Il dilemma Cina-Stati Uniti

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I governi e le banche centrali hanno adottato misure senza precedenti per affrontare l’epidemia di coronavirus. L’arresto dell’attività economica globale che ne è seguito è diverso da qualsiasi altra cosa abbiamo sperimentato in precedenza, e i cosiddetti “lockdown” colpiscono ora più della metà della popolazione mondiale. Lo stravolgimento economico derivante da queste misure sarà enorme, con una grave riduzione dei flussi di persone e di merci, e una recessione globale che appare ormai pressoché inevitabile.

Sembra chiaro che i risultati aziendali del primo semestre 2020 saranno gravemente compromessi in tutto il mondo. Tuttavia, i paesi che sono stati in grado di riavviare l’attività economica prima di altri dovrebbero andare relativamente meglio. Ciò spiega anche la sovraperformance dei mercati azionari in Cina (indice CSI 300), Taiwan (indice TWSE) e Corea (indice Kospi) dall’inizio della correzione.

Taiwan e Corea del Sud, in particolare, hanno tratto alcuni importanti insegnamenti dall’epidemia di SARS del 2002-2004 ed erano più preparati ad affrontare un’altra epidemia, tanto che hanno risentito di minori problemi economici rispetto alla Cina. Tutti e tre i mercati hanno sovraperformato l’indice S&P 500 (in dollari USA) dal 21 febbraio, anche se Taiwan e Cina hanno perso terreno durante il rimbalzo globale.

Questi tre paesi costituiscono circa il 65% dell’indice MSCI Emerging Markets. In confronto, gli Stati Uniti, l’Europa continentale e il Regno Unito, dove si stanno ancora attuando misure di contenimento che incidono pesantemente sull’attività economica, costituiscono oltre l’80% dell’indice MSCI World. Questa divergenza è evidente nelle ultime revisioni delle stime utili, che attualmente sono molto più negative nei mercati sviluppati (-62%) che in quelli emergenti (-38%). Ciò è visibile anche nelle previsioni di crescita del PIL per il 2020.

La maggior parte degli economisti continua ad aspettarsi una crescita molto modesta nei mercati emergenti (circa l’1%), con Cina, Taiwan e Corea ancora in territorio positivo (quest’ultima di poco). Nei mercati sviluppati, per contro, si prevede attualmente una contrazione di quasi il 3%, con tutti i principali paesi in territorio negativo. Naturalmente, tutte queste previsioni sono soggette a variazioni e potrebbero continuare a peggiorare. Il divario tra mercati emergenti e sviluppati, tuttavia, sembra destinato a persistere.

Ciò significa dunque che i mercati emergenti come regione supereranno i mercati sviluppati nel prossimo futuro? È qui che risiede il dilemma. Dell’universo d’investimento emergente, il 65% – costituito da Cina, Corea e Taiwan – è tornato o è in procinto di tornare alla normale attività economica. Certo, tutti e tre i paesi risentiranno probabilmente di una recessione globale, ma verosimilmente meno delle economie europee e degli Stati Uniti, ancora impegnati in misure di contenimento.

Prepariamoci anche a ricevere altre notizie negative e, soprattutto, a un deterioramento dei fondamentali e utili deludenti. Questi, una volta annunciati, influenzeranno l’andamento dei titoli azionari e la volatilità di mercato. Alla vigilia di una recessione globale si registra tipicamente una sottoperformance delle azioni rispetto ad altre asset class e, all’interno dell’azionario, una sovraperformance degli Stati Uniti rispetto ad altre regioni. Inutile a dirsi, ciò è dovuto alla percezione degli Stati Uniti come un porto sicuro e a una preferenza per gli asset denominati in dollari.

Pertanto, a questo punto, dovremmo privilegiare i mercati sviluppati rispetto ai mercati emergenti, nonostante le differenze nelle prospettive economiche? O forse siamo troppo pessimisti sui mercati emergenti e dovremmo continuare a fidarci delle aspettative riguardo all’andamento relativo degli utili?

Preferire l’Asia settentrionale agli Stati Uniti non significa che tutti i mercati emergenti registreranno presto una rapida ripresa. Ci preoccupano soprattutto i paesi in cui la risposta politica si sta rivelando piuttosto lenta (come Brasile e Messico) e/o dove le dinamiche nazionali sono tali che la diffusione del virus sarà molto difficile da contenere, come nel caso dell’India, e/o dove i vincoli fiscali limitano la capacità di intervento del governo (Sudafrica).

L’imperativo sarà rimanere selettivi, anche dal punto di vista dei singoli titoli. Dobbiamo assicurarci che i titoli che deteniamo in portafoglio siano in grado di superare la crisi attuale.

Tra le imprese che incontrano maggiori difficoltà ci sono quelle con attività stagionali, che hanno solo un breve lasso di tempo per vendere i propri beni prima che questi si trasformino in scorte. Un altro esempio è dato dalle aziende che dipendono da filiere produttive complesse e globali interessate da interruzioni di vario tipo. La domanda a un certo punto potrebbe riprendersi, ma l’offerta potrebbe impiegare più tempo per tornare alla normalità. Altri settori potrebbero beneficiare di una ripresa significativa e improvvisa della domanda, ma l’entità del precedente declino potrebbe averli resi incapaci di operare.

Le imprese con bilanci deboli, che non sono in grado di finanziare il proprio fabbisogno di capitale circolante, potrebbero non sopravvivere. È probabile che ci attendano ristrutturazioni e consolidamenti. Per alcune aziende i rischi saranno meno evidenti: attenzione a quelle che dovranno rendere un “servizio alla società”, come ad esempio le banche, in particolare se pubbliche. È probabile che queste vedano peggiorare la loro qualità creditizia. Attenzione anche ai settori regolamentati, come pure alle aree in cui le imposte sono ridotte. Presto o tardi i governi dovranno di nuovo battere cassa.

In qualità di investitori azionari a lungo termine, abbiamo imparato che la strategia migliore è scegliere lentamente e gradualmente i nostri punti di ingresso. Indovinare il punto di minimo è quasi impossibile, poiché ciò dipende da molti fattori esogeni e difficili da prevedere, come i tempi e i contenuti delle decisioni politiche e l’evoluzione dell’epidemia.

Molto probabilmente, a un certo punto, avremo un’altra possibilità di acquisto. Le notizie riguardo alla diffusione del coronavirus e al relativo impatto economico, nonché alle ulteriori tensioni sui mercati high yield, potrebbero scuotere ulteriormente i mercati azionari. Sul fronte delle stime sugli utili è prevedibile inoltre un’ulteriore tornata di revisioni al ribasso. Ma rimaniamo pazienti. Anche se non è mai divertente trovarsi nel bel mezzo di un crollo del mercato, abbiamo imparato che questo è un buon momento per essere investitori attivi a lungo termine.