Evergrande story: rischi finanziari vs rischi reali

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Rischio finanziario?

Consideriamo cosa c’è in gioco con il default di Evergrande. Il numero altissimo cui tutti fanno riferimento è il passivo totale di Evergrande, vale a dire 2 trilioni di renminbi. Si tratta di circa 300 miliardi di dollari, che certamente non è poco, ma è pur sempre una cifra da contestualizzare. Anche perché di questa cifra totale, solo una quantità limitata è costituita da titoli finanziari. Quanto limitata? Il prestito diretto vale 573 miliardi di renminbi, quindi solo 88 miliardi di dollari, che rappresentano lo 0,08% dei prestiti del settore e solo lo 0,04% di tutte le obbligazioni onshore. Ciò significa che non è assolutamente un rischio sistemico. Queste passività finanziarie sono semplicemente troppo ridotte e troppo diffuse tra gli investitori globali per rappresentare una minaccia sistemica su scala globale. Il contagio è certamente una notizia che fa rumore, ma non ci sono le condizioni per un fenomeno di contagio su larga scala.

Rischio reale 

Quindi se le passività finanziarie sono relativamente contenute, ma cosa dire del resto delle passività? Perché è questa la traiettoria di rischio che conta di più. Dei 2 trilioni di renminbi per i quali tutti sono nel panico, circa la metà è legata a debiti commerciali e fatture di accettazione – fondamentalmente si tratta di prestiti concessi da fornitori o appaltatori. Per esempio, se Evergrande costruisce alcune unità abitative, potrebbe finanziare i materiali di costruzione con i fornitori per i prossimi 12 mesi. Ed è in questo ambito che l’ingranaggio potrebbe subire qualche intoppo se il Partito Comunista Cinese (PCC) lascerà che questo sistema venga meno. Questi debiti commerciali sono legati a più di 8.000 partner tanto a monte quanto a valle. Un default creerebbe dunque problemi a questi partner commerciali con una serie di progetti che sarebbero messi in pausa. Sono lavori sparsi in oltre 220 città e si tradurrebbe in contratti non andati in porto per quasi 2 milioni di acquirenti di case (un bel po’ di cittadini cinesi arrabbiati). Qual è l’unica cosa di cui il PCC ha veramente paura? Essere rovesciato. E come si fa ad essere rovesciati? Attraverso disordini sociali. E come si crea il disordine sociale? Dite a 8.000 soci che non verranno pagati, oppure che a 2 milioni di persone che riceveranno le case per le quali hanno già versato un acconto. Oppure anche alle circa 70.000 persone che hanno acquistato prodotti di gestione patrimoniale legati ai prestiti fiduciari di Evergrande (per un vallore di circa 42 miliardi di dollari) che il loro investimento non ha più valore. La fine? Una bancarotta totale di Evergrande innescherebbe un diffuso disordine sociale. Ed è prprio qui che c’è la traiettoria del contagio: non nel sistema finanziario, ma sul fronte del tessuto sociale.

Cosa cambia sul fronte degli investimenti?

Nonostante il flusso di notizie di segno negativo e gli esiti ancora incerti, è difficile dire che tutto ciò possa modificare significativamente l’outlook d’investimento. I timori crescono giorno dopo giorno, il sentiment e il posizionamento si aggirano tra il neutrale e il ribassista, il fronte pandemia sembra migliorare, e tutti quei catalizzatori di crescita rimangono intatti: consumi solidi, forti bilanci aziendali, scorte di magazzino e un ciclo di capex in crescita. Gli investitori hanno riciclato le narrazioni e cercato un vero e proprio pretesto per vendere, ma i mercati hanno mostrato una notevole resistenza e questa prospettiva non è intaccata. Un livello di consumi sani insieme ad aziende ricche di liquidità cui vanno aggiunti fattori come l’intonazione più dovish della Fed e condizioni finanziarie accomodanti compongono una ricetta perfetta per una crescita forte e gli asset di rischio. E la storia Evergrande non cambia nulla.