Domanda da 7mila miliardi di dollari: l’inflazione sta tornando?

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Intuire le previsioni dei mercati sull’inflazione non è poi così difficile. Il tasso d’inflazione di breakeven – calcolato come la differenza tra il rendimento di un’obbligazione nominale e quello di un’obbligazione inflation-linked con la stessa scadenza- rappresenta un parametro di misura affidabile delle previsioni d’inflazione dei mercati. Quindi, che cosa ci dice il mercato?

Al momento, i mercati non si aspettano che l’inflazione raggiunga gli obiettivi della banca centrale nei prossimi dieci anni. La curva dell’inflazione di breakeven negli Stati Uniti mostra il livello d’inflazione prezzato nei Treasury USA per diverse scadenze. L’insight del Grafico 1 ci mostra, in maniera decisiva, come le previsioni d’inflazione siano scese lungo la curva dall’inizio dell’anno. Ciò illustra la valutazione del mercato, secondo cui i danni provocati dalla pandemia all’attività economica statunitense saranno duraturi.

Perché tutti parlano d’inflazione?

Una delle ragioni per cui gli investitori percepiscono come errato l’outlook sull’inflazione dei mercati obbligazionari è l’impatto della politica accomodante della Federal Reserve USA (Fed). Quest’anno vi è stata un’enorme crescita del bilancio della Fed, dovuta agli ingenti acquisti d’attivi da parte della banca centrale statunitense. La politica accomodante così aggressiva da parte della Fed è stata attuata anche durante la crisi finanziaria globale del 2008. Il bilancio della banca centrale statunitense è passato da meno di mille miliardi di dollari nel 2008 a oltre 7mila miliardi nel luglio del 2020. Nonostante la forte iniezione di liquidità dalla crisi finanziaria globale, l’inflazione non è salita ad alti livelli. La liquidità da sola probabilmente non sarà sufficiente per provocare una corposa crescita dell’inflazione nemmeno in futuro.

Ipotizziamo uno scenario d’inflazione

Proviamo a delineare una possibile combinazione di fattori che, uniti, potrebbero riuscire a far salire l’inflazione su livelli elevati, presumibilmente nel 2021. Ipotizziamo la scoperta di un potente vaccino contro il Covid-19, che venga distribuito in tutto il mondo e che la pandemia sia pressoché finita all’inizio dell’anno nuovo. La vita ritornerebbe alla normalità. Gran parte dei posti di lavoro persi quest’anno sarebbero recuperati. La cosiddetta “domanda repressa”, vale a dire il fatto che la gente quest’anno eviti di spendere, provocherebbe un’inflazione da domanda l’anno prossimo. Un incremento dell’attività economica potrebbe causare il rialzo dei prezzi dell’energia a livelli pre-pandemici, creando un’inflazione a costo ridotto. Ulteriore supporto potrebbe provenire dai governi, nel caso in cui questi ultimi confermassero l’intenzione di usare la spesa per le infrastrutture nell’intento d’indurre crescita.

Quello descritto sopra, tuttavia, non è il nostro scenario di base. Diverse tra le variabili sono circondate da punti interrogativi. Nel nostro scenario di base ci aspettiamo che l’inflazione salga moderatamente nel 2021 e raggiunga l’1,5% negli USA attorno a metà dell’anno prossimo, in linea con le previsioni del Fondo Monetario internazionale (FMI).

Cosa dovrebbero fare gli investitori?

È troppo presto per pensare all’inflazione? Certo che no. Anche se l’inflazione salisse solo a livelli modesti, sia per gli USA che per l’economia mondiale, è molto probabile che aumenti rispetto a dove si trova oggi. L’investitore che pensa in termini di “risk budget” dovrebbe considerare i rischi a cui è esposto il suo portafoglio e riflettere se si ritiene adeguatamente ricompensato per assumerli.

Una maniera efficace per coprirsi contro livelli moderati d’inflazione consiste nell’usare un ampio paniere di commodity. Le broad commodity offrono una naturale copertura quando l’economia mondiale inizia a crescere. Le commodity cicliche sono necessarie per la produzione di beni – a maggior ragione quando i governi introducono programmi per le infrastrutture.

Storicamente, l’oro è un’altra efficace copertura dall’inflazione. Poiché l’inflazione svaluta la carta-moneta, l’oro è visto dagli investitori come un “bene rifugio” migliore. Rispetto alle broad commodity, il metallo prezioso comporta certo la perdita della diversificazione di un paniere ma presenta il non trascurabile vantaggio di proporre una forte copertura dai ribassi in caso di contrazione macroeconomica o crollo dei mercati finanziari. Inoltre, funziona meglio delle broad commodity nei periodi d’inflazione elevata.

Con i prezzi in rialzo di quasi il 17% dall’inizio dell’anno, i mercati dell’oro sembrano prezzare livelli più elevati d’inflazione, l’anno prossimo, rispetto ai Treasury USA. La protezione dall’inflazione è un aspetto importante che gli investitori dovrebbero considerare, in un momento in cui l’inflazione sale dai livelli estremamente bassi di oggi per passare a livelli normali l’anno prossimo.