L’analisi della resilienza misura l’impatto di vent’anni di conflitto in Afghanistan

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Dopo 20 anni di operazione Enduring Freedom e 2 trilioni di dollari, l’Afghanistan è ora nelle mani dei Talebani. Le forze della coalizione occidentale si sono ritirate da un paese devastato in cui le relazioni tra Talebani e al Qaida sono più solide che mai. Ci sono, tuttavia, alcune conseguenze positive degli sforzi ventennali, come la riduzione della mortalità infantile, un livello di alfabetizzazione più elevato o un più ampio accesso all’elettricità. Ma anche se questo è il caso, stiamo ancora parlando di una situazione catastrofica. Questo articolo mostra perché questo è il caso.

In situazioni molto complesse, come quella dell’Afghanistan e quella dell’intera regione, è molto rischioso affidarsi alle sensazioni, alle cosiddette opinioni degli esperti o al sentimento istintivo. Le decisioni e le politiche strategiche dovrebbero essere dettate da analisi scientifiche, razionali e quantitative, non da opinioni. Inoltre, tali analisi dovrebbero comprendere il maggior numero possibile di dimensioni di un determinato problema, e non concentrarsi solo su, ad esempio, aspetti economici o militari. In altre parole, stiamo parlando di un approccio sistemico multidisciplinare e su larga scala. Questo è esattamente ciò che è necessario per ottenere risultati significativi e rilevanti.

Ogni anno la Banca Mondiale pubblica i suoi dati sugli indicatori di sviluppo, che analizziamo per misurare e monitorare la resilienza e la complessità di paesi, macro regioni e del mondo nel suo complesso. L’obiettivo è quello di estrarre informazioni strategiche e sistemiche che possano essere utili ai governi e alle agenzie governative, in particolare nel contesto della gestione di disastri, crisi, disordini sociali e conflitti, nonché della protezione delle infrastrutture critiche.

I dati abbracciano economia, energia, trasporti, informazione, istruzione, sanità, infrastrutture, telecomunicazioni, debito, ecologia, criminalità, aspetti etnici e religiosi, spese militari, finanza, ecc. Un totale di oltre 1400 indicatori di sviluppo è fornito per paese. Tali dati, che coprono il periodo 1960-2020, sono stati utilizzati per analizzare l’evoluzione della resilienza dell’Afghanistan. Ciò è particolarmente interessante nel contesto del recente ritiro dall’Afghanistan della coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti e, soprattutto, per vedere in quale stato la coalizione ha lasciato il paese. Un’analisi quantitativa della resilienza è ideale per lo scopo in quanto misura effettivamente lo “stato di salute” di un paese.

La resilienza è misurata su una scala da 0% a 100%. Valori vicini al 100% denotano un’elevata stabilità e capacità di assorbire turbolenze e shock. I valori bassi, d’altra parte, riflettono la fragilità che può influire sulla sostenibilità a lungo termine. Sistemi con resilienza inferiore al 50% sono vulnerabili, difficili da governare e controllare. Sistemi a bassa resilienza non sono certamente sostenibili.

Il grafico sottostante mostra come nel periodo 1976 – 2000 la resilienza oscillasse intorno al 55%. Nel 2001 – vedi freccia rossa – il paese è stato occupato dalle forze della coalizione occidentale. Da allora, dopo un periodo di 5-6 anni, è stata osservata una costante tendenza al ribasso della resilienza. Nel 2020 la resilienza ha raggiunto un livello drammaticamente bassa, ossia 47%. Ciò significa che durante la presenza della coalizione, il paese ha perso circa il 12% della propria resilienza. Anche se c’è stato un lieve aumento nel 2019, è facile immaginare che questa tendenza continuerà, rendendo la situazione ancora più fragile e meno governabile. Si potrebbe anche concludere che, poiché il paese è diventato progressivamente più fragile, ciò ha facilitato la presa del potere da parte dei Talebani. Chiaramente, il fondamentalismo, la criminalità e il terrorismo prosperano sulla fragilità, sul caos e sulla debolezza della governance.

 

 

Il pericolo è che una volta che i Talebani si stabiliranno saldamente in Afghanistan, gli effetti potrebbero riversarsi sui paesi vicini e colpire la regione. Ciò potrebbe, potenzialmente, favorire un aumento dell’attività terroristica, con conseguenze immaginabili sull’economia.

Le analisi di resilienza sistemica su larga scala offrono un tipo unico di informazioni, conoscenze e approfondimenti sulle intricate dinamiche delle nazioni e possono essere strumentali nella definizione di strategie e politiche in scenari altamente complessi e turbolenti. Affidarsi a pareri soggettivi di esperti in situazioni simili è senza dubbio un’ulteriore fonte di fragilità ed è inaccettabile nel terzo millennio. Iniziative, come Operation Enduring Freedom, dovrebbero abbracciare, come obiettivo chiave, quello di garantire livelli minimi di resilienza prima di dichiarare il successo.