Gli effetti di Covid 19 sulle fonti di finanziamento delle imprese
L’Istat ha pubblicato le evidenze di una interessante indagine condotta nel mese di maggio sul finanziamento delle imprese nel periodo di emergenza in cui si colgono anche i profili evolutivi per il post Covid 19. La ricerca è stata rivolta alle unità con almeno 3 addetti che, nel complesso, rappresentano quasi il 90% del valore aggiunto e circa tre quarti dell’occupazione complessiva. Quali sono le principali considerazioni ?
La premessa è che l’impatto delle misure di contenimento dell’epidemia, unite al calo della domanda nazionale ed estera, ha avuto severi effetti sul sistema produttivo tra cui la crisi di liquidità indotta dal calo del fatturato, che ha colpito oltre la metà delle imprese (soprattutto quelle coinvolte nel lockdown e di dimensione minore inducendo a strategie di finanziamento in parte diverse rispetto a quelle messe in atto prima dello scoppio della pandemia.
In termini generali, per circa quattro imprese su cinque la crisi ha comportato una modifica delle abituali fonti di finanziamento per fronteggiare la crisi di liquidità, che si è tradotta, da un lato, nell’abbandono dell’attivo come fonte di finanziamento principale, interrompendo almeno nel breve periodo una tendenza in progressivo aumento nell’ultimo decennio in Italia; dall’altro nel maggiore ricorso al finanziamento esterno, in primis credito bancario e credito commerciale .
Se prima della pandemia l’autofinanziamento costituiva la fonte di finanziamento più diffusa (ricorrevano al flusso di cassa generato dalla gestione aziendale quasi tre quarti delle imprese), il calo di fatturato e i conseguenti problemi di liquidità ne hanno provocato una drastica riduzione come risorsa in risposta alla crisi (al 29,1% delle imprese).
Aumenta quindi il ricorso al finanziamento esterno, in particolare al credito bancario (da 44,2% al 71,4%), credito commerciale (da 16,8% a 40,9%) e a forme più evolute come obbligazioni e finanza innovativa (da 0,1% a 7,1%). Il massiccio spostamento dall’autofinanziamento al finanziamento esterno è particolarmente pronunciato nelle imprese con 3-9 addetti (-44,7%) e in quelle attive nei servizi.
Quali sono le tendenze di fondo ? In primo luogo ) l’orientamento al sistema bancario da parte delle imprese che prima della crisi si basavano sul solo autofinanziamento. Si profila poi l’aumentato ricorso al capitale di terzi non bancario, specialmente da parte delle imprese dei servizi. L’articolazione poi del ventaglio di fonti di finanziamento non “sofisticato” (credito commerciale, leasing/factoring) a cui si rivolgono in misura maggiore le imprese con vincoli di liquidità.
Qui il sistema bancario, anche in considerazione delle misure di sostegno intraprese dal governo, e il credito commerciale ( rinegoziazione dei contratti di locazione, modifica delle condizioni di pagamento verso fornitori e clienti) giocano un ruolo preminente.
Questa tendenza conferma da un lato il ruolo centrale del sistema bancario, dall’altro ne determina l’esposizione a possibili trasmissioni dello shock della crisi di liquidità nonostante l’intervento pubblico ; in caso di recessione, può implicare possibili tensioni sia sui bilanci delle banche sia sui rapporti banca-impresa. La tensione verso un ventaglio più articolato di fonti di finanziamento, sottolinea l’Istat, è legata anche alla complessità delle strategie perseguite dall’impresa.
Sulla base di un indicatore di “dinamismo strategico” recentemente elaborato, si osserva come le imprese meno dinamiche siano anche più “conservatrici” nella ricerca delle fonti di finanziamento in risposta alla crisi, continuando ove possibile ad autofinanziarsi o a conservare (o intensificare) il rapporto con il settore bancario. All’opposto, le imprese più dinamiche presentano il miglior profilo in termini di capacità di risposta alla crisi e contenimento degli effetti negativi, meno delle altre soffrono i rischi operativi e sono quindi maggiormente capaci di generare i flussi di cassa anche nel mutato contesto di mercato.
Le imprese con livelli di dinamismo intermedio, che prima della crisi presentavano una struttura finanziaria maggiormente basata su fonti di finanziamento esterne (bancario e commerciale), hanno registrato una incidenza maggiore di imprese con vincoli di liquidità: in risposta aumentano il ricorso a forme miste di credito bancario e credito commerciale, specialmente se prima della crisi erano incentrate esclusivamente sull’autofinanziamento che viene in generale sostituito