Rating ESG: 5 istruzioni per l’uso

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Con gli aspetti ESG ormai entrati di diritto nell’arena degli investimenti mainstream, è sempre più diffuso l’utilizzo dei rating ESG come importante strumento per la selezione di titoli, fondi e mandati. È quindi aumentato notevolmente anche il numero di fornitori di rating e dati ESG. Nella pratica, però, i rating ESG lasciano aperti importanti interrogativi di cui asset owner e asset manager devono essere consapevoli quando valutano la sostenibilità di titoli, fondi e mandati.

Da un recente confronto con un’agenzia di rating ESG, è emerso per esempio che una grande società tradizionale del settore Oil & Gas aveva un punteggio ESG superiore rispetto a una mid-cap attiva nelle energie rinnovabili.

NN Investment Partners (NN IP) ha identificato cinque trappole comuni che gli investitori devono affrontare quando utilizzano agenzie di rating ESG esterne:

  1. Attenzione al “size bias”
    I rating ESG rivelano spesso un bias sulle dimensioni delle società: le più grandi ottengono in media migliori punteggi ESG, ma questo non significa necessariamente che siano più attente all’ambiente o alle società in generale. Spesso questo bias deriva invece dal fatto che le società di maggiori dimensioni hanno più risorse per sviluppare e comunicare le proprie politiche e attività ESG.
  2. La neutralità rispetto ai settori può dare esiti controintuitivi
    Quasi tutte le metodologie di calcolo dei punteggi ESG prevedono ancora una sorta di neutralità rispetto ai settori, ovvero affermano che in ogni settore ci sono società con punteggi ESG positivi e altre con punteggi negativi, indipendentemente dall’ambito di attività. Potrebbe quindi emergere un evidente conflitto con la sostenibilità, in quanto anche le società attive in settori sicuramente non considerati sostenibili, come le armi, il tabacco e l’energia tradizionale, possono comunque ottenere punteggi ESG elevati, superiori alla media di mercato, grazie alle proprie politiche e a questa caratteristica di neutralità settoriale.
  3. Bassa correlazione tra le diverse agenzie di rating
    Spesso si osserva una bassa correlazione tra i punteggi ESG di diversi data provider. CSRHub ha dimostrato che la correlazione tra i punteggi ESG forniti dalle diverse agenzie di rating può scendere anche a 0,3, un livello che indica una chiara mancanza di coerenza, e un recente studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha confermato questa discrepanza. Ciò dimostra che i punteggi ESG sono soggettivi, anche a causa delle diverse metodo-logie applicate. Questa osservazione, è importante notarlo, non cambia il fatto che gli insight e le argomentazioni alla base di tali punteggi possono comunque rappresentare un valido input per il processo di investimento.
  4. I rating tendono a diventare obsoleti
    I punteggi ESG delle tradizionali agenzie di rating ESG vengono raramente aggiornati; in altre parole, l’attuale punteggio ESG di una società è sostanzialmente comparabile, in media, con il suo punteggio di tre anni fa. Questo dipende in parte dai cicli di revisione poco frequenti e dal fatto che i punti dati specifici per l’ESG tendono a non cambiare molto, ma c’è il rischio che passi molto tempo prima che le variazioni nei trend ESG sottostanti traspaiano nei relativi rating. Per questo motivo iniziano ad affermarsi nuove agenzie di rating ESG che, utilizzando nuove tecnologie, si concentrano maggiormente su dati ESG tempestivi e basati sui flussi di notizie, fornendo quindi aggiornamenti più frequenti.
  5. Mancano ancora gli standard di rendicontazione
    Rimane difficile raccogliere dati completi e di elevata qualità, soprattutto perché le società non hanno l’obbligo di comunicare buona parte dei dati ESG. Per quanto possano farlo su base volontaria, le informazioni ESG risultano spesso incoerenti perché gli enti normativi non prevedono standard come quelli applicati, invece, ai dati finanziari.

Alla luce di ciò, anzitutto è importante capire che i rating ESG non sono fatti, bensì opinioni, pertanto è fondamentale capire i punti di vista alla base dei rating ESG. I punteggi ESG possono produrre una diversità di risultati con basse correlazioni, ma la combinazione di diverse fonti ESG, inclusa l’analisi in-house, non fa altro che arricchire gli insight e migliorare il processo decisionale. NN IP riconosce che i punteggi ESG hanno fatto molta strada, con una qualità che si è gradualmente evoluta verso punteggi più materiali e basati sul comportamento e si è allontanata dai punteggi più tradizionali basati sulle politiche. Tuttavia, gli investitori dovrebbero rimanere prudenti quando utilizzano i rating ESG esterni. Le insidie rimangono, a volte con risultati controintuitivi. Tuttavia, queste insidie possono essere superate se affrontate nel modo giusto.

NN IP ha individuato ulteriori opportunità per gli investitori per evitare queste insidie. Concentrandosi sugli aspetti ESG considerati “materiali” -ovvero che hanno un impatto sulla capacità di una società di generare flussi di cassa a lungo termine e quindi sul prezzo del titolo nel lungo periodo – gli investitori possono garantire un buon allineamento tra l’integrazione ESG e il miglioramento dei rendimenti corretti per il rischio. Poiché le ricerche dimostrano che le società con migliori credenziali ESG dimostrano di avere migliori rendimenti corretti per il rischio, è anche importante concentrarsi sul comportamento e sul desiderio di migliorarsi, anziché sulle sue politiche dichiarate. Inoltre, gli asset manager e i gli asset-owner possono contribuire in modo significativo al miglioramento dei dati ESG attraverso l’engagement con le società. Infine, l’uso di nuove tecnologie come l’elaborazione del linguaggio naturale e l’apprendimento automatico potrebbe migliorare ulteriormente gli insight ESG contribuendo a completare i set di dati e a migliorare aspetti come la tempestività e la qualità.