Il patrimonio degli investitori istituzionali cresce nonostante la crisi

-

Il ruolo degli investitori istituzionali appare sempre più importante sia per rispondere a quelle che sono le finalità principali cui essi devono soddisfare (es. erogazione pensione di base ai liberi professionisti, integrazione al trattamento obbligatorio per mantenere inalterato il tenore di vita) che  come sostegno finanziario allo sviluppo produttivo. E’ allora di particolare interesse l’Ottavo Rapporto annuale di Itinerari previdenziali che ne tratteggia un quadro aggiornato. Quali sono le principali evidenze ?

Nonostante le crisi finanziarie che si sono susseguite tra il 2008 e il 2019 e da ultima la crisi sanitaria innescata dalla pandemia da COVID-19, il patrimonio degli Investitori Istituzionali che operano nel welfare contrattuale (fondi pensione negoziali, preesistenti e fondi sanitari integrativi), le Casse Privatizzate e le Fondazioni di origine Bancaria, è aumentato dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 269,84 miliardi di euro del 2020 (erano 260,68 nel 2019), con un incremento dell’88,9%. In questo periodo si è assistito, da un lato, a un aumento del patrimonio e, dall’altro, a una progressiva riduzione del numero di operatori, soprattutto di piccole dimensioni che si sono fusi in soggetti più grandi e organizzati. E il caso dei fondi preesistenti dei gruppi bancari e dei fondi negoziali dei settori trasporti e cooperazione, si sottolinea, ma ultimamente la riduzione riguarda anche le Fondazioni di origine Bancaria; anche i fondi sanitari sono leggermente aumentati come numero e patrimonio nonostante manchi ancora una legge che li regolamenti e un sistema di vigilanza visto l’alto numero di iscritti. Il patrimonio di questi investitori istituzionali, in percentuale del PIL , è pari al 16,3%; se a questo dato si aggiunge anche il patrimonio del welfare privato (Compagnie di Assicurazione del settore vita, rami 1, 4 e 6, prevalentemente di natura previdenziale, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 57,75%.

Con riferimento specifico alla previdenza complementare,  in assenza di ulteriori aggiornamenti, secondo i dati OCSE il nostro Paese per patrimonio dei fondi pensione si classifica al 14° posto su 36 Paesi, molto vicino a Israele, subito dopo la Germania e prima del Cile, preceduto dagli inarrivabili USA (27.549 miliardi di dollari), UK (2.809), Canada (2.524), Australia (1.921), Olanda (1.536), Giappone, Svizzera, Danimarca, Svezia, Corea; ma nella classifica che comprende anche le maggiori economie non OCSE, l’Italia risulta al 17° posto (su 44) dopo Brasile (449 miliardi), Sudafrica (302,97) e Cina (215,5); siamo lontani dal GPFG (Government Pension Fund Global) della Norvegia che, da solo, ha un patrimonio di 850 miliardi di euro, ma con oltre 176 miliardi di patrimonio i nostri Fondi pensione iniziano ad avere una buona capitalizzazione e ad essere un mercato interessante con flussi annuali consistenti pari a circa un punto di PIL.

Interessante anche la evidenza per cui, nonostante il cigno nero che si è abbattuto sui mercati finanziari, nel 2020 tutti gli investitori istituzionali hanno ottenuto buoni rendimenti anche se inferiori a quelli del 2019. I migliori risultati sono stati ottenuti dalle Fondazioni di origine Bancaria con un +3,6% (+6,5% nel 2019); seguono i Fondi Pensione Negoziali con un rendimento medio del +3,1% (+7,2% lo scorso anno). (tabelle 1.5 e 1.5.1) I rendimenti conseguiti dai diversi investitori istituzionali si rendono ancora più apprezzabili se confrontati con quelli che vengono definiti i rendimenti obiettivo: nel 2020 infatti la rivalutazione del TFR si attesta a +1,2%, un’inflazione negativa (-0,2%) e una media quinquennale del PIL al 2%. I Fondi pensione Aperti segnano un +2,9%, seguiti dai fondi preesistenti con un +2,6% e dalle gestioni separate con un +1,4%. In negativo di 0,2% le Unit Linked.

Alla luce del possibile ruolo di sostegno al rilancio produttivo il Rapporto contiene anche un interessante approfondimento sull’investimento  in “economia reale” con riferimento al quale, con l’eccezione delle Fondazioni Bancarie, sembrano esserci ancora ampi margini di incremento. Impressiona in particolar modo, si sottolinea,  l’esiguità degli investimenti dei fondi pensione di natura contrattuale, in gran parte alimentati dal TFR, che è “circolante interno” alle aziende ed è quindi la prima e principale forma di finanziamento dell’economia reale.

Le Fondazioni di origine Bancaria si confermano, anche nel 2020, il maggiore investitore istituzionale per risorse destinate all’economia reale del Paese. Considerando infatti l’esposizione nella banca conferitaria, in Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione con il Sud, l’investimento nel Paese si attesta al 44,4% del patrimonio; in seconda posizione ci sono le Casse Privatizzate dei Liberi Professionisti con investimenti pari al 22% dell’attivo investito direttamente (oltre l’81% del totale), in linea con l’anno precedente ma ben più elevato rispetto al 16,31% del 2018 e al 14,6% del 2017 (tabella 1.6). Un leggero decremento si registra invece per i Fondi Pensione Preesistenti, che nel 2020 segnano un 3,98% di investimento in economia reale contro il 4,08% del 2019 ma sempre superiore al 3,20% del 2018. Diminuzione invece più marcata per i Fondi Negoziali, che passano al 2,58%, facendo qualche passo indietro dal 3,42% del 2019 e dal 3,00% del 2018. Tale evidenza va però probabilmente letta alla luce della riduzione nell’esposizione al corporate e azionario Italia all’interno delle gestioni che, nel 2020, hanno incrementato maggiormente gli investimenti nel debito societario estero, si sottolinea.