Unit linked, Generali condannata a risarcire

di Rosaria Barrile -

Una sentenza del Tribunale di Venezia mette in discussione il modo in cui in passato sono state vendute alcune polizze dal contenuto finanziario

Per chi ha sottoscritto una polizza unit linked prima del 2006, prima dell’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni, e ha subito delle perdite, si aprono nuove opportunità per ottenere il risarcimento. A fornire il presupposto giuridico è una sentenza del tribunale di Venezia che ha dato ragione ad una risparmiatrice che ha intentato causa contro la compagnia assicurativa Generali.

Nel 1999, la signora, una commerciante di Chioggia in provincia di Venezia, in procinto di andare in pensione, si rivolge ad un’agenzia della compagnia assicurativa per “mettere al sicuro” i propri risparmi fino a quel momento tenuti in casa. La compagnia le propone di investire la somma, pari a circa 220 milioni delle vecchie lire, in alcune polizze vita denominate “Valore Quota”. In un primo momento la signora sottoscrive due polizze per l’importo di 10 milioni di lire ciascuna e successivamente altre due polizze per l’importo di 100 milioni di euro ciascuna.

Nel 2008 chiede di riscattare le polizze ma apprende che il loro valore è pari alla metà rispetto a quando le aveva sottoscritte. In sostanza quelle sottoscritte dalla signora non erano tradizionali polizze vita, ma erano “unit-linked”, polizze legate all’andamento di alcuni fondi di investimento, e questi nel corso del tempo avevano perso progressivamente valore.

Dopo aver presentato diversi reclami e una domanda di conciliazione davanti alla Camera di commercio di Padova, la sottoscrittrice decide di portare in tribunale la compagnia, affidandosi agli avvocati Franco Portento e Giovanna Giacomelli dello studio legale Giacomelli di Padova.

Al termine del procedimento, il tribunale di Venezia (con la sentenza 3579/2015, pubblicata lo scorso 5 novembre) ha accolto la domanda di risarcimento della signora, affermando la responsabilità della compagnia assicurativa, sia per non aver fornito adeguate informazioni alla cliente prima di concludere l’operazione, sia per aver concluso un’operazione non adeguata al profilo della cliente.

Generali è quindi stata condannata a risarcire il danno patito, ritenuto dal giudice equivalente alla differenza tra le somme investite e le somme riscattare pari ad euro 49.778,63 euro oltre alla rivalutazione, più le spese di lite pari a 470 euro, e 7.254 euro per compensi professionali.

La sentenza mette in discussione il modo in cui in passato sono state vendute alcune polizze assicurative che avevano un contenuto finanziario. Il giudice ha ravvisato nella polizza venduta alla risparmiatrice la natura tipica di un prodotto finanziario, perché il rischio era tutto a carico dell’investitore e non della compagnia assicurativa. Discorso diverso invece per le polizze assicurative tradizionali in cui a fronte del pagamento di un premio, la compagnia assicurativa si assume interamente il rischio dell’evento oggetto della polizza.

Nel caso in questione la polizza assicurativa era una unit linked in cui la prestazione a carico della società di assicurazione era collegata al valore di un fondo azionario prescelto al momento della sottoscrizione. La stessa compagnia assicurativa in un documento afferma che la “somma investita in una polizza unit linked è usata per comprare quote di fondi: in parole semplici le polizze sono un contenitore di fondi”. Il giudice ha ritenuto che in pratica tale contratto fosse di natura mista, in parte assicurativo e in parte finanziario e che a quel punto doveva applicarsi la disciplina del contratto prevalente ovvero quella in questo caso del prodotto finanziario.

Come si legge nella sentenza, per il giudice “l’assicuratore prudente e zelante, essendo per ciò solo rispettoso delle norme di legge, prima di proporre contratti assicurativi deve rispettare l’art. 1175 del codice civile e quindi offrire contratti utili e informare il contraente delle caratteristiche del contratto.

L’omissione di queste informazioni costituisce infatti una condotta negligente ai sensi dell’art.1176 del codice civile comma 2”.

Ancora prima quindi dell’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni i contratti che offrivano polizze unit linked si sarebbero dovuti qualificare come contratti di investimento in strumenti finanziari.

Per il giudice la compagnia ha violato gli obblighi imposti dal regolamento Consob 11522 del 1998 tra cui l’insufficienza delle informazioni contenute nella nota illustrativa consegnata alla cliente, la mancata raccolta delle informazioni sulla situazione finanziaria, sull’esperienza, la propensione al rischio e la situazione patrimoniale, e la mancata consegna del documento sui rischi generali dell’investimento.