Mercati del credito, fondamentali e fattori tecnici restano disconnessi

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Nel mondo post-pandemia, stiamo assistendo a uno scenario che presenta due mercati, o meglio, un’economia contrapposta ai mercati. Infatti, al recupero dei mercati finanziari a cui abbiamo assistito non sta corrispondendo una analoga ripresa dei fondamentali. E ciò si rivelerà problematico per i mercati nel più lungo termine. I fondamentali risultano disconnessi dai fattori tecnici per via degli ingenti flussi di liquidità immessi dalle banche centrali.

Di conseguenza, quello in cui ci troviamo ora è un contesto completamente unico. La portata degli stimoli monetari, sommata a quella degli stimoli fiscali è impressionante, così come lo è stata l’ondata di disruption e la sua natura molto meno ciclica che in passato: interi modelli di business soccombono, mentre ne avanzano di nuovi. Tutto ciò comporta una grossa quantità di incertezza.

Inoltre, persiste molta incertezza sulla direzione della politica della Fed quest’anno. Se guardiamo i numeri sulla crescita degli ultimi due mesi, è comprensibile il nervosismo in merito. Tutto ciò è riflesso anche dai mercati: questi infatti stanno dicendo che se i tassi sono destinati a rimanere bassi per un periodo prolungato, allora bisogna acquistare coperture dall’inflazione.

Prima che si scatenasse la crisi, avevamo già osservato un rallentamento dei trade a livello globale, elevati livelli di indebitamento e un’economia complessivamente più rigida. Ciò che non sapevamo è che sarebbe stata una pandemia a innescare la crisi. Ora, mentre ci lasciamo questo periodo alle spalle, vediamo in aggiunta anche problematiche legate alla disoccupazione e al rimpasto del settore immobiliare commerciale, molto sotto stress. Questi sono tutti potenziali venti contrari per i prossimi 2-3 anni.

In più esistono questioni molto specifiche legate ai settori. La crisi non ha fatto altro che accelerare alcuni trend, e mentre alcuni comparti ne soffriranno, altri ne trarranno beneficio. Questa dose di confusione e attività potrebbe però agevolare i gestori attivi e generare molte opportunità per chi gestisce in modo attivo.

Sul fronte della politica statunitense, lo scenario più preoccupante resta sicuramente quello di un’elezione contesa, in quanto comporterebbe un’ulteriore dose di incertezza. È un’ipotesi che va considerata, quindi ci aspettiamo che la volatilità aumenti, man mano che ci avviciniamo a novembre. Un possibile cambio di Amministrazione potrebbe comportare una tassazione più elevata o un cambio nel quadro normativo. Durante il mandato di Trump si è sicuramente verificata una tendenza alla deregolamentazione, che si è dimostrata vantaggiosa per la crescita economica. Un’inversione di marcia sarebbe probabilmente molto negativa per il Pil.

In questo contesto così peculiare, in qualità di gestori obbligazionari, crediamo che la Fed non approccerà un target di tassi negativo, che minerebbe la sua credibilità. All’opposto pensiamo che i tassi resteranno bassi ancora per il prossimo futuro, come prezzato dai future per i prossimi 5 anni. Ciò apre a molte opportunità di investimento nel credito. Ad esempio, siamo passati da un grosso sovrappeso sul credito prima della pandemia, a un relativo sottopeso e continuiamo a trarre profitto, fintanto che gli acquisti da panico proseguono.