Tra i diversi aspetti da affrontare per il governo Draghi c’è anche il tema pensioni

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Il tema pensioni entra di diritto nell’ Agenda dei temi che il Governo Draghi dovrà affrontare considerando che a fine anno termina la sperimentazione di quota 100. Sarà necessario individuare allora nuove soluzioni di uscita dal mercato del lavoro che consentano di coniugare la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale in uno senario di riferimento che per effetto del Covid ha visto lievitare in maniera considerevole il rapporto tra debito pubblico e Pil,  le esigenze dei lavoratori ma anche la necessità di gestire i turnover aziendali.

Il tutto cercando, anche attraverso una exit strategy previdenziale, di favorire la ripresa dell’occupazione come si proponeva anche quota 100 anche con l’intervento dei fondi bilaterali.

Va ricordato come il precedente Esecutivo avesse in corso una interlocuzione avviata con i sindacati sia sul tema della flessibilità in uscita con particolare riferimento ai lavori gravosi e alla tutela della maternità anche in ottica pensionistica, ma anche sulla pensione contributiva di garanzia per i giovani,  sulla separazione tra spesa previdenziale e assistenziale, sul rilancio della previdenza complementare.

In questa prospettiva erano state anche di un anno, fino al prossimo 31 dicembre, le due Commissioni di studio sui lavori usuranti e sulla previdenza ed assistenza.  Altri nodi delicati sono poi quelli legati alla indicizzazione dell’età pensionabile alla speranza di vita che al momento è sterilizzata fino al 2026 per la pensione anticipata (è invece operativa con riferimento alla pensione di vecchiaia) e all’impatto del Pil stagnante sulla rivalutazione del montante contributivo.  E’ verosimile ritenere che dopo i temi più urgenti quali il Next Generation Italia, la campagna vaccinale e del decisioni da prendere sul tema del blocco dei licenziamenti si riprenderà il confronto con le parti sociali anche in materia previdenziale.

Per il dopo quota 100 occorrerà introdurre un nuovo canale di pensionamento che si affianchi al pensionamento anticipato (42 anni e 10 mesi o 41 anni e 10 mesi) e al pensionamento di vecchia (67 anni e 20 anni di contributi) per evitare il generarsi di “scaloni” dai 62 ai 67 anni il prossimo anno. In attesa di comprendere le evoluzioni  è interessante riportare le evidenze di un recente Paper della Banca d’Italia che analizza gli effetti di un innalzamento dell’età pensionabile sui livelli occupazionali.  L’innalzamento dell’età pensionabile, si sottolinea, allunga l’orizzonte lavorativo degli individui e può indurli a rivedere le proprie scelte lavorative lungo l’intero ciclo di vita. Tali decisioni potrebbero interagire con quelle dei partner.

L’ approfondimento esplora gli effetti dell’aumento dell’età di pensionamento indotto dalla riforma Fornero del 2011 sulla partecipazione al mercato del lavoro di individui di diverse fasce di età e dei loro partner. A seguito della riforma, è la evidenza, le donne tra i 45 e i 59 anni hanno aumentato l’offerta di lavoro. A fronte dei cambiamenti nella durata della vita lavorativa del partner, anche gli uomini hanno aumentato la loro partecipazione, posticipando il pensionamento sebbene non previsto dalla legge.