Se il petrolio scende sotto i 30 dollari

di Fidelity Worldwide Investments -

Il prezzo del greggio ha perso il 50% da fine giugno. Un calo tanto repentino non può che avere un impatto sull’intera economia, e anche sugli investimenti: favorendo alcuni settori a scapito di altri

La prospettiva storica
Dopo il calo del 30% circa subito da fine ottobre e del 50% circa da fine giugno, che di recente ha spinto il prezzo del barile sotto i 30 dollari, molti analisti sono stati colti di sorpresa dall’entità del crollo delle quotazioni petrolifere.

Solo nell’ottobre 2014, la Banca mondiale prevedeva un prezzo medio del petrolio al barile di 96 dollari per il 2015.

Come illustra il grafico qui sotto, l’attuale crollo delle quotazioni petrolifere (linea blu) è stato particolarmente drastico se confrontato con quasi tutti i periodi precedenti.

Attuale ciclo delle quotazioni petrolifere vs. cicli precedenti

prezzo greggio

La prospettiva dal lato dell’offerta
L’elevato livello delle quotazioni petrolifere, in media a ben 95 dollari al barile nel periodo 2011-14, ha incentivato a investire sensibilmente nella produzione ed esplorazione in campo petrolifero, anche in fonti di petrolio più costose.

In particolare, il periodo prolungato di forza delle quotazioni petrolifere ha coinciso con la rivoluzione della shale energy negli Usa, principale causa dell’impennata dell’offerta di carburanti liquidi e greggio negli Stati Uniti che, nel triennio conclusosi a fine 2015, ha raggiunto un totale di 3,9 milioni di barili al giorno.

Guardando in prospettiva l’impennata realizzata dallo shale oil statunitense nel periodo 2012-15, si nota come il quarto produttore petrolifero al mondo per dimensioni, l’Iraq, abbia prodotto 4,1 milioni di barili al giorno nel 2015.

La prospettiva dal lato della domanda
A fronte di un’offerta petrolifera globale che ha continuato a crescere come descritto, la domanda globale di petrolio si è al contempo indebolita, essenzialmente a causa del rallentamento della crescita economica in Cina.

Il rallentamento della Cina ha compromesso l’andamento della domanda di petrolio in quanto il Paese ne è il maggiore importatore al mondo e negli ultimi anni è stato anche una fonte essenziale per la crescita della domanda petrolifera. Secondo i dati dell’Eia, nel periodo 2011-15 la Cina ha contribuito per oltre il 40% alla crescita dei consumi di combustibili liquidi globali, mentre per il 2016-17 si prevede che questo contributo scenderà in media al 22%. L’economia cinese sta infatti vivendo anche una fase di transizione verso un modello di crescita orientato ai consumi privati e maggiormente incentrato sulla qualità della crescita anziché sulla quantità.

Cosa ci riserva il futuro?
Mentre a livello globale i prezzi sembrano destinati per un certo periodo a restare ridotti rispetto al passato e la volatilità resterà probabilmente elevata nel breve periodo, ci sono le basi per un cauto ottimismo rispetto a un prossimo raggiungimento dei minimi e a un certo consolidamento dei prezzi.

Gli investimenti petroliferi globali sono in deciso calo, e i produttori che hanno ridotto i nuovi progetti e, soprattutto, per la produzione statunitense di shale oil è prevista una riduzione di 0,5 milioni di barili al giorno nel 2016, una misura che contribuirebbe a ridurre lo squilibrio domanda/offerta a livello globale.

Le conseguenze sugli investimenti
Dato che il petrolio ha un ruolo di primaria importanza nell’economia globale, il calo delle quotazioni petrolifere ha molte ripercussioni sia a livello settoriale sia di singoli titoli. In linea generale, le aree in cui il petrolio rappresenta un importante costo di produzione risultano avvantaggiate, mentre le aree in cui i ricavi dipendono dall’andamento delle quotazioni petrolifere sono penalizzate.

Tra i settori avvantaggiati vi sono:
Automotive: il calo delle quotazioni petrolifere favorisce la domanda di veicoli a motore, in particolare di veicoli ad alti consumi come i Suv.
Agricoltura: il calo delle quotazioni petrolifere tende a far scendere i costi di gestione, tra cui i costi di trasporti, fertilizzanti e macchinari agricoli.
Prodotti chimici: dato che il greggio può rappresentare gran parte dei costi sostenuti dalle società di prodotti chimici per l’acquisto di materie prime, il calo delle quotazioni petrolifere è una buona notizia.

Tra i settori svantaggiati dal calo delle quotazioni petrolifere:
Produzione ed esplorazione in campo petrolifero (E&P): il calo delle quotazioni petrolifere è naturalmente una cattiva notizia per le società di E&P in campo petrolifero, soprattutto per quelle caratterizzate da leva elevata e prezzi di breakeven superiori.
Beni strumentali energetici: il calo delle quotazioni petrolifere implica una riduzione degli investimenti in E&P, con una conseguente flessione della domanda di beni strumentali energetici.
Energia pulita/alternativa: il calo delle quotazioni petrolifere riduce di fatto l’attrattiva economica di molti prodotti orientati all’energia rinnovabile/pulita.

I commenti dei gestori
“Attualmente è cruciale capire se gli inattesi introiti derivanti dai ridotti prezzi dell’energia saranno spesi o messi da parte”, sottolinea Dominic Rossi, Cio Azionario di Fidelity International. “Secondo i dati in nostro possesso, fino a questo momento i consumatori hanno scelto la seconda opzione. La tesi a favore di una buona performance dei mercati azionari nel 2016 è subordinata alla spesa di questi inattesi introiti/ulteriore reddito, in modo che i consumatori statunitensi diventino il futuro motore della crescita economica degli Stati Uniti, raccogliendo il testimone dal settore corporate. Nonostante i primi segnali di un recupero del settore automobilistico e immobiliare, non si può ancora parlare di una ripresa significativa o generalizzata a livello economico”.

“In termini di reddito azionario, sono ancora prudente rispetto alle major petrolifere”, aggiunge Daniel Roberts, Gestore di FF Global Dividend Fund di Fidelity International. “Già quando il greggio si attestava a quota 75 dollari al barile, i dividendi offerti dal settore petrolifero non erano coperti da flussi di cassa disponibili, e oggi sono più fragili che mai, tanto che, per onorare i pagamenti, le società devono ricorrere a cessioni di beni o aumentare il proprio indebitamento. Continuo pertanto a monitorare il settore con estrema attenzione”.

“Il calo del costo del petrolio rappresenta un fattore positivo per l’andamento dell’economia nel lungo periodo in quanto porta a un aumento dei consumi o una riduzione dell’indebitamento”, conclude David Buckle, Responsabile della ricerca quantitativa, Reddito fisso di Fidelity International. “Il calo delle quotazioni petrolifere non dovrebbe quindi esseree interpretato come un segnale di per sé negativo per l’economia”.