I camei nella gioielleria italiana (e non solo), versatilità senza tempo a prova di crisi

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Il conto che il settore dell’oreficeria paga alla pandemia è molto salato. Sia in Italia che all’estero e con ripercussioni trasversali a quasi tutti i segmenti. I numeri fotografano una domanda che l’anno scorso si è attestata ai livelli più bassi dell’ultimo decennio sulla scia di un mix di fattori – in parziale contenimento negli ultimi mesi – che comprende la drastica riduzione della produzione (addirittura dimezzata nel primo semestre dell’anno scorso rispetto allo stesso periodo del 2019) e l’aumento dei prezzi, spesso anche legato all’incertezza che negli ultimi mesi ha dominato i mercati finanziari innescando un incremento della domanda di oro e materiali preziosi seguendo la più classica dinamica della corsa al bene-rifugio.

Segnali di ripresa però, non mancano, concentrati soprattutto in Paesi come India, Cina ed Hong Kong nel primo trimestre del 2021 e con una ricaduta positiva sulle esportazioni italiane, driver fondamentale per un settore in cui nel nostro Paese sono le piccole e medie imprese ad impiegare quasi l’80% dei lavoratori del settore. Stessa percentuale, quella di imprese a chiara vocazione artigianale nella gioielleria italiana. Il focus sulla vocazione artigianale dei player italiani si riflette direttamente anche nelle tendenze più affermate. Del resto, la tipologia di prodotto in cui l’apporto artigianale è più evidente – ed apprezzato – è quello dei camei. Si tratta di pietre dure lavorate a mano che possono essere applicate ad un ventaglio ampio di prodotti di gioielleria e che, per le tendenze di quest’anno, si concentreranno in principal modo su orecchini pendenti, anelli oversize e collier in un revival dello stile Anni Novanta. Ma che guardano anche al futuro con creazioni di design che, nella loro stessa definizione di prodotto “senza tempo”, non risentono di particolari tendenze in senso di collezioni lasciando, al contrario, carta bianca anche all’estro dei più giovani designer.