Previdenza e Documento programmatico di Bilancio, le ipotesi in cantiere

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Il “capitolo” pensioni sembra in attesa di contenuti in vista della prossima manovra finanziaria.   Nel comunicato stampa relativo al Documento programmatico di bilancio approvato dal Consiglio dei Ministri si legge che  “vengono previsti interventi in materia pensionistica, per assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario”. Nei giorni prossimi di comprenderà meglio come si declinerà il tutto.  Dalle prime notizie sembra che la attenzione si concentrerà sia sulla rivalutazione delle pensioni che sulle misure di flessibilità in uscita.

Quali sono le diverse ipotesi ? Tra le  soluzioni di cui si discute vi è in primo luogo la possibilità di sostituire quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) che termina la propria vigenza a fine anno con quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) nel 2022 e quota 104 l’anno successivo.

Va ancora citata la proposta rappresentata dal Presidente dell’Inps in una recente Audizione parlamentare  che ipotizza la possibilità a partire dal 2022, per i lavoratori appartenenti al sistema misto iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria e alle forme sostitutive e esclusive della stessa, di accedere a una prestazione di importo pari alla quota contributiva maturata alla data della richiesta.

I requisiti proposti sono l’ aver compiuto almeno 64 anni di età , essere in possesso di almeno 20 anni di contribuzione e aver maturato, alla data di accesso alla prestazione, una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. La prestazione spetta fino al raggiungimento del diritto per la pensione di vecchiaia. Al momento del pensionamento, il lavoratore accede al trattamento pensionistico costituito dalla somma della quota retributiva e della quota contributiva determinata al momento di accesso alla prestazione.

Viene poi precisato che il requisito di età si adegua con gli incrementi della speranza di vita e che la prestazione non è soggetta a rivalutazione annuale.

È prevista una parziale incumulabilità con redditi da lavoro autonomo e dipendente, nonché l’incompatibilità con trattamenti pensionistici diretti, anche all’estero, trattamenti di sostegno al reddito connessi allo stato di disoccupazione involontaria, indennizzo per cessazione dell’attività commerciale, APE sociale, reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, trattamenti corrisposti a qualsiasi titolo per fronteggiare l’emergenza COVID-19. Per i dipendenti pubblici è previsto che i termini di pagamento del TFS/TFR inizino a decorrere dalla data del pensionamento.

Altra possibile soluzione che non esclude le precedenti è poi una stabilizzazione e rafforzamento dell’Ape sociale alla luce delle considerazioni espresse dalla Commissione di studio sui Lavori gravosi  che, tenendo conto dello scenario lavorativo e normativo attuale, e riconoscendo il principio che i “lavori non sono tutti uguali” sottolinea che determinate professioni, espongono a fattori di rischio specifici incidendo significativamente, nel tempo, sulla condizione fisica individuale e dunque sulla capacità di prosecuzione dell’attività lavorativa, nonché in generale sulla aspettativa di vita.

Nel mese di settembre la Commissione ha proposto la proroga dell’APE sociale fino al 2026 , la integrazione di alcuni codici di professioni che, sulla base delle domande di Ape sociale respinte, risultano riferiti ad attività affini a quelle attualmente presenti nella categoria dei gravosi e di altri codici frutto di elaborazioni INAIL redatte su frequenza infortunistica, gravità degli infortuni sul lavoro e gravità delle malattie professionali (circa ulteriori 30 codici). Per i disoccupati si propone la eliminazione della condizione di conclusione della prestazione di disoccupazione da almeno 3 mesi ai fini dell’accesso all’Ape sociale e, ancora, la  riduzione del requisito di anzianità contributiva per i gravosi appartenenti al settore edile da 36 anni a 30 anni.

L’ampliamento delle categorie di attività gravose per l’accesso all’Ape sociale avrebbe conseguenze anche per il conseguimento del diritto al pensionamento in favore dei lavoratori precoci nonché ai fini dell’esclusione dall’adeguamento alla speranza di vita, stabilito per l’anno 2019 e fino l 2026, per l’accesso al pensionamento di vecchiaia.