L’obbligazionario europeo trova il supporto della Banca Centrale

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Nel corso della riunione del 10 giugno, la Banca centrale europea (BCE) ha mantenuto l’impegno a sostenere i mercati, confermando il suo orientamento estremamente accomodante a fronte della continua ripresa economica dalla pandemia. Gli osservatori di mercato temevano che il rubinetto potesse essere chiuso tutto o in parte, ma la BCE ha segnalato l’intenzione di continuare ad acquistare obbligazioni nell’ambito del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP), con una dotazione finanziaria totale di 1.850 miliardi di euro, almeno sino alla fine di marzo 2022 e, in ogni caso, finché non riterrà conclusa la fase critica legata al coronavirus.

Dall’inizio dell’anno la BCE ha incrementato il ritmo degli acquisti di obbligazioni a circa 80 miliardi di euro al mese nell’ultimo trimestre, dichiarando che tali operazioni proseguiranno a un ritmo accelerato se le condizioni lo richiedono.

La BCE ha anche rivisto al rialzo le sue previsioni di crescita e inflazione per l’anno in corso. La crescita prevista per il 2021 è stata innalzata al 4,6%, rispetto alla previsione del 4% formulata nel mese di marzo. L’istituto ha anche portato le sue proiezioni sull’inflazione di quest’anno all’1,9% (appena sotto il suo obiettivo del 2%) dalla precedente previsione dell’1,2%.

Le previsioni economiche sono mutate drasticamente e riflettono la straordinaria crescita dell’Europa. Assistiamo evidentemente a un significativo rimbalzo dell’economia europea, ma l’entità della crescita è probabilmente di natura temporanea, per cui questa potrebbe essere l’ultima riunione della BCE in cui vedremo questo tipo di politica accomodante. Ciò rende plausibile un aumento della volatilità sui mercati nei prossimi trimestri, poiché si scatenerà una battaglia tra falchi e colombe.

La BCE ha dichiarato inoltre che i rischi per l’economia sono equilibrati, e credo che sia la prima volta che utilizzi questa espressione da diversi anni; in genere l’istituto centrale non manifesta grande ottimismo. Detto questo, non credo che la BCE desideri effettuare cambiamenti importanti prima del riesame della strategia in programma alla fine dell’estate, nel corso della quale le autorità monetarie rivedono, tra le altre cose, lo stato dell’economia, l’inflazione e il loro approccio al target di inflazione, il modo in cui comunicano con il pubblico e gli strumenti disponibili per conseguire i loro obiettivi.

Con la ripresa della crescita e dell’inflazione, è senz’altro ragionevole pensare di rimuovere in parte l’accomodamento monetario. Ciò non significa che i rendimenti delle obbligazioni siano destinati ad aumentare, ma è probabile che gli spread dei titoli periferici si allarghino. Il motivo per cui di recente sono stati molto stretti è da ricercarsi negli acquisti della BCE, per cui, se questo supporto diminuisce, è naturale che vedremo qualche movimento dei mercati.

Pertanto, nel contesto attuale, non siamo particolarmente entusiasti riguardo alle obbligazioni dei paesi periferici, ma continuiamo ad apprezzare il credito corporate, sia high yield che investment grade, che dovrebbe evidenziare un buon andamento a fronte di una crescita più robusta e del trasferimento sui consumatori dei rincari legati all’inflazione. Anche se riteniamo che i rendimenti in Europa rimarranno contenuti almeno nel breve termine, manteniamo un posizionamento difensivo poiché ci aspettiamo un loro rialzo a causa delle spinte inflazionistiche sul lungo periodo.

Inflazione: più bassa più a lungo in Europa?

L’inflazione costituisce un problema più negli Stati Uniti che in Europa. I tassi di vaccinazione nel Vecchio Continente sono ancora molto più bassi che sulla sponda opposta dell’Atlantico, e questo ha inciso sicuramente sulla mentalità delle persone e sulle loro abitudini di spesa. In Europa non si registra lo stesso livello di domanda repressa e di pressioni inflazionistiche.

In generale, l’economia europea non produce inflazione al suo interno, ma la importa. Persino Christine Lagarde ha riconosciuto che l’Europa presenta dinamiche differenti; i mercati del lavoro non sono così tesi come negli Stati Uniti. Anche se i prezzi di alcune materie prime, come il legname, sono in aumento, l’effetto di questo rincaro è marginale. Vedendo salire i prezzi oltre oceano, i produttori preferiscono esportare i loro beni verso gli Stati Uniti. A parità di altre condizioni, è probabile che l’inflazione in Europa rimanga inferiore a quella statunitense a causa di problemi strutturali.

L’anno scorso il prodotto interno lordo (PIL) europeo ha subito una brusca contrazione e sta recuperando velocemente terreno. Ciò è sicuramente incoraggiate, poiché ci sono voluti più di dieci anni per tornare allo stesso livello di crescita dopo la crisi finanziaria globale. Pertanto, si tratta di uno sviluppo abbastanza favorevole per gli investitori in Europa. Se però guardiamo oltre quest’anno e il prossimo, possiamo ipotizzare che, in assenza di un cambiamento fondamentale, i tassi di crescita torneranno verso l’1,5% o il 2%. Tuttavia, sono in atto tentativi di stimolare una crescita più sostenuta nel lungo periodo attraverso l’innovazione, la digitalizzazione e la transizione ecologica. Vorrei anche ricordare che non sono ancora state sborsate le somme stanziate nell’ambito del pacchetto di salvataggio dell’Unione europea (UE); ciò accadrà probabilmente nel terzo trimestre, quando dovremmo vedere un impatto nell’economia in termini di spesa e inflazione.

 Politica in Europa

In quanto investitori, dobbiamo seguire attentamente gli sviluppi a livello politico, e l’evento fondamentale atteso prossimamente sono le elezioni tedesche di settembre. Sarà interessante vedere che risultato otterrà il partito dei Verdi, il quale sembra destinato a entrare in qualche misura nel nuovo governo; ciò si tradurrà probabilmente in un aumento della spesa, che avrebbe ricadute nel complesso positive sulla crescita.

Un altro grande punto focale in Europa saranno le elezioni francesi del prossimo anno. Marine Le Pen, con il suo partito di estrema destra, sembra destinata ad arrivare al ballottaggio, e la gente inizia a fare congetture su una sua possibile vittoria.

La Germania ha messo in discussione l’opportunità che gli Stati membri dell’UE abbiano diritti di veto in politica estera, suscitando lo sdegno di alcuni paesi del blocco che ricorrono al veto per mantenere il controllo. Sembra che l’Europa inizi a propendere per decisioni a maggioranza anziché all’unanimità, il che potrebbe favorire una governance più efficiente. Detto questo, non tutti i paesi vedono con favore tale evoluzione; ad esempio, si parla già di una “Nexit” dei Paesi Bassi. Ciò non fa che confermare la scarsa compattezza del blocco.

 Il Regno Unito e le questioni persistenti della Brexit

Intanto, il Regno Unito sta risalendo la china ancora più velocemente dell’Europa continentale dopo il COVID-19. Vi sono alcune questioni commerciali persistenti legate alla Brexit; ad esempio, l’UE parla di una “guerra delle salsicce” con il Regno Unito, perché quest’ultimo produceva insaccati che non potevano essere esportati in Europa. Londra ha ottenuto un’amnistia per l’Irlanda del Nord fino a giugno, ma l’UE insiste sulla necessità di porvi fine. Il primo ministro britannico Boris Johnson sta cercando di rinegoziare l’accordo, ma Bruxelles non intende cedere.

Questa è solo l’ennesima controversia commerciale; all’inizio dell’anno l’oggetto del contendere era la pesca. Si tratta di settori di dimensioni economiche relativamente ridotte. Al contempo, il Regno Unito sta stipulando accordi commerciali con il resto del mondo. Ritengo che l’economia britannica continuerà ad andare bene, ma questo soprattutto grazie alle imponenti misure di sostegno varate dal governo durante la pandemia. Probabilmente continueremo a parlare della Brexit e dei persistenti conflitti tra Regno Unito ed Europa per anni a venire.

In sintesi, prima o poi il mercato dovrà scontare la fine del supporto legato al COVID-19 nel Regno Unito, in Europa o in altre regioni. Considerando la tendenza all’aumento della crescita e dell’inflazione a livello globale, sarebbe difficile giustificare una politica monetaria estremamente accomodante. Il grande acquirente di obbligazioni scomparirà e, anche se la BCE non sembra intenzionata a vendere, chi lo sostituirà? Le emissioni di titoli di Stato proseguiranno a un ritmo sostenuto, per cui prevedo una certa pressione al rialzo sui rendimenti nei prossimi sei o 12 mesi.