La strada lunga e tortuosa

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In italiano suona meno bene che nel titolo originale dell’ultimo singolo dei Beatles pubblicato nel 1970: “The long and winding road”. “La strada lunga e tortuosa che conduce alla tua porta”, questo l’incipit del brano che ci aiuta a capire ciò che abbiamo davanti a noi nei prossimi mesi sia da un punto di vista di ritorno alla normalità nelle nostre vite personali, sia nel percorso che ci aspetta sotto il profilo degli sforzi delle Autorità monetarie internazionali e dei principali Governi del mondo, al fine di arrivare a quella tanto agognata “porta”, la porta della ripresa economica, dopo una recessione che appare ormai già in atto e che si profila più pesante di quanto previsto solo un mese fa. Fortunatamente in questo cammino lungo e tortuoso non siamo soli.

Le Banche Centrali stanno agendo in modo repentino ed efficace con misure straordinarie mai messe in campo prima. Può apparire strano che si ponga tanta attenzione al ruolo delle Banche Centrali in una crisi che nasce da uno shock esogeno sanitario che arrestando di fatto l’attività economica non può essere contrastato dalla sola politica monetaria. Ma questo ruolo è fondamentale nel garantire l’ordinato funzionamento dei mercati finanziari da un lato e nell’aiutare ad evitare dall’altro lato un effetto domino sull’economia reale attraverso una catena di fallimenti aziendali che minerebbe la capacità di ripresa futura. Oltre a ciò i programmi di acquisto di titoli di stato aiutano direttamente il finanziamento dei deficit di bilancio e mantengono al tempo stesso bassi gli oneri sul debito, comprimendo i tassi di interesse.

Le azioni senza precedenti intraprese dalla Federal Reserve settimana scorsa, che rammentiamo consistono principalmente in un allentamento quantitativo senza limiti e nel finanziamento diretto delle grandi aziende attraverso la sottoscrizione di obbligazioni da parte della Fed stessa, fungono da rete di protezione per l’intero sistema economico. Anche la BCE sta facendo la sua parte con un allentamento quantitativo potenziato di ulteriori 750 miliardi, portando l’arsenale degli acquisti di titoli di stato, obbligazioni corporate e carta commerciale (novità assoluta) a oltre 1.000 miliardi e soprattutto abbandonando in questo piano straordinario battezzato PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) la regola che limitava gli acquisti al 33% delle emissioni di un singolo Stato.

Ad aiutarci a percorrere questa strada lunga e tortuosa ci sono anche i Governi nazionali che stanno adottando anch’essi misure straordinarie per fornire aiuto immediato ad imprese e cittadini e per gettare le basi per manovre di espansione fiscale atte a garantire che la ripresa, quando arriverà, sarà auspicabilmente rapida e decisa. Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato venerdì scorso un piano da oltre 2.000 miliardi di dollari, pari a quasi il 10% del PIL (Prodotto Interno Lordo). In Europa per ora ci si sta muovendo a livello di singoli Paesi, come testimonia su tutti la Germania che, abbandonando il criterio del non incremento del debito, ha varato anch’essa un piano di interventi pari a circa il 10% del proprio PIL.

Meno efficace per ora il coordinamento di provvedimenti a livello di Istituzioni europee, con un nulla di fatto al Consiglio Europeo, la riunione dei leader europei, tenutosi giovedì scorso, sui temi cruciali dell’introduzione degli Eurobond, osteggiati dall’asse tedesco-olandese, e dell’utilizzo del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).

L’insieme delle azioni di politica monetaria e fiscale intraprese hanno prodotto un effetto positivo sui mercati azionari internazionali la scorsa settimana, nonostante le chiusure di nuovo in negativo di venerdì 27 marzo. Gli Stati Uniti archiviano la settimana con un rialzo del +10,25%, in Europa l’indice Eurostoxx 50 ha messo a segno un recupero del 7%, con l’Italia a +6,9%, la Francia a +7,5% e la Germania a +7,9%. Meno bene il Regno Unito con un +6% dell’indice FTSE 100, mentre in Asia brilla il Giappone grazie ad un rimbalzo del 17% dell’indice Nikkei 225. I Paesi Emergenti hanno mostrato una reattività più contenuta con l’indice MSCI Emerging in dollari in rialzo di solo il +4,9%, zavorrato dalla Cina in rialzo del +1,5%, ma miglior mercato da inizio anno (-9%), dall’India leggermente negativa sulla settimana a causa della chiusura totale delle attività dichiarata dal Governo, e da un rialzo contenuto della Russia (+3%), colpita dalla debolezza del prezzo del petrolio.

Sui mercati obbligazionari governativi si è assistito ad una discesa dei rendimenti sulle parti lunghe delle curve statunitense e tedesca, con i rispettivi rendimenti decennali in discesa di 18 punti base a 0,67% e 15 punti base a – 0,47%. Lo spread italiano si è comportato molto bene fino a giovedì toccando un minimo di 152 punti base dai 195 del venerdì precedente, ma ha sofferto venerdì per il mancato accordo al Consiglio Europeo, chiudendo la settimana a 180 punti base. Gli ingenti interventi delle Banche Centrali hanno inoltre contribuito alla stabilizzazione dei mercati del credito con un restringimento degli spread per tutti i meriti di credito, dall’Investment Grade all’High Yield. Sulle materie prime da segnalare il forte rimbalzo dell’oro che chiude in rialzo del 9.5% a 1.624 dollari l’oncia, mentre prosegue il ribasso del petrolio con il Brent che lascia sul terreno il -7,6% a 24,9 dollari al barile. Infine, sulle divise internazionali forte deprezzamento del 4% del dollaro nei confronti dell’Euro a quota 1,11. In conclusione, la strada per attraversare questo periodo difficile sarà lunga e tortuosa e spesso ci sentiremo come nel ritornello dell’ultimo capolavoro del quartetto di Liverpool “molte volte sono stato solo e molte volte ho pianto”, ma siamo fiduciosi che non dovremo aspettare troppo a lungo per raggiungere la porta della ritrovata libertà personale e della ripresa economica.