Far ripartire il business in Italia. Senza dimenticarsi delle start up

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Si sta parlando molto di come dovrà e potrà ripartire il business in Italia una volta che il picco dell’emergenza Coronavirus sarà passato. E molti gli aspetti che vengono via via presi in esame, ma ce n’è uno che ancora adesso forse riscuote meno attenzione di quanto dovrebbe, quello delle start-up.

Sono 11 mila le start-up registrate in Italia ad oggi. Siamo ancora tra gli ultimi paesi in Europa, è vero, ma è un patrimonio inestimabile, comunque. L’unica cosa da fare oggi è non abbandonarle, soprattutto non abbandonarle ora, in questo contesto di incertezza marchiato Covid-19.

Start-up è sinonimo di innovazione, ma l’innovazione non risiede solo nelle start-up. Ci sono aziende storiche, marchi di fabbrica del nostro made in Italy che stanno riconvertendo parte della loro produzione: tra i camici monouso di Armani, le mascherine di Gucci e Miroglio, i respiratori di Ferrari e il disinfettante per mani di Ramazzotti. Tutti per aiutare gli operatori sanitari. E loro sono solo alcuni degli esempi di quanto, tra l’altro, la creatività e innovatività del nostro paese siano all’avanguardia. E ancora, come ospedali da campo siano stati ricavati tra hotel, case di riposo e navi da crociera. Impensabile appena qualche settimana fa.

Ma non pensiamo solo ai grandi colossi. Tra le stesse start-up c’è chi ha prodotto valvole respiratorie a partire da maschere da snorkeling.

Il talento, la creatività e l’imprenditorialità, uniti a questo spirito di “altruismo” non bastano alla business continuity di queste imprese, soprattutto quelle giovani. La ricerca di liquidità di breve periodo e la garanzia di una maggiore stabilità nel medio periodo sono alla base del sostentamento di queste 11 mila start-up, o almeno di una buona parte di esse.

La reattività del Governo con il Decreto Cura Italia del 16 marzo ’20 ci ha portato ad esempio ad una misura interessante, quale gli incentivi legati proprio alla produzione di dispositivi di protezione individuale. La gestione di questi incentivi è affidata a Invitalia, l’Agenzia Italiana per lo sviluppo: 50 M€, sportello aperto lo scorso 26 marzo ’20, ore 12:00. Grazie a un iter istruttorio piuttosto snello, solo nelle prime 24 ore sono state 340 le aziende che hanno presentato domanda. Questo a conferma che le potenzialità sul territorio ci sono e se danno linfa finanziaria, ancora di più.

Ci sono altri esempi da citare, di iniziative locali che vanno a integrare i decreti governativi. Il Bando a fondo perduto della Regione Lombardia legato ai “Piani aziendali di smart working” attivati nel contesto sempre del Covid-19. Oppure al Bando della Regione Piemonte R. 34/04 quale finanziamento agevolato e contributo a fondo perduto per lo sviluppo delle imprese e l’ammodernamento e innovazione dei processi produttivi.

Ma non dobbiamo fermarci alla situazione contingente, pur così complessa e di forte impatto sui bilanci consolidati. Qui possiamo, anzi dobbiamo spaziare e guardare alla Commissione Europea. Il 2020 è un anno di transizione per certi versi tra H2020 e Horizon Europe. C’è uno strumento che sta raccogliendo l’interesse di diverse Venture Capital, culle di start-up promettenti, ed è lo EIC Accelerator. Evoluzione dello SME Instrument, EIC Accelerator introduce un blended finance, tra Grant e equity, opzionale molto promettente. E’ uno strumento dedicato alle PMI for profit e start-up innovative con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo delle idee brillanti, idee che si differenziano radicalmente rispetto a prodotti, servizi o modelli di business esistenti, che portino un alto rischio e abbiano un elevato potenziale di crescita sui mercati internazionali (scale-up).

EIC focalizza e promuove ricercatori e innovatori in grado di sviluppare innovazioni dirompenti che possano creare nuovi mercati e promuovere nuovi posti di lavoro, crescita e prosperità in Europa. Vincoli di “non bancabilità”, ovvero “The mobility to attrack sufficient funding, due to the high-risk level or a market failure”, oltre che di assoluta scalabilità del business sono fondamentali. Un TRL almeno di 6 , ulteriore vincolo imprescindibile. La novità rispetto al precedente strumento SME? L’opzionale Blended equity fino a 15M€, a completamento di un Grant fino al 70% del programma totale (fino a 2,5M€). Questo è un esempio concreto di finanziabilità potenziale, e accessibile.

La sostanza è che gli strumenti ci sono, messi a disposizione da organizzazioni differenti, su base locale, nazionale e sovranazionale. E oggi come non mai, è necessaria la capacità di guardarsi attorno per identificare le possibili opportunità, perché da esse può dipendere il futuro di queste nuove realtà. Servono competenze, apertura mentale, sguardo internazionale e la capacità di affidarsi a chi può offrire una guida sicura in questi momenti di incertezza.

E allora ripartiremo, e le start-up saranno al nostro fianco con la loro carica di innovazione.