Post referendum: il no era già “prezzato” nei bond

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Sul mercato azionario invece, le maggiori tensioni riguardano le banche. Ecco il commento dei gestori di Fidelity International

Il risultato del referendum sulla riforma costituzionale, quasi scontato nell’esito, ha sorpreso per le dimensioni, con il no che ha superato il 59%. Ciononostante le ripercussioni sul mercato obbligazionario sono state, finora, contenute: il voto negativo era già “prezzato” nei titoli. Più complessa la situazione sul mercato azionario, in particolare per quanto riguarda il settore delle banche, come spiegano Alberto Chiandetti, Gestore di FF Italy fund di Fidelity International e David Simner, Gestore di FF Euro Bond Fund e FF Euro Short Term Bond Fund di Fidelity International.

“Come si può vedere dalla reazione del debito obbligazionario, un voto negativo era già scontato nei prezzi”, afferma Chiandetti. “Per i titoli azionari, invece, l’attenzione sarà chiaramente incentrata sulle banche, i cui azionisti affrontano imminenti aumenti di capitale. Ci aspettiamo cioè che la reazione dei prossimi giorni possa essere non positiva; sono però altresì convinto che il voto fosse già scontato nei prezzi e che guardando al futuro sia importante concentrarsi sulle ricapitalizzazioni bancarie”.

“Guardiamo ovviamente con particolare interesse a Monte Paschi e alla possibilità o meno che si concretizzi un investitore di riferimento; maggiore chiarezza al riguardo si potrebbe avere già quest’oggi. La seconda questione è l’imminente aumento di capitale di Unicredit, il cui importo sarà ufficialmente indicato il 13 dicembre. Non è possibile escludere che un contesto difficile per le banche italiane possa pesare sugli istituti di credito interessati da aumenti di capitale”, aggiunge il gestore.

Concorda con il collega David Simner: “Il voto di ieri, contrario alla riforma costituzionale, era già largamente prezzato sui mercati obbligazionari, così come sembra confermare la reazione iniziale dei mercati di questa mattina. Al momento i rendimenti dei BTP decennali sono inferiori a quelli con cui hanno aperto venerdì mattina, e lo spread rispetto ai Bund decennali è ancora lontano dai livelli più alti registrati nelle ultime settimane. Non c’è infatti un senso di “panico” sul mercato. Mentre le dimissioni di Renzi possono essere una sorpresa, le probabilità di elezioni anticipate rimangono basse a questo punto. L’ipotesi più probabile è la nomina di un governo di transizione nei prossimi giorni”.

“Per il mercato obbligazionario italiano, la data chiave rimane la riunione della BCE di giovedì 8 dicembre, nella quale ci aspettiamo un’estensione del programma di QE di almeno altri sei mesi oltre il marzo 2017”, aggiunge Simner. “Il continuo sostegno della BCE ai titoli di Stato europei rende a nostro avviso improbabile un ampliamento significativo dello spread sui BTP, e una maggiore incertezza dei mercati sosterrà una posizione meno aggressiva da parte del Consiglio direttivo della BCE. Per questo, quindi, a nostro parere eventuali tensioni sui titoli di Stato periferici sarebbe dunque una opportunità di acquisto”.

“I titoli finanziari rimangono sotto pressione, e gli investitori terranno d’occhio le implicazioni che il “no” avrà sulle prossime ricapitalizzazioni di Montepaschi e UniCredit. Ci sentiamo tuttavia di confermare la nostra view positiva sui titoli finanziari italiani in ambito obbligazionario, in particolare sui principali campioni nazionali, che continueranno a beneficiare di una capitalizzazione più solida, di margini di profitto migliori e di una maggiore quota di mercato”, conclude.