Età pensionabile e speranza di vita: in Italia cresce la mortalità

Walter Quattrocchi -

Il demografo Blangiardo lancia l’allarme sulle morti in aumento e le poche nascite

La speranza di vita nel nostro Paese sta diminuendo, come dimostra il balzo in avanti del tasso di mortalità registrato nei primi tre mesi del 2017, che raggiunge un 15% in più rispetto allo stesso periodo del 2016.
A lanciare l’allarme è il demografo Gian Carlo Blangiardo dell’Università degli studi di Milano Bicocca, che ha elaborato i dati Istat del primo trimestre del 2017.
Il dato crescente sulla percentuale dei decessi è persino maggiore del 2% rispetto ai primi mesi del 2015, un anno che pur si era distinto negativamente per una sorprendente impennata della mortalità.
L’impatto della crescente mortalità sul criterio della speranza entra nel dibattito dell’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita, che dovrebbe subire il terzo innalzamento dal 2013 e che sarà deciso dal Mef il prossimo autunno, anche se con decorrenza nel 2019.
Nell’autunno infatti l’Istat sarà in grado di fornire i dati previsionali sull’aspettativa di vita, in base agli andamenti della speranza di vita dal 2013 al 2016.
Il calo della speranza di vita nel 2017 non entrerebbe quindi nel calcolo, ma se l’allungamento della vita non è più un dato inevitabilmente in ascesa, anche le stime della Ragioneria dello Stato, che prevedono aumenti dell’età pensionabile fino al 2050 ( con 70 anni di età per l’assegno di vecchiaia ), potrebbero essere ricalcolate al ribasso.

La ricerca
Nel primo trimestre del 2017 sono stati conteggiati 192mila decessi, il 14,9% in più rispetto allo stesso periodo del 2016.
Secondo lo studio del Prof Blangiardo va rilevato che, se la variazione osservata in questo primo trimestre dovesse valere per l’intero anno, ci troveremmo a contabilizzare nel 2017 ben 707mila morti, un dato simile a quello del 1944, ma con condizioni di vita ben diversi.
Nel complesso, estrapolando su base annua i primi dati trimestrali su natalità e mortalità avremmo, secondo la ricerca del demografo, un saldo naturale per il 2017 di segno negativo, più morti che nati, per 346mila unità: un valore quasi equivalente alla somma dei due saldi, già negativi, che si sono registrati nel precedente biennio 2015-2016.
Secondo il Prof Blangiardo l’attenzione non dovrebbe focalizzarsi tanto sull’invecchiamento della popolazione, piuttosto sulla debolezza dell’assistenza sanitaria e familiare nella fase finale della vita, di cui fanno le spese i soggetti più deboli .

L’immigrazione salva i conti pensionistici, un falso mito
Infine il demografo rivela che l’immigrazione ha arrestato il suo ruolo di compensazione del saldo negativo tra nati e morti in quanto il tasso di natalità delle straniere sta scendendo.
Secondo lo studioso per favorire le nascite vanno sostenute le politiche familiari, migliorati i servizi, varate leggi sulla conciliazione tra famiglia e lavoro, incentivati economicamente chi fa figli e soprattutto va introdotto il quoziente familiare che in Francia fa registrare 200-300 mila nascite in più ogni anno rispetto all’Italia .
Riguardo alla spesa previdenziale, secondo il Prof. Blangiardo, non è con l’immigrazione che si aggiustano i conti pensionistici, ma aumentando il tasso di partecipazione al mercato del lavoro di giovani e donne italiane e alzando il livello delle retribuzioni.