High Yield, un’asset class rivoluzionata dalla pandemia e ricca di opportunità

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I mercati del credito, in particolare il segmento high yield (HY) hanno attraversato forti oscillazioni da inizio anno, passando dall’enorme stress di marzo alla propensione al rischio piuttosto aggressiva di oggi, nonostante le numerose incertezze che rimangono riguardo allo lo sviluppo della pandemia di Covid-19, alla ripresa economica e alla salute dei bilanci societari.

Come ha commentato una volta Benjamin Graham, considerato il padre del value investing, nel breve termine il mercato è come una “macchina dei voti”, registra ciò che va per la maggiore in quel momento, ma nel lungo termine si comporta invece come una bilancia, misurando il “peso” e il valore effettivo degli asset.

È fondamentale quindi distinguere tra gli aspetti temporanei che caratterizzano il contesto attuale e che possono spingere i mercati in una direzione o nell’altra, e invece i trend di lungo periodo, che avranno risvolti significativi negli anni a venire.

La fase attuale: un’asset class rivoluzionata

Facendo il punto sulla situazione attuale, uno degli aspetti che più saltano all’occhio è l’indebitamento, che negli ultimi mesi è aumentato in modo drammatico – basta pensare che gli ultimi due trimestri sono stati quelli con i volumi di emissioni più elevati di sempre. Anche i downgrade hanno raggiunto livelli estremi, con il 49% dei titoli HY che ha subito almeno un declassamento da inizio anno. Di pari passo, i default sono aumentati in modo significativo e, soprattutto, i tassi di recupero sono diminuiti drasticamente. La combinazione di questi due aspetti crea il rischio reale di danneggiare il portafoglio se si investe nei nomi sbagliati. Oggi è particolarmente evidente quindi che su un orizzonte lungo, evitare i default sia importante tanto quanto selezionare i bond migliori.

A causa dei default da un lato e dei declassamenti dei titoli IG dall’altro – i cosiddetti ‘fallen angels’ – la composizione dell’universo HY è cambiata drammaticamente negli ultimi mesi. A nostro avviso, vi sono opportunità interessanti in entrambi questi ambiti. Nel caso dei default, spesso si creano significative distorsioni di prezzo che possono essere sfruttate. Per quanto riguarda i fallen angels, al momento del downgrade i mercati spesso reagiscono in modo eccessivo: anche in questo caso vi sono occasioni da cogliere per chi è in grado di guardare oltre l’emotività.

Le prospettive: distinguere tra cambiamenti temporanei e strutturali

Guardando avanti, quello che ci aspettiamo è una ripresa a forma di ‘K’, vale a dire con una forte biforcazione tra settori e aziende che cavalcano trend favoriti dalla pandemia da un lato, e ‘sconfitti’ dall’altro, i cui modelli di business rischiano di essere insostenibili nel nuovo contesto. Si tratta di un aspetto che rende questa recessione completamente diversa rispetto alle precedenti, nelle quali sostanzialmente tutti erano ‘sconfitti’ e l’unica differenza era la gravità dell’impatto sul business.

Come investire quindi in un contesto del genere? Un aspetto cruciale è che non basta individuare i vincitori e i vinti della pandemia, ma occorre distinguere se l’impatto degli ultimi mesi è temporaneo, di medio-lungo termine, o addirittura strutturale e irreversibile. Per fare alcuni esempi concreti, tra i vincitori temporanei vi sono settori come i dolci e alimenti ‘di conforto’, che hanno visto un’esplosione di domanda negli ultimi mesi, così come i PC, tablet, arredamento e cura della casa. In tutti questi casi, l’incremento dei ricavi è di natura solo temporanea: ciò suggerisce di ridurre gradualmente l’allocazione via via che i prezzi aumentano. Viceversa, per l’economia delle periferie e l’immobiliare residenziale l’effetto positivo della pandemia dovrebbe durare più a lungo, tra i 2 e i 4 anni: conviene quindi mantenere le relative obbligazioni in portafoglio, ma al contempo essere pronti a ridurre gradualmente l’esposizione in funzione dei prezzi. Infine, vi sono casi in cui il cambiamento è strutturale: ad esempio, lo shopping online – che ha preso piede anche tra i più reticenti a questa modalità, la tecnologia e lo streaming. Su questi settori vale quindi la pena puntare nel lungo termine.

D’altra parte, le opportunità non mancano anche dal lato degli sconfitti. Ad esempio, la chirurgia non di emergenza, le attività di svago (cinema, teatri, etc.) e i viaggi personali sono settori temporaneamente colpiti, nei quali però i consumatori torneranno non appena possibile. Qui si può quindi investire – operando comunque un’accurata selezione dei nomi – sfruttando i momenti di debolezza. La fascia più interessante in assoluto è quella dei vinti di medio-lungo periodo: ristoranti, hotel, linee aeree, energia, economia urbana: tutti questi settori esisteranno anche in futuro, ma saranno composti da meno operatori rispetto al passato e molte società dovranno affrontare ristrutturazioni o default. In quest’area vi sono quindi opportunità molto interessanti, ma anche ‘trappole’ che presentano rischi significativi: ciò richiede un grande sforzo di analisi, per individuare i bond sui su cui puntare. Infine, i settori strutturalmente compromessi, come la vendita al dettaglio ‘brick and mortar’, l’immobiliare commerciale e i viaggi di business, vanno in gran parte evitati, o trattati con estrema cautela.