SYZ AM – Commento sulla reazione dei mercati alla bozza DEF

Antonio Ruggeri -

La reazione di questa mattina degli investitori non dovrebbe sorprendere, dopo che il governo italiano ha approvato nella notte di giovedì la bozza del Def che stabilisce al 2,4% il deficit per i prossimi 3 anni.

Di per sé non si tratta di un deficit di bilancio enorme (anche confrontandolo con quello di altri paesi), ma i titoli delle banche italiane e Ie obbligazioni subordinate sono stati colpiti duramente all’apertura della Borsa.

È ancora difficile stabilire se la reazione del mercato sia ragionevole o eccessiva, ma la motivazione è evidente ed è collegata con l’impatto sui titoli di debito sovrano presenti nei bilanci delle banche e con l’impatto più indiretto sul processo in corso di pulizia dei bilanci dagli NPL.

La quantità di debito italiano detenuta dalle banche inoltre è cresciuta durante l’estate di circa 400 miliardi di euro e ciò, combinato con l’aumento degli spread, avrà di certo un impatto sulle entrate già nel 2018. Allo stesso tempo, l’impennata degli spread comporta costi di finanziamento più alti e uno scenario più difficile per la gestione degli NPL.

D’altro canto, vogliamo sottolineare anche come molto sia già stato fatto in termini di ricapitalizzazione e di dismissione degli NPL, e come ciò abbia reso le banche italiane molto più attrezzate di quanto non lo fossero nel 2011. Le prime 5 banche hanno accumulato più di 30 miliardi di nuovo capitale e perciò, quando tornerà la calma, potrebbero anche aprirsi delle opportunità nel settore, in cui al momento i titoli hanno visto un ribasso del 15% da inizio anno.

Nel breve termine, comunque, il problema principale rimarrà il debito sovrano. Ci sono almeno tre ragioni, a nostro parere, per cui i mercati stanno colpendo così duramente i titoli di stato italiani.

Innanzitutto, e non è di certo una notizia, l’Italia ha oggi un rapporto debito/PIL molto alto (sopra il 130%) che, viste le attuali stime di crescita, probabilmente aumenterà ancora nei prossimi 3 anni.

In secondo luogo, fissare un deficit per i prossimi 3 anni mostra una certa volontà di sfidare le istituzioni europee, cosa che innervosisce sempre gli investitori.

Infine, il deficit fissato è molto più alto di quell’1,6% che il ministro dell’Economia aveva promesso durante tutto il mese di settembre, cercando di rassicurare i mercati dopo che lo spread era balzato di nuovo a 300 punti base in agosto. Tria non si dimetterà, ma è inevitabile che la sua credibilità ne esca in parte danneggiata, essendosi dovuto arrendere alle pressioni delle forze politiche che costituiscono il governo.


Antonio Ruggeri – gestore del fondo OYSTER European Corporate Bonds – SYZ Asset Management