Il 94% delle aziende italiane manterrà la piena retribuzione per i dipendenti in smart-working

-

Le imprese europee prevedono che nei prossimi tre anni un terzo (29%) dei propri dipendenti continuerà a lavorare da casa, con una riduzione contenuta rispetto al dato attuale (38%) determinato da pandemia e quarantena. Lo rivela la “Flexible Work and Rewards Survey” condotta da Willis Towers Watson.

La survey mostra che, nonostante alcuni dipendenti torneranno negli uffici quando ci sarà maggiore sicurezza, il lavoro da remoto – che tre anni fa riguardava appena il 6% della popolazione aziendale – diventerà una trasformazione strategica sul lungo periodo.

“L’improvviso boom nel lavoro da casa genererà un cambiamento permanente con molti benefici sia per le aziende sia per i dipendenti” spiega Lorenzo Ciccarelli, Rewards Associate Director di Willis Towers Watson Italia “Le aziende stanno realizzando che nel mondo post – Covid, le modalità di lavoro flessibile potranno incrementare la produttività, attrarre i talenti e far aumentare la diversity. La sfida ora è ripensare l’organizzazione del lavoro e le politiche di remunerazione, così da migliorare la propria performance e controllare i costi e i rischi”.

Molti dipendenti sono preoccupati che il lavoro da remoto comporterà una delocalizzazione in altri Paesi. Altri temono che i datori di lavoro li pagheranno diversamente in base al luogo in cui vivono – una mossa che alcune grandi aziende hanno dichiarato di considerare.

Le prospettive per l’Italia sono leggermente migliori della media europea: dalla survey emerge che il 94% delle aziende (85% la media europea) pagherà i dipendenti che lavorano da remoto quanto quelli che lavorano in ufficio, a prescindere dal luogo di lavoro, mentre il 6% (5%) differenzierà invece la retribuzione in base a dove i dipendenti da remoto effettivamente vivono. Il 42% delle aziende ha poi affermato di non essere interessato a dove viene svolto il lavoro (39%).

Le aziende tuttavia stanno considerando alcune delocalizzazioni del lavoro all’estero. Il 33% dei ruoli che adesso sono gestiti con un’organizzazione flessibile del lavoro sarà trasferito in altri Paesi nel corso dei prossimi tre anni (14%), mentre il 12% delle aziende afferma che non delocalizzerà alcun posto di lavoro di questo tipo (29%).

Il 27% dei datori di lavoro non ha inoltre ancora una policy ufficiale per la gestione flessibile del lavoro (34%).

“Il Covid ha accelerato bruscamente il passaggio già in atto verso il lavoro agile, e le aziende devono stare al passo. Le modalità con cui il lavoro è organizzato, come e dove viene svolto, e come è gestita la retribuzione sono ancora tutte basate sull’idea che il lavoro sia svolto in ufficio da Team su base geografica. Questo dovrà cambiare se le aziende vogliono continuare a prosperare” ha aggiunto Ciccarelli.

“Le aziende ora devono fermarsi a esaminare il futuro assetto organizzativo e determinare come gestire al meglio la nuova forza lavoro agile. Molte imprese stanno rivedendo le politiche di remunerazione e studiando nuovi modi per motivare e coinvolgere i propri dipendenti”.

“Le aziende che non lo hanno ancora fatto devono rivedere le proprie politiche HR in un’ottica di un mondo del lavoro flessibile. È anche importante rivedere il proprio sistema professionale e le skills coerenti con la nuova organizzazione del lavoro. L’obiettivo a lungo termine per un’azienda che voglia continuare ad avere successo è accompagnare la trasformazione digitale al sostegno di una forza lavoro agile”.


Flexible Work and Rewards Survey 
Hanno partecipato 279 aziende in Europa occidentale, di cui 26 in Italia. È stata condotta tra settembre e ottobre 2020. Coloro che hanno risposto rappresentano circa 263 milioni di dipendenti, di cui 143.000 in Italia.