievo nella regione: Tesla, ad esempio, produce metà dei suoi veicoli in Cina, un mercato che rappresenta anche un terzo delle sue vendite.
Sebbene l’aumento dei dazi (già presenti in misura significativa su molte merci cinesi) sembri inevitabile, c’è ancora margine per essere ottimisti: l’Asia è una delle aree più dinamiche del mondo ed è sede di molte aziende di livello mondiale. Poiché la forza dei fattori esterni si è forse ridotta, l’onere di garantire il futuro della crescita economica della regione ricadrà ora su soluzioni interne.
Che cosa ha imparato la Cina dall’amministrazione Trump 1.0
Non dimentichiamo che la Cina non è nuova ai dazi di Trump o anche di Biden. Trump ha introdotto i dazi durante la sua prima presidenza e, nel maggio di quest’anno, il presidente uscente Joe Biden li ha nuovamente aumentati: alcuni entreranno in vigore immediatamente, mentre altri sono attualmente previsti per il 2025 e il 2026.
Il Paese si è inoltre impegnato a fondo per diversificare le proprie esportazioni dopo l’ultima amministrazione Trump, riducendo la propria dipendenza dagli Stati Uniti e da altri mercati sviluppati e aumentando la propria presenza nei mercati emergenti, riuscendo così a conservare il titolo di maggiore esportatore mondiale.
I riflettori sono ora puntati su quale sarà la risposta della Cina agli ultimi sviluppi. I mercati hanno chiesto a gran voce un grande pacchetto di stimoli per scuotere l’economia dal torpore post-Covid e le recenti iniziative in tal senso hanno ricevuto una reazione piuttosto tiepida. All’inizio del mese, il governo ha annunciato uno swap del debito degli enti locali, che era ampiamente atteso, e ha ribadito il suo impegno a rompere il ciclo della deflazione stabilizzando il mercato immobiliare e quello del lavoro.
Tuttavia, i dettagli rimangono vaghi e l’entità della risposta politica cinese dipenderà probabilmente dagli sviluppi della politica statunitense. Il sentiment degli investitori, in particolare nei settori dipendenti dai consumi, è stato influenzato negativamente dalla percezione della mancanza di piani di stimolo dettagliati da parte del governo, anche se riteniamo che le iniziative del governo siano appena iniziate.
Per rassicurare gli investitori, il governo cinese ha ribadito che le misure di stimolo possono essere aumentate se necessario.
L’approccio della Cina agli stimoli futuri sarà graduale, piuttosto che reattivo, consentendo aggiustamenti in base all’evoluzione del panorama politico statunitense.
Tuttavia, le prospettive a lungo termine rimangono positive, soprattutto per i settori con quote di mercato in crescita e per quelli che beneficiano di programmi di stimolo e di un alto livello di rinnovo della clientela.
L’Asia non è solo Cina
È importante notare che la storia dell’Asia è varia e non dipende solo dalla Cina. Il Sud-Est asiatico, Taiwan, la Corea e l’India sono economie dinamiche e, in alcuni casi, intrattengono rapporti più amichevoli con gli Stati Uniti. Questa diversificazione potrebbe attenuare l’impatto più ampio di eventuali relazioni negative tra Stati Uniti e Cina derivanti dalle politiche di Trump.
Inoltre, questi Paesi potrebbero trarre vantaggio dal trasferimento di attività produttive fuori dalla Cina.
L’influenza di Trump si farà probabilmente sentire attraverso i movimenti delle valute, i cambiamenti di politica monetaria e potenzialmente anche i dazi.
Prevediamo che le banche centrali asiatiche adotteranno probabilmente un atteggiamento più cauto in materia di allentamento monetario, dato il rafforzamento del dollaro e le previste politiche inflazionistiche negli Stati Uniti, che potrebbero portare a un percorso di riduzione dei tassi più graduale da parte della Federal Reserve.
Mentre il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina si è ridotto a partire dall’ultima amministrazione Trump, i deficit con altri paesi esportatori asiatici sono aumentati, attirando potenzialmente più attenzione. L’obiettivo di Trump di ridurre i deficit commerciali potrebbe portare a dazi su altre economie asiatiche. Il loro potenziale impatto potrebbe essere avvertito ben prima della loro implementazione, in quanto l’aumento dell’incertezza potrebbe deprimere la fiducia delle imprese, portando a ritardi o a un calo degli investimenti di breve periodo.
In definitiva, sebbene la vittoria di Trump aggiunga incertezza, la natura diversificata delle economie asiatiche, unita all’approccio metodico della politica cinese, fornisce un cuscinetto contro potenziali turbolenze economiche. Le riforme strutturali della regione e l’emergere di nuovi cicli tecnologici continuano a offrire forti catalizzatori di crescita, evidenziando un outlook cautamente ottimista.