Il rialzo dei tassi non spaventa i mercati

di Fidelity Worldwide Investments -

La decisione della Federal Reserve testimonia la buona salute dell’economia Usa. E non dovrebbe frenare il trend positivo dell’azionario Usa

Così come atteso dal mercato, nel meeting di dicembre il Fomc (Federal Open Market Committee, il comitato della Federal Reserve dedicato alla politica monetaria, ndr.) ha innalzato i tassi di interesse dello 0,25%.

Quali sono le reazioni degli investitori alla decisione? “Sino ad ora, la Fed si è mossa con uno spirito opportunamente pragmatico, cercando di gestire le aspettative del mercato nel modo più cauto possibile”, commenta Angel Agudo, gestore di FF America Fund. “Il rialzo dei tassi era stato chiaramente segnalato ed era ampiamente atteso, pertanto non dovrebbe giungere come uno shock per i mercati”.

Mentre per quanto riguarda le prospettive dell’economia degli Stati Uniti, Dominic Rossi, Global Chief Investment Officer azionario di Fidelity International, sottolinea che “i consumi Usa supereranno agevolmente modesti aumenti dei tassi di interesse e l’economia nazionale potrebbe senz’altro registrare una performance elevata”.

E Nick Peters, gestore della gamma di fondi multi asset GMAT (FF Global Multi Asset Tactical Defensive Fund e FF Global Multi Asset Tactical Moderate Fund), aggiunge: “le probabilità di un aumento, secondo i mercati, erano di oltre il 75%, e i dati incoraggianti sull’occupazione del mese di dicembre avevano rafforzato le previsioni di un aumento questo mese. In ultima analisi il rialzo dei tassi è un segno di fiducia nell’economia Usa e nel protrarsi dell’espansione economica. Nel corso dei prossimi mesi la Fed monitorerà la reazione dell’economia (e dei mercati) a questo aumento”.

Da tempo il futuro andamento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti è uno dei temi che preoccupano maggiormente i mercati finanziari, influenzandone l’andamento non solo negli Usa ma in tutto il mondo.

Fidelity International ha analizzato le aspettative del mercato e valutato se le preoccupazioni degli investitori per il possibile impatto degli aumenti dei tassi siano giustificate o meno. Al riguardo, seppur comprensibili, i timori sono a nostro avviso eccessivi, e a questo riguardo, sebbene il passato non sempre indichi cosa riserverà il futuro, è utile osservare che i dati storici fanno ritenere molto improbabile che l’aumento dei tassi possa interrompere il trend rialzista del mercato azionario Usa:

– In genere, nel periodo immediatamente successivo al primo rialzo, la volatilità si accentua e sono possibili correzioni.

– Tuttavia, come dimostra il grafico sottostante, nell’anno successivo al primo rialzo dei tassi, i rendimenti sono stati positivi in tutti e quattro i cicli considerati, con una crescita media del 6,8%.

Rendimenti del S&P 500 nei 12 mesi successivi
agli ultimi quattro rialzi dei tassi

sp e rialzi tassi

Fonte: Fidelity International, dicembre 2015.

 

La spiegazione di ciò si può trovare nella crescita economica, la cui solidità costituisce una precondizione ai rialzi dei tassi da parte della Banca Centrale.
A queste considerazioni di natura storica si aggiunge il fatto che l’inasprimento delle condizioni finanziarie statunitensi è già iniziato da tempo, ormai da 18 mesi. La ragione è da ravvisare soprattutto nel rafforzamento del dollaro Usa, ma anche nel moderato ampliamento degli spread creditizi.

Nonostante l’inasprimento delle condizioni finanziarie avutosi sino ad oggi, la performance dei titoli azionari Usa non ha registrato nessun impatto negativo degno di nota, ma anzi una crescita dell’indice S&P 500.

Quale sarà il ritmo dei futuri rialzi dei tassi?

Negli ultimi tre decenni i cicli di aumento dei tassi di interesse Usa sono coincisi normalmente con periodi caratterizzati dall’aumento delle pressioni inflazionistiche e da una crescita economica globale solida. Tuttavia, nonostante siano emersi di recente segni di una crescita dei salari statunitensi, l’inflazione rimane nel complesso molto bassa (oscillando sostanzialmente attorno allo zero dall’inizio del 2015), mentre l’economia globale è tutt’altro che solida, con gli indicatori anticipatori in crescita, negli ultimi sei mesi, in meno della metà delle 40 maggiori economie del mondo.

Un simile scenario sembra suggerire che il ritmo dell’innalzamento dei tassi sarà più graduale di quanto avvenuto in passato. Stanley Fischer, vicepresidente della Fed, ha in effetti espresso il parere che il ritmo degli aumenti dei tassi sarà più simile a quello di una ‘lenta arrampicata’ che a un ‘decollo’.

Alla probabile predilezione per la cautela e la gradualità contribuiranno anche le esperienze del 1994, anno in cui la Fed fu accusata di aver alzato troppo rapidamente i tassi, e del 1936, quando risultò evidente che non avrebbe dovuto alzarli affatto. A questo riguardo, le stime degli stessi membri della Fed inerenti i tassi nei prossimi anni sono state riviste al ribasso.

La prospettiva di un livello dei tassi di interesse Usa basso rispetto ai dati storici può essere sostenuta anche sulla base di alcuni importanti argomenti strutturali favorevoli al contenimento dei tassi.

In particolare, sempre maggiori sono i segnali che indicano come i risparmi globali siano strutturalmente elevati, a causa di fattori quali l’invecchiamento delle popolazioni e gli avanzi strutturali delle partite correnti, che in termini economici si traducono in un eccesso di risparmi. D’altra parte, anche la domanda globale di investimenti è strutturalmente bassa per effetto di fattori come il calo del prezzo relativo dei beni d’investimento e il profilo a minore intensità di capitale delle società.

Dati i risparmi elevati e il basso livello di investimenti, la conclusione logica è che i tassi di interesse, che come sappiamo equilibrano l’offerta di risparmi e la domanda di investimenti, devono essere strutturalmente bassi.

Andrew Wells, Chief Financial Officer obbligazionario e multi asset di Fidelity International conclude: “la “normalizzazione” avverrà quasi certamente con un ritmo lento e progressivo. Se i mercati hanno visto giusto, si tratterà del ciclo di inasprimento più graduale mai visto da quando la Banca Centrale americana fissa il proprio target inflazionistico”.